Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento processuale che consente all’imputato e al pubblico ministero di accordarsi sulla pena da applicare, chiudendo così il processo in secondo grado. Tuttavia, quali sono le conseguenze di tale scelta sulle possibilità di un successivo ricorso in Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte fa luce sui precisi limiti dell’impugnazione, chiarendo quali doglianze non possono essere più sollevate. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Respinto
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva ratificato un accordo sulla pena. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha deciso di adire la Corte di Cassazione, sollevando una serie di questioni relative alla valutazione dei fatti e alla determinazione della sanzione.
La vicenda si concentra sulla validità e l’estensione dell’impugnazione successiva a un accordo processuale che, per sua natura, implica una rinuncia a far valere determinati motivi di appello.
La Decisione della Corte e il concordato in appello
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza, secondo cui l’accesso al concordato in appello preclude la possibilità di contestare in sede di legittimità aspetti che sono stati oggetto di rinuncia o che sono intrinsecamente legati alla natura dell’accordo stesso.
La Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi inammissibili che mira a scoraggiare impugnazioni dilatorie o pretestuose.
Le Motivazioni: I Limiti Imposti dal Concordato in Appello
Le motivazioni della Corte sono chiare e si basano su precedenti giurisprudenziali specifici (in particolare, Cass. Pen. Sez. 2, n. 22002 del 2019). I giudici hanno specificato che, dopo un concordato in appello, sono inammissibili tre tipologie di doglianze:
1. Motivi Rinunciati: Non è possibile riproporre le questioni a cui si è esplicitamente o implicitamente rinunciato per raggiungere l’accordo sulla pena.
2. Mancata Valutazione del Proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.): Non si può lamentare che il giudice d’appello non abbia valutato la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato, poiché l’accordo sulla pena presuppone un superamento di questa fase valutativa.
3. Vizi sulla Determinazione della Pena: Le critiche relative alla quantificazione della sanzione sono precluse, a meno che non si configuri una vera e propria ‘illegalità’ della pena. Ciò si verifica solo quando la sanzione inflitta non rientra nei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato (limiti edittali) o è di una specie diversa da quella prevista.
In sostanza, la Corte afferma che chi sceglie la via dell’accordo accetta la pena concordata e può contestarla solo se essa è macroscopicamente illegittima, non per mere questioni di valutazione discrezionale.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza conferma un orientamento fondamentale per la difesa tecnica. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato può portare a un beneficio in termini di pena, dall’altro chiude quasi completamente la porta al ricorso in Cassazione. L’avvocato e il suo assistito devono ponderare attentamente questo ‘scambio’: la certezza di una pena concordata contro la perdita di quasi ogni possibilità di ulteriore impugnazione. La decisione ribadisce che il ricorso di legittimità non può essere utilizzato per rimettere in discussione scelte processuali consapevolmente assunte nei gradi di merito.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver concluso un ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è generalmente inammissibile se riguarda questioni oggetto di rinuncia o la valutazione della pena, a meno che la sanzione inflitta non sia illegale, ovvero fuori dai limiti previsti dalla legge o di un tipo diverso da quello consentito.
Quali motivi di ricorso sono espressamente esclusi dopo un accordo sulla pena in appello?
Secondo la sentenza, non sono ammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento immediato (ex art. 129 c.p.p.) e ai vizi nella determinazione della pena che non ne comportino l’illegalità.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile in questi casi?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione non consentita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19088 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19088 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che, in tema di concordato in appello, sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella previs dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniello, Rv. 276102);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024.