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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18857/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza che applicava un concordato in appello. La Corte ha ribadito che l’accordo processuale limita drasticamente i motivi di impugnazione, escludendo doglianze sulla mancata valutazione delle cause di proscioglimento o sulla congruità della pena pattuita, a meno che questa non sia illegale. La decisione sottolinea la natura negoziale del concordato in appello e le conseguenze della rinuncia ai motivi di gravame.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Il concordato in appello, noto anche come patteggiamento in secondo grado, è uno strumento processuale che permette alle parti di accordarsi sulla pena, ma cosa succede se si decide di impugnare la sentenza che ne deriva? Con la recente ordinanza n. 18857 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi confini entro cui è possibile ricorrere, dichiarando inammissibili le doglianze che esulano da vizi specifici dell’accordo.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla decisione della Corte di Appello di Roma che, in parziale riforma di una sentenza di primo grado, aveva ridotto la pena inflitta a un imputato. Tale riduzione era il risultato di un concordato in appello raggiunto tra l’accusa e la difesa per i delitti contestati. La Corte territoriale, tuttavia, aveva ritenuto inammissibile la richiesta di sostituzione della pena detentiva, poiché non era stata né inclusa nell’accordo, né proposta con l’atto di appello originario.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: l’omessa valutazione da parte del giudice d’appello delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., la mancata valutazione della congruità della pena e l’errata individuazione del reato più grave.

Limiti del ricorso dopo un concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile, cogliendo l’occasione per consolidare i principi giurisprudenziali in materia. La decisione si fonda sulla natura stessa del concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.): un negozio processuale che, una volta perfezionato e recepito dal giudice, non può essere modificato unilateralmente.

L’adesione a tale accordo comporta una rinuncia implicita ai motivi di appello che non ne sono oggetto. Di conseguenza, il successivo ricorso in Cassazione è consentito solo per questioni specifiche, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere al concordato.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero.
3. Decisione del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
4. Illegalità della pena applicata (ad es. perché fuori dai limiti edittali o di specie diversa da quella prevista dalla legge).

le motivazioni

La Corte ha spiegato che tutte le altre doglianze, incluse quelle relative alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. o alla presunta incongruità della pena concordata, sono da considerarsi rinunciate e, pertanto, non possono essere fatte valere in sede di legittimità. La ratio è chiara: non si può prima accettare un accordo sulla pena e poi contestarne il contenuto o il procedimento logico che lo ha preceduto, se non per i vizi radicali sopra elencati.

Inoltre, la Corte ha confermato la correttezza della decisione d’appello anche riguardo al diniego della sostituzione della pena. Tale diniego era stato congruamente motivato sulla base di una valutazione negativa della condotta complessiva dell’imputato, un giudizio di merito che sfugge al sindacato della Cassazione se logicamente argomentato.

le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa: la scelta di percorrere la strada del concordato in appello è strategica e deve essere ponderata con attenzione. Se da un lato offre la possibilità di ottenere una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro preclude quasi ogni ulteriore via di impugnazione. Il ricorso in Cassazione rimane un’opzione eccezionale, limitata a garantire la legalità formale e sostanziale dell’accordo e della pena, ma non a rimettere in discussione il merito della valutazione concordata tra le parti e ratificata dal giudice.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, come vizi relativi alla formazione della volontà delle parti, al consenso del pubblico ministero, a una decisione del giudice non conforme all’accordo o all’illegalità della pena pattuita.

Quali motivi di ricorso sono inammissibili dopo un concordato in appello?
Sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati con l’accordo, come la mancata valutazione delle cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) o la congruità della pena concordata, poiché si presume che la parte abbia accettato tali aspetti aderendo al patto processuale.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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