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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

Un imputato ha impugnato in Cassazione la sentenza di condanna emessa a seguito di un ‘concordato in appello’, lamentando la mancata verifica delle cause di proscioglimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che i motivi di ricorso contro tale accordo sono limitati a vizi procedurali o all’illegalità della pena, escludendo questioni di merito come la responsabilità penale, ormai cristallizzata dall’accordo stesso.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando è Possibile Ricorrere in Cassazione?

Il concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui l’imputato può ottenere una pena più mite in cambio della rinuncia ai motivi di appello. Ma cosa succede se si vuole contestare la sentenza emessa sulla base di tale accordo? Con l’ordinanza n. 13766 del 2024, la Corte di Cassazione ha tracciato confini precisi, dichiarando inammissibile un ricorso che metteva in discussione il merito della condanna.

I Fatti del Caso: Dall’Accordo in Appello al Ricorso

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Lecce che, accogliendo l’accordo tra le parti, aveva parzialmente riformato una pronuncia di primo grado. La pena per un’ipotesi di reato ex art. 624-bis c.p. (furto in abitazione) era stata rideterminata in tre anni, due mesi e venti giorni di reclusione, oltre a una multa.

Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione. La doglianza era unica e specifica: la Corte d’Appello avrebbe omesso di verificare la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale, dimostrando una motivazione carente e illogica.

La Decisione della Cassazione: i limiti del concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendo il motivo proposto come ‘non consentito’. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire la natura e i limiti dell’istituto del concordato in appello. A differenza del patteggiamento in primo grado (art. 444 c.p.p.), dove l’accordo verte sui termini dell’accusa, il concordato ex art. 599-bis c.p.p. si fonda sulla rinuncia ai motivi di impugnazione.

Questa rinuncia comporta l’impossibilità di contestare la responsabilità penale e la qualificazione giuridica del fatto. Di conseguenza, l’imputato non può più sollevare questioni che avrebbe dovuto, e potuto, far valere con i motivi di appello a cui ha volontariamente rinunciato.

Le Motivazioni della Decisione

Il nucleo della motivazione della Corte risiede nella distinzione netta tra i motivi ammissibili e quelli inammissibili per ricorrere contro una sentenza frutto di concordato in appello. La giurisprudenza consolidata, richiamata nell’ordinanza, stabilisce che il ricorso è possibile solo per contestare:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. La mancanza del consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo pattuito.

Sono invece inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, come la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. L’unica eccezione riguarda l’illegalità della pena inflitta (ad esempio, se è di tipo diverso da quella prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali), situazione in cui la Corte di Cassazione deve intervenire d’ufficio.

Poiché nel caso di specie il ricorso verteva su un motivo rinunciato e non sull’illegalità della pena, è stato dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze processuali definitive. L’imputato che accede a tale accordo accetta implicitamente la propria responsabilità per come è stata delineata nel giudizio precedente, scambiando la certezza di una pena ridotta con la rinuncia a contestare il merito della condanna. Per i difensori e i loro assistiti, ciò significa ponderare attentamente i benefici di una pena concordata rispetto alle possibilità di successo di un appello ordinario, essendo la strada del ricorso in Cassazione, in questi casi, estremamente limitata.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici e limitati, che non riguardano il merito della colpevolezza.

Quali sono i motivi ammessi per impugnare una sentenza basata su un concordato in appello?
I motivi ammessi riguardano vizi nella formazione della volontà di accordarsi, la mancanza del consenso del pubblico ministero, una decisione del giudice non conforme all’accordo, oppure l’illegalità della pena applicata.

Dopo un concordato in appello, si può contestare la mancata valutazione delle cause di proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.)?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa doglianza è inammissibile perché l’adesione all’accordo implica la rinuncia ai motivi di appello, e quindi anche alla possibilità di contestare la responsabilità penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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