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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati contro una sentenza emessa a seguito di un “concordato in appello”. L’ordinanza ribadisce che tale accordo preclude la possibilità di contestare la responsabilità e la qualificazione del reato, limitando l’impugnazione a vizi specifici dell’accordo o all’illegalità della pena.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per deflazionare il carico giudiziario, permettendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare nel secondo grado di giudizio. Tuttavia, questa scelta processuale comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del ricorso avverso le sentenze emesse con tale rito, chiarendo quali motivi sono ammessi e quali destinati a un’inevitabile declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla decisione della Corte d’Appello di Catania, che, in riforma di una sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena per due imputati sulla base di un accordo tra le parti. Un imputato era stato condannato a tre anni e sei mesi di reclusione per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990), mentre il secondo a sei anni e sei mesi per un’ipotesi più grave dello stesso reato (art. 73, comma 1).

Nonostante l’accordo raggiunto, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione. Il primo ha lamentato un’erronea applicazione delle norme sul concordato e sulla valutazione della prova. Il secondo ha contestato la violazione di legge in materia di circostanze attenuanti e un’illogicità della motivazione. La Corte Suprema è stata quindi chiamata a valutare l’ammissibilità di tali doglianze.

La Decisione della Corte: i Limiti del Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, in quanto fondati su motivi non consentiti dalla legge. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per tracciare una netta linea di demarcazione tra i ricorsi ammissibili e quelli che, invece, tradiscono la natura stessa del concordato in appello. La decisione si fonda su un principio cardine: l’accordo in appello si innesta sulla rinuncia ai motivi di impugnazione. Di conseguenza, non è più possibile rimettere in discussione la responsabilità penale e la qualificazione giuridica del fatto, aspetti ormai cristallizzati dalla sentenza di primo grado, non contestata nel merito proprio in virtù dell’accordo.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che il ricorso per cassazione avverso una sentenza frutto di concordato in appello è un’ipotesi eccezionale, circoscritta a vizi specifici che intaccano la validità dell’accordo stesso. In particolare, è possibile ricorrere solo quando si deducano:

1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato all’accordo non è stato libero e consapevole.
2. Vizi del consenso del Pubblico Ministero: se il consenso dell’accusa è viziato.
3. Difformità della pronuncia: se il giudice ha emesso una sentenza con una pena diversa da quella pattuita.

Al di fuori di queste ipotesi, sono inammissibili tutte le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), o a vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia palesemente illegale (ad esempio, perché superiore ai limiti massimi o di specie diversa da quella prevista dalla legge). La Corte ha anche sottolineato la differenza con il “patteggiamento” (art. 444 c.p.p.), dove l’accordo abbraccia anche i termini dell’accusa, consentendo un ricorso anche sulla qualificazione giuridica. Nel concordato in appello, invece, l’ambito di contestazione è molto più ristretto.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: scegliere il concordato in appello significa accettare un giudizio definitivo sulla propria responsabilità, rinunciando a quasi ogni possibilità di ulteriore impugnazione. Questa scelta strategica, sebbene possa portare a una pena più mite, chiude le porte a un riesame nel merito da parte della Cassazione. La decisione funge da monito per la difesa: l’adesione all’accordo deve essere attentamente ponderata, con la piena consapevolezza che le uniche vie d’uscita rimangono confinate a difetti strutturali dell’accordo stesso o a macroscopiche illegalità della sanzione inflitta. Per gli imputati, la conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa con “concordato in appello”?
No, il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, quali vizi nella formazione della volontà di raggiungere l’accordo, vizi nel consenso del pubblico ministero, una pronuncia del giudice difforme da quanto pattuito, o l’applicazione di una pena illegale.

Se accetto un concordato in appello, posso poi contestare la mia colpevolezza in Cassazione?
No. L’accordo si fonda sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, il che preclude la possibilità di rimettere in discussione la responsabilità penale e la qualificazione giuridica del fatto, ormai definite nel giudizio precedente.

Cosa succede se un ricorso contro un concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita discrezionalmente dalla Corte in base alla colpa nella proposizione del ricorso, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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