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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8070/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un “concordato in appello” sulla pena, aveva impugnato la sentenza per vizi di motivazione. La Corte ha stabilito che l’accordo e la contestuale rinuncia ad altri motivi d’appello creano un effetto preclusivo che impedisce di rimettere in discussione la responsabilità penale, anche per questioni rilevabili d’ufficio.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando l’Accordo sulla Pena Blocca il Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi su una parziale riforma della sentenza di primo grado, solitamente con una rideterminazione della pena. Tuttavia, questa scelta strategica comporta conseguenze significative sulla possibilità di contestare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 8070 del 2024, chiarisce in modo netto i limiti del ricorso successivo a tale accordo, sottolineando l’effetto preclusivo generato dalla rinuncia ai motivi di appello.

I Fatti del Caso: Dall’Accordo alla Contestazione

Nel caso di specie, un imputato, dopo essere stato condannato in primo grado, aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte di Appello. Le parti avevano concordato l’accoglimento parziale dei motivi d’appello, limitatamente alla rideterminazione della pena, rinunciando a tutte le altre doglianze. La Corte di Appello, recependo l’accordo, aveva riformato la sentenza solo quoad poenam, cioè per quanto riguarda la sanzione.

Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione. Nel ricorso si lamentava un vizio di motivazione della sentenza d’appello, sostenendo che i giudici non avessero adeguatamente considerato la possibile esistenza di cause di proscioglimento immediato (ai sensi dell’art. 129 c.p.p.), la qualificazione giuridica del fatto e le circostanze del reato.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza mezzi termini. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: la scelta di aderire al concordato in appello e di rinunciare a specifici motivi di impugnazione limita la cognizione del giudice di secondo grado solo ai punti non coperti dalla rinuncia. Questo non è un semplice dettaglio procedurale, ma una scelta dispositiva della parte che ha un effetto vincolante sull’intero percorso processuale successivo, incluso il giudizio di Cassazione.

Le Motivazioni: L’Effetto Preclusivo della Rinuncia ai Motivi

La Corte ha spiegato che la rinuncia ai motivi di appello non legati alla determinazione della pena crea una preclusione processuale. In pratica, l’imputato, accettando di discutere solo della pena, implicitamente accetta la validità dell’affermazione di responsabilità contenuta nella sentenza di primo grado. Di conseguenza, non può successivamente ‘ripensarci’ e tentare di rimettere in discussione il merito della condanna davanti alla Cassazione.

Questo effetto preclusivo si estende anche a questioni che, in un contesto ordinario, potrebbero essere rilevate d’ufficio dal giudice, come le cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p. La volontà della parte, espressa attraverso la rinuncia funzionale all’accordo, prevale e limita il potere del giudice. L’accordo sulla pena, secondo la Corte, ‘rafforza’ ulteriormente questa preclusione, cristallizzando non solo l’affermazione di colpevolezza ma anche la misura della sanzione concordata.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame offre un importante monito per la difesa. La scelta di percorrere la strada del concordato in appello deve essere attentamente ponderata. Sebbene possa portare a un beneficio immediato in termini di riduzione della pena, essa chiude definitivamente la porta a qualsiasi successiva contestazione sul merito della vicenda. La rinuncia ai motivi di appello non è una mera formalità, ma un atto dispositivo che vincola l’imputato e impedisce di sollevare in Cassazione questioni relative alla colpevolezza, alla qualificazione giuridica del reato o alla sussistenza di cause di proscioglimento. In sostanza, una volta siglato l’accordo, la partita sulla responsabilità penale è da considerarsi chiusa.

È possibile ricorrere in Cassazione per vizi di motivazione sulla colpevolezza dopo aver raggiunto un concordato in appello?
No. Secondo l’ordinanza, la rinuncia ai motivi di appello diversi da quelli sulla pena, funzionale al raggiungimento del concordato, crea una preclusione processuale che impedisce di contestare in Cassazione questioni relative all’affermazione di responsabilità.

Il giudice d’appello, in caso di concordato, deve comunque valutare la presenza di cause di proscioglimento immediato?
L’ordinanza chiarisce che l’effetto devolutivo, limitato dall’accordo e dalla rinuncia, impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto non gli è stato devoluto, incluse questioni che altrimenti sarebbero rilevabili d’ufficio, come le cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Quali sono le conseguenze se si propone un ricorso inammissibile dopo un concordato in appello?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata determinata in euro tremila.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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