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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza d’appello che aveva rideterminato la pena tramite ‘concordato in appello’ (ex art. 599 bis c.p.p.). La Corte chiarisce che l’accordo implica la rinuncia ai motivi di merito, i quali non possono essere riproposti come motivi di ricorso in Cassazione. L’impugnazione è consentita solo per vizi specifici legati alla formazione della volontà, al consenso del PM o a un’illegalità della pena.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che permette di definire il processo in secondo grado con un accordo sulla pena. Tuttavia, la scelta di percorrere questa strada comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare la decisione successiva. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi limiti del ricorso avverso una sentenza che recepisce tale accordo.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato dal difensore di un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello. In secondo grado, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p., e la Corte territoriale aveva riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la sanzione in conformità a quanto pattuito.
Nonostante l’accordo, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 129 c.p.p. (obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità) e l’omessa motivazione sui presupposti della responsabilità penale per il reato contestato. In sostanza, si chiedeva alla Suprema Corte di valutare nel merito la colpevolezza dell’imputato, nonostante la rinuncia ai relativi motivi in appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che la natura stessa del concordato in appello preclude la possibilità di sollevare in una fase successiva questioni che sono state oggetto di rinuncia. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende.

Le motivazioni e il principio del concordato in appello

Il cuore della decisione risiede nell’analisi degli effetti che il concordato in appello produce sul processo. La Corte ha spiegato che, aderendo all’accordo, l’appellante rinuncia ai motivi di merito. Di conseguenza, l’effetto devolutivo dell’appello viene limitato: la cognizione del giudice di secondo grado è circoscritta esclusivamente ai motivi non rinunciati, tipicamente quelli relativi alla quantificazione della pena.

La Suprema Corte ha poi richiamato un suo precedente orientamento, specificando quali siano gli unici motivi per cui è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599 bis c.p.p. Essi sono:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
4. L’illegalità della sanzione inflitta (ad esempio, perché superiore ai limiti di legge o di tipo diverso da quello previsto).

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è inammissibile. In particolare, non è possibile contestare la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o la sussistenza della responsabilità penale, poiché si tratta proprio dei temi oggetto della rinuncia che sta alla base del concordato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia consolida un principio fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con effetti preclusivi importanti. Se da un lato permette di ottenere una riduzione della pena certa, dall’altro comporta la rinuncia definitiva a contestare nel merito l’affermazione di colpevolezza. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, una volta siglato l’accordo, le porte della Cassazione si chiudono per quasi tutte le questioni, salvo i pochi e specifici vizi procedurali o di legalità della pena. La decisione sottolinea quindi l’importanza di una valutazione attenta e ponderata prima di intraprendere la via dell’accordo in appello, essendo una strada che limita fortemente i successivi gradi di giudizio.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile se si contestano vizi relativi alla formazione della volontà di accordarsi, al consenso del pubblico ministero, a una decisione del giudice difforme dall’accordo, o all’illegalità della pena inflitta (ad esempio, se è fuori dai limiti di legge).

Perché il ricorso che lamentava la mancata assoluzione è stato dichiarato inammissibile?
Perché, secondo la Corte, l’accesso al concordato in appello implica la rinuncia ai motivi di merito, come quelli relativi alla valutazione della colpevolezza o alla sussistenza delle condizioni per un proscioglimento. Tali motivi, essendo stati oggetto di rinuncia, non possono essere riproposti con il ricorso in Cassazione.

Cosa comporta la rinuncia ai motivi di merito nel concordato in appello?
Comporta che il giudice d’appello limita il suo esame ai soli punti non oggetto di rinuncia. Di conseguenza, l’imputato accetta l’affermazione di responsabilità fatta in primo grado e concentra la negoziazione con il pubblico ministero unicamente sulla rideterminazione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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