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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

Un imputato, dopo aver beneficiato di una riduzione di pena grazie a un concordato in appello per tentata rapina, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata valutazione delle cause di proscioglimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a tali motivi, limitando drasticamente le possibilità di impugnazione successiva.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che consente alle parti di accordarsi sulla determinazione della pena, rinunciando ai motivi di impugnazione. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto tale accordo, l’imputato decide comunque di rivolgersi alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte, la n. 6880 del 2024, offre chiarimenti decisivi sui limiti di questa possibilità, sottolineando come l’accordo stesso precluda la maggior parte delle doglianze.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Lecco. In seguito all’appello dell’imputato, la Corte di appello di Milano, accogliendo un accordo tra le parti, riformava parzialmente la sentenza. La pena per il reato di tentata rapina aggravata continuata in concorso veniva rideterminata in due anni e quattro mesi di reclusione e 400 euro di multa, con la revoca della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: il mancato esame, da parte della Corte di appello, delle cause di proscioglimento previste dall’articolo 129 del codice di procedura penale, che impongono al giudice di assolvere l’imputato in presenza di determinate condizioni evidenti.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito in modo netto la natura e gli effetti del concordato in appello. La pronuncia si fonda su un principio consolidato: l’accordo sulla pena, formalizzato ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., comporta una rinuncia implicita ai motivi di appello che non sono stati oggetto dell’accordo stesso. Di conseguenza, il perimetro del successivo ricorso in Cassazione risulta estremamente limitato.

Secondo la Corte, un ricorso avverso una sentenza di patteggiamento in appello è ammissibile solo se contesta vizi specifici legati alla formazione della volontà di accordarsi, al consenso del Procuratore Generale o a una decisione del giudice difforme rispetto all’accordo. Sono invece inammissibili tutte le altre doglianze.

le motivazioni

La motivazione della Corte si basa sull’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione. Una volta che l’imputato rinuncia a determinati motivi di appello per accedere al concordato, la cognizione del giudice viene limitata esclusivamente ai punti non oggetto di rinuncia. Pertanto, questioni come la mancata valutazione delle cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.), l’esistenza di nullità assolute, l’inutilizzabilità delle prove o l’insussistenza di aggravanti, si considerano implicitamente rinunciate con l’accettazione dell’accordo.

La Corte ha richiamato numerosi precedenti giurisprudenziali conformi (tra cui Cass. n. 30990/2018 e n. 29243/2018), rafforzando l’idea che il concordato in appello costituisce una scelta processuale che chiude la porta a successive contestazioni di merito. L’imputato, scegliendo la via dell’accordo, accetta di non sollevare più determinate questioni in cambio di un trattamento sanzionatorio più mite.

le conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso: il concordato in appello è un atto che cristallizza la posizione processuale dell’imputato. La scelta di accordarsi sulla pena deve essere ponderata, poiché preclude quasi ogni possibilità di ricorrere in Cassazione per motivi diversi da quelli strettamente legati alla validità dell’accordo stesso. La decisione di inammissibilità comporta, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, rendendo la scelta di un ricorso infondato anche economicamente svantaggiosa.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammesso se riguarda vizi nella formazione della volontà della parte di accordarsi, il consenso del Procuratore Generale, o se la sentenza del giudice è difforme rispetto all’accordo raggiunto. Non è possibile per altri motivi.

Se si accetta un concordato in appello, si può ancora contestare la mancata valutazione delle cause di proscioglimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo sulla pena implica la rinuncia a tale motivo. La valutazione delle cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) rientra tra le questioni a cui l’imputato rinuncia implicitamente accettando il concordato.

Cosa succede se si presenta un ricorso in Cassazione per motivi non ammessi dopo un concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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