Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che consente alle parti di accordarsi sulla determinazione della pena, rinunciando ai motivi di impugnazione. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto tale accordo, l’imputato decide comunque di rivolgersi alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte, la n. 6880 del 2024, offre chiarimenti decisivi sui limiti di questa possibilità, sottolineando come l’accordo stesso precluda la maggior parte delle doglianze.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Lecco. In seguito all’appello dell’imputato, la Corte di appello di Milano, accogliendo un accordo tra le parti, riformava parzialmente la sentenza. La pena per il reato di tentata rapina aggravata continuata in concorso veniva rideterminata in due anni e quattro mesi di reclusione e 400 euro di multa, con la revoca della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: il mancato esame, da parte della Corte di appello, delle cause di proscioglimento previste dall’articolo 129 del codice di procedura penale, che impongono al giudice di assolvere l’imputato in presenza di determinate condizioni evidenti.
La Decisione della Corte sul concordato in appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito in modo netto la natura e gli effetti del concordato in appello. La pronuncia si fonda su un principio consolidato: l’accordo sulla pena, formalizzato ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., comporta una rinuncia implicita ai motivi di appello che non sono stati oggetto dell’accordo stesso. Di conseguenza, il perimetro del successivo ricorso in Cassazione risulta estremamente limitato.
Secondo la Corte, un ricorso avverso una sentenza di patteggiamento in appello è ammissibile solo se contesta vizi specifici legati alla formazione della volontà di accordarsi, al consenso del Procuratore Generale o a una decisione del giudice difforme rispetto all’accordo. Sono invece inammissibili tutte le altre doglianze.
le motivazioni
La motivazione della Corte si basa sull’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione. Una volta che l’imputato rinuncia a determinati motivi di appello per accedere al concordato, la cognizione del giudice viene limitata esclusivamente ai punti non oggetto di rinuncia. Pertanto, questioni come la mancata valutazione delle cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.), l’esistenza di nullità assolute, l’inutilizzabilità delle prove o l’insussistenza di aggravanti, si considerano implicitamente rinunciate con l’accettazione dell’accordo.
La Corte ha richiamato numerosi precedenti giurisprudenziali conformi (tra cui Cass. n. 30990/2018 e n. 29243/2018), rafforzando l’idea che il concordato in appello costituisce una scelta processuale che chiude la porta a successive contestazioni di merito. L’imputato, scegliendo la via dell’accordo, accetta di non sollevare più determinate questioni in cambio di un trattamento sanzionatorio più mite.
le conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso: il concordato in appello è un atto che cristallizza la posizione processuale dell’imputato. La scelta di accordarsi sulla pena deve essere ponderata, poiché preclude quasi ogni possibilità di ricorrere in Cassazione per motivi diversi da quelli strettamente legati alla validità dell’accordo stesso. La decisione di inammissibilità comporta, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, rendendo la scelta di un ricorso infondato anche economicamente svantaggiosa.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammesso se riguarda vizi nella formazione della volontà della parte di accordarsi, il consenso del Procuratore Generale, o se la sentenza del giudice è difforme rispetto all’accordo raggiunto. Non è possibile per altri motivi.
Se si accetta un concordato in appello, si può ancora contestare la mancata valutazione delle cause di proscioglimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo sulla pena implica la rinuncia a tale motivo. La valutazione delle cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) rientra tra le questioni a cui l’imputato rinuncia implicitamente accettando il concordato.
Cosa succede se si presenta un ricorso in Cassazione per motivi non ammessi dopo un concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6880 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 6880 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a Vimercate il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 04/10/2023 della Corte di appello di Milano, terza sezione penale; ex art.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato nelle forme del rito de plano 610, comma 5 -bis cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza in data 04/10/2023, la Corte di appello di Milano, decidendo sull’accordo delle parti, in parziale riforma della sentenza del Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Lecco in data 28/02/2023, appellata da Sanni NOME, rideterminava la pena nei confronti del sunnominato nella misura di anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 400 di multa per il reato di tentata rapina aggravata continuata in concorso, con revoca della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici e conferma nel resto.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME NOME, è stato proposto ricorso per cassazione, per lamentare, quale motivo unico, il mancato esame delle cause di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile.
In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, COGNOME, Rv. 272969), alle questioni rilevabili d’ufficio (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, COGNOME, Rv. 273194), all’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 272853), all’insussistenza di circostanze aggravanti (Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 273755), in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così determinata con riferimento ai profili di colpa evidenziabili nel ricorso, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 12/01/2024.