Concordato in Appello: Quando è Possibile Ricorrere in Cassazione?
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena in secondo grado, rinunciando a determinati motivi di impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5918/2024) offre un’importante chiarificazione sui limiti del successivo ricorso per cassazione, stabilendo principi ferrei sulla validità della rinuncia ai motivi.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Basato su Motivi Rinunciati
Nel caso di specie, la Corte di Appello di Lecce aveva rideterminato la pena nei confronti di un imputato per reati legati agli stupefacenti, proprio in applicazione dell’istituto del concordato in appello. Nonostante l’accordo, l’imputato presentava ricorso in Cassazione, lamentando un’unica presunta violazione di legge: la mancata traduzione della sentenza di primo grado. Tuttavia, questo specifico motivo di doglianza era stato oggetto di espressa rinuncia nell’ambito dell’accordo raggiunto in appello.
La Disciplina del Concordato in Appello e i Suoi Limiti
L’articolo 599-bis c.p.p. permette all’imputato e al pubblico ministero di accordarsi sui motivi di appello, con la possibilità per il primo di ottenere una rideterminazione della pena. La logica di questo istituto si fonda su uno scambio: l’imputato rinuncia a contestare certi aspetti della sentenza di primo grado e, in cambio, la Procura Generale acconsente a una pena potenzialmente più mite, accelerando la definizione del processo. È evidente che l’efficacia di tale strumento dipende dalla definitività della rinuncia ai motivi concordati.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e lineare. I giudici hanno chiarito che, in tema di concordato in appello, il ricorso per cassazione è un rimedio eccezionale, esperibile solo in casi tassativamente previsti. In particolare, è ammissibile un ricorso che deduca:
1.  Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2.  Problemi relativi al consenso del pubblico ministero.
3.  Un contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
Al di fuori di queste ipotesi, il ricorso è inammissibile. La Corte ha specificato che non è possibile contestare in Cassazione i motivi a cui si è espressamente rinunciato, come avvenuto nel caso in esame. Allo stesso modo, non si possono sollevare questioni relative alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o vizi nella determinazione della pena che non si traducano in una sanzione illegale. Il ricorso dell’imputato, basandosi su un motivo rinunciato, rientrava pienamente nelle ipotesi di inammissibilità.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione della Cassazione rafforza la stabilità e l’efficacia del concordato in appello. La sentenza conferma che l’accordo processuale implica una rinuncia seria e definitiva ai motivi in esso specificati. Qualsiasi tentativo di ‘ripensamento’ attraverso un ricorso per cassazione basato sugli stessi motivi è destinato all’insuccesso e comporta conseguenze negative per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito per la difesa: la scelta di aderire a un concordato deve essere ponderata attentamente, poiché preclude future contestazioni sui punti oggetto di rinuncia.
 
Dopo aver concluso un “concordato in appello” è sempre possibile presentare ricorso in Cassazione?
No, il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordo, nel consenso del pubblico ministero o se la decisione del giudice è difforme dall’accordo stipulato.
Cosa succede se il ricorso in Cassazione si basa su un motivo a cui si era rinunciato con il concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La rinuncia ai motivi è un elemento essenziale e vincolante dell’accordo e non può essere ritrattata in una fase successiva del giudizio.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questo contesto?
L’imputato che ha proposto il ricorso viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte nella sentenza.
 
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5918 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 5918  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME, nato in Albania DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce il 31/03/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
CONSDIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
 La Corte di appello di Lecce ha rideterminato, ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc pen., la pena inflitta nei confronti di COGNOME COGNOME in ordine ai reati previsti dagli ar 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato deducendo con un unico motivo violazione di legge quanto alla mancata traduzione della sentenza di primo grado.
Il ricorso è inammissibile per essere stato proposto facendo riferimento ad un motivo rinunciato.
In tema di concordato in appello, è ammissibile solo il ricorso in cassazione che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative, come nel caso di specie, ai motivi rinunciati (cfr., sentenza impugnata, pagg 1-2), alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, vizi attinenti alla determinazione della pena che, come nel caso di specie, non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta.
 All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2023.