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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputati che, dopo aver raggiunto un concordato in appello sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., avevano impugnato la sentenza contestando il trattamento sanzionatorio. La Corte ribadisce che l’accordo preclude la possibilità di sollevare doglianze sui punti concordati, limitando drasticamente i motivi di un successivo ricorso.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando l’accordo sulla pena chiude le porte alla Cassazione

L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sui motivi di appello e sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 5129/2024) chiarisce in modo netto i limiti che tale accordo impone a un eventuale, successivo ricorso. La pronuncia sottolinea come la scelta di concordare la pena in secondo grado comporti una rinuncia implicita a contestare i punti oggetto dell’accordo, rendendo inammissibili le relative doglianze in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Due soggetti, condannati per reati gravi quali associazione per delinquere, furti in abitazione e detenzione di armi, avevano presentato appello avverso la sentenza di primo grado. In sede di giudizio d’appello, decidevano di avvalersi della facoltà prevista dall’art. 599-bis c.p.p., raggiungendo un accordo con la Procura Generale. Tale accordo prevedeva la rinuncia a tutti i motivi di appello ad eccezione di quelli relativi alla determinazione della pena. La Corte di Appello, recependo l’accordo, rideterminava la sanzione come concordato tra le parti.

Nonostante l’accordo raggiunto, i due imputati proponevano ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge proprio in relazione al trattamento sanzionatorio applicato, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente motivato il bilanciamento delle circostanze.

Il concordato in appello e i suoi effetti preclusivi

Il concordato in appello è un meccanismo processuale che permette all’imputato e al pubblico ministero di trovare un’intesa sui motivi d’appello e, di conseguenza, sulla pena da applicare. L’obiettivo è quello di velocizzare la definizione del processo in secondo grado. L’adesione a tale accordo, tuttavia, non è priva di conseguenze.

Come chiarito dalla Suprema Corte, l’accordo non solo determina la ratifica dei punti concordati, ma comporta anche la rinuncia a far valere, in un successivo grado di giudizio, ogni doglianza relativa a tali punti. L’effetto è preclusivo: l’imputato che accetta una determinata pena non può, in seguito, contestarla davanti alla Cassazione, poiché la sua volontà ha contribuito a formare quella stessa decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. I giudici di legittimità hanno affermato che le uniche censure proponibili dopo un concordato in appello sono estremamente limitate. Esse non riguardano il merito della decisione sulla pena, ma piuttosto la validità stessa dell’accordo.

Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nell’ordinanza, i ricorsi sono ammessi solo per questioni relative a:

* Vizi della volontà della parte nell’accedere all’accordo.
* Validità del consenso del pubblico ministero.
* Contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo.
* Applicazione di una pena illegale.
* Omessa dichiarazione di una causa di estinzione del reato (es. prescrizione) maturata prima della sentenza di appello.

Poiché i ricorrenti contestavano la motivazione sulla determinazione della pena – un punto coperto dal loro stesso accordo – il loro ricorso è stato ritenuto al di fuori dei limiti consentiti dalla legge.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla natura dispositiva dell’istituto. Accettando il concordato, l’interessato rinuncia a dedurre determinate questioni in funzione dell’accordo sulla pena. Questo potere dispositivo non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado ai punti non coperti dalla rinuncia, ma produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale successivo, incluso il giudizio di legittimità. In altre parole, l’accordo sulla sanzione equivale a un’accettazione della stessa, che non può essere rimessa in discussione. La Corte assimila questa situazione agli effetti della rinuncia all’impugnazione. Pertanto, ogni doglianza relativa ai punti concordati è inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito sulle conseguenze strategiche della scelta di accedere al concordato in appello. Se da un lato questo strumento può offrire il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro cristallizza la decisione sui punti oggetto dell’accordo, chiudendo quasi del tutto la porta a un successivo ricorso per Cassazione. La decisione di avvalersi dell’art. 599-bis c.p.p. deve essere attentamente ponderata dalla difesa, con la piena consapevolezza che tale scelta implica una rinuncia sostanziale a contestare il trattamento sanzionatorio nel successivo grado di legittimità. La sanzione per un ricorso proposto fuori dai casi consentiti è severa: inammissibilità e condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di ammenda.

Dopo aver raggiunto un concordato in appello sulla pena, è possibile ricorrere in Cassazione contestando la congruità della sanzione?
No, la sentenza stabilisce che il concordato in appello preclude la possibilità di contestare successivamente il trattamento sanzionatorio, in quanto l’accordo ratifica la pena e comporta la rinuncia a far valere tali doglianze.

Quali sono gli unici motivi per cui si può ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
Secondo la Corte, le uniche doglianze ammissibili sono quelle relative a vizi della volontà nell’accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a una pronuncia del giudice difforme dall’accordo, all’applicazione di una pena illegale o all’omessa dichiarazione di una causa di estinzione del reato (come la prescrizione) maturata prima della sentenza.

Cosa succede se si propone un ricorso inammissibile?
La proposizione di un ricorso inammissibile comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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