Concordato in Appello: Quando la Rinuncia ai Motivi Blocca il Ricorso in Cassazione
Il concordato in appello, introdotto nel nostro ordinamento processuale penale con l’articolo 599-bis c.p.p., rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, a fronte della rinuncia a specifici motivi di appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza i limiti invalicabili posti da tale accordo, chiarendo quando e perché un successivo ricorso diventi inammissibile. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. In quella sede, le parti avevano raggiunto un accordo per l’accoglimento del solo motivo relativo al trattamento sanzionatorio. In base a questo patto, l’imputato aveva esplicitamente rinunciato a tutti gli altri “motivi di merito”, inclusi quelli riguardanti le attenuanti generiche. Nonostante l’accordo, l’imputato ha successivamente proposto ricorso per Cassazione, sollevando doglianze che si riferivano proprio ai motivi a cui aveva rinunciato.
La Decisione della Corte sul Concordato in Appello
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’impugnazione non poteva essere trattata nel merito, poiché le censure proposte riguardavano punti coperti dalla rinuncia e, di conseguenza, già passati in giudicato. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della natura e degli effetti del concordato in appello, considerato una scelta processuale libera e consapevole dell’imputato, le cui conseguenze non possono essere eluse in un momento successivo.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile?
La Corte ha articolato il suo ragionamento su alcuni pilastri fondamentali della procedura penale:
1. Natura dell’Accordo: L’articolo 599-bis c.p.p. configura il concordato in appello come un patto processuale. Accettandolo, l’imputato sceglie di barattare la possibilità di contestare il merito della condanna con la certezza di una pena concordata. Questa scelta implica l’accettazione della decisione sui punti a cui si rinuncia.
2. Formazione del Giudicato: La rinuncia ai motivi di merito determina la formazione del “giudicato” su quei capi e punti della sentenza. Ciò significa che tali questioni non possono più essere messe in discussione in gradi di giudizio successivi. La cognizione del giudice d’appello, a causa dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, era già limitata ai soli motivi non rinunciati, e lo stesso vale per la Corte di Cassazione.
3. Limiti all’Impugnazione Successiva: Di conseguenza, un ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è possibile solo per motivi molto specifici. Le uniche doglianze ammissibili sono quelle relative a:
* Vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo.
* Un contenuto della pronuncia difforme rispetto all’accordo raggiunto.
* L’illegalità della pena inflitta (ad esempio, una pena che eccede i limiti edittali o di specie diversa da quella prevista dalla legge).
Nel caso specifico, le lamentele dell’imputato non rientravano in nessuna di queste categorie, ma tentavano di riaprire una discussione sul merito, ormai preclusa.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza della Cassazione rafforza un principio cardine: la scelta di aderire al concordato in appello è una decisione strategica con effetti definitivi. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente i pro e i contro, consapevoli che la rinuncia ai motivi di merito chiude definitivamente la porta a future contestazioni su quegli aspetti. Questa pronuncia serve da monito: una volta siglato l’accordo, non si può tornare indietro per rimettere in discussione ciò che si è scelto di non contestare. La stabilità delle decisioni giudiziarie e l’efficienza processuale, obiettivi perseguiti dal legislatore con l’introduzione di questo istituto, vengono così salvaguardate.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammesso unicamente se riguarda vizi nella formazione dell’accordo, una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito, oppure l’illegalità della pena applicata. Non è possibile contestare i motivi di merito ai quali si è rinunciato.
Cosa succede se un imputato rinuncia ai ‘motivi di merito’ con un concordato in appello?
La rinuncia ai motivi di merito comporta la formazione del giudicato su tali punti. Questo significa che le questioni relative alla colpevolezza, alla valutazione delle prove o alla qualificazione del reato, se oggetto di rinuncia, diventano definitive e non possono più essere discusse in un successivo grado di giudizio, come il ricorso in Cassazione.
Il giudice d’appello, in caso di concordato, deve motivare il mancato proscioglimento dell’imputato?
No. Secondo la giurisprudenza citata, una volta che l’imputato rinuncia ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai soli punti non oggetto di rinuncia. Pertanto, il giudice non è tenuto a motivare né sul mancato proscioglimento per le cause previste dall’art. 129 c.p.p., né sulla sussistenza di nullità o inutilizzabilità delle prove, in quanto tali questioni rientrano nei motivi di merito rinunciati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3553 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3553 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CARRATURO DIONIGI NOME nato a BATTIPAGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
ato avviso alle j udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Ritenuto che l’impugnazione deve essere trattata nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. – come modificato dalla legge n. 103 del 2017 – e dichiarata inammissibile perché proposta avverso sentenza pronunciata a noma dell’art. 599-bis cod. proc. pen. a seguito di accordo delle parti per l’accoglimento del solo motivo riguardante il trattamento sanzionatorio e la misura della pena da applicare al caso di specie, previa rinuncia da parte dell’imputato ai “motivi di merito”, compresi quelli inerenti alle attenuanti generiche.
Ritenuto che non è consentito proporre col ricorso per cassazione censure che attengano ai motivi oggetto di rinuncia, poiché sui relativi capi e punti risulta già essersi formato il giudicato in dipendenza delle scelte processuali liberamente effettuate dall’imputato (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, Bresciani e altro, Rv. 272853 secondo cui «a seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello ad opera dell’art. 1, comma 56, della legge n. 103 del 2017, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599bis cod. proc. pen., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia»).
Ritenuto che non è nemmeno possibile censurare la qualificazione giuridica del fatto, in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questione rilevabile di ufficio, con l’unica eccezione dell’irrogazione di una pena illegale (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196).
Ritenuto che le uniche doglianze proponibili con il ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. sono quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla formazione della volontà delle parti di accedere al concordato in appello, ed all’eventuale contenuto difforme della pronuncia del giudice di appello, mentre alcuno spazio può essere ammesso per
quei vizi che attengano alla determinazione della pena e che non si siano trasfusi in una illegalità della sanzione inflitta (Sez. 6, n. 4665 del 20/11/2019, dep. 2020, Furino, Rv. 278114 secondo cui la richiesta concordata tra accusa e difesa in ordine alla misura finale della pena è vincolante nella sua integralità, senza che il giudice possa addivenire a una pena diversa, in quanto raccoglimento della richiesta postula la condivisione della qualificazione giuridica data al fatto e di ogni altra circostanza influente sul calcolo della pena).
Rilevato che le doglianze dedotte nel ricorso proposto da NOME COGNOME si riferiscono ai motivi rinunciati nel giudizio di appello, deve pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità cui segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 7 dicembre 2023.