Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3097 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 3097 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni dei difensori dei ricorrenti AVV_NOTAIO E NOME COGNOME, che hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli con sentenza del 06/07/2023, su concorde richiesta delle parti ai sensi degli art. 599, 599-bis cod. proc. pen., in riforma della sentenza emessa in data 27/01/2023 dal G.i.p. del Tribunale di Napoli nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, ha concesso le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva per il NOME ed ha ritenuto le già concesse attenuanti generiche prevalenti per il COGNOME, rideterminando conseguentemente la pena nella misura concordata dalle parti in anni tre, mesi sei, giorni venti di reclusione ed euro 1600,00 di multa per il COGNOME ed anni tre di reclusione ed euro 1600,00 per il COGNOME per l’imputazione ascritta in concorso agli stessi (capi a) e b) della rubrica).
COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno presentato ricorso per cassazione, a mezzo dei propri difensori, con motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. Ricorso COGNOME NOME. Vizio della motivazione perché omessa in ordine alla aggravante di cui al comma primo dell’art. 628 cod. pen. contestata al capo a), in considerazione dell’assenza di qualsiasi valutazione relativa alla effettiva simultanea presenza di più persone. Risulta omessa la considerazione dell’intervenuto risarcimento del danno, avendo il COGNOME restituito il bene alla persona offesa, con produzione degli effetti attenuanti anche per il COGNOME.
2.2. Ricorso COGNOME. Violazione di legge in relazione all’art. 597, comma 5, cod. proc. pen. ed art. 69 cod. pen.; la Corte di appello si è sottratta ad un nuovo giudizio di comparazione delle circostanze attenuanti generiche pur concedendole in regime di prevalenza ed ha adottato un provvedimento difforme alla volontà espressa dalle parti. È stata, inoltre, dedotta violazione di legge in relazione all’art 599-bis e al divieto di reformatio in pejus, perché è stata erroneamente indicata la pena base prescelta per il concordato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi proposti dai due ricorrenti sono all’evidenza manifestamente infondati, considerato il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che qui si intende ribadire, secondo il quale: “In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla
determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quel prevista dalla legge.” (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, M., Rv. 278170-01, Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102-01, Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, COGNOME, Rv. 279504-01). I ricorrenti richiamano elementi che non possono essere oggetto di delibazione in sede di legittimità, attesa la scelta effettuata dagli stessi in appello ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen.
In particolare non sono consentiti i due motivi di ricorso proposti quanto alla qualificazione giuridica del fatto nella sua componente circostanziale.
Come osservato da questa Corte è sempre possibile ricorrere per cassazione deducendo, sulla base del menzionato art. 448, comma 2-bis, l’erronea qualificazione giuridica del fatto operata in sentenza, per essere il fatto stesso penalmente irrilevante, ovvero riconducibile a diversa fattispecie incriminatrice. Tale possibilità è però limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscus immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, mentre è inammissibile l’impugnazione che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla contestazione (Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116-01; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279842-01; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, NOME, Rv. 279573-01; Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619-01), o richiamino, quale necessario passaggio logico del loro riscontro, aspetti in fatto e probatori su cui non è possibile, per il rito adottato, prima ancora che per i limiti consustanziali al giudizi di legittimità, estendere il corrispondente sindacato (Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272252-01). Ciò posto, è evidente che gli odierni ricorrenti propongano, con i motivi articolati, formalmente intesi a contestare la qualificazione circostanziale della condotta oggetto di imputazione, rivisitare l’esito univoco del procedimento a loro carico e di ridiscutere così questioni di fatto, inerenti la portata ed efficacia delle condotte poste in essere nelle vicende oggetto contestazione e il suo significato in termini di realizzazione di comportamento penalmente rilevante, che, per le esposte ragioni, non possono essere dibattute in questa sede. I motivi valicano così il perimetro entro cui il citato art. 448, comma 2-bis, cod. proc. peri. circoscrive lo scrutinio esercitabile da questa Corte. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sono infondati anche gli altri motivi proposti dal COGNOME, atteso che, in relazione alla richiesta formulata, ricorre una esatta corrispondenza con la pena irrogata, il cui iter è stato compiutamente esplicato dalla Corte di appello, con conclusioni conformi alla richiesta delle parti, sicché appare evidente la carenza di interesse sul punto e la manifesta infondatezza dei motivi proposti sia quanto al giudizio di bilanciamento che quanto all’eventuale ricorrenza di una refomatio in
pejus in assenza di qualsiasi illegalità della pena (conforme, come già evidenziato, alla richiesta finale avanzata dalle parti).
I ricorsi devono conseguentemente essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, stimata equa, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in data 14 novembre 2023.