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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. Gli imputati lamentavano la carenza di motivazione sulla misura della pena. La Corte ha ribadito che, in caso di concordato, il giudice d’appello deve limitarsi a un controllo di legalità sulla pena pattuita, senza valutarne la congruità, rendendo il ricorso su tale punto inammissibile.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui le parti possono accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 2619 del 2024, ha ribadito con fermezza i confini del controllo giurisdizionale su tali accordi, specificando quando e perché un ricorso successivo sia da considerarsi inammissibile. L’analisi di questa decisione è fondamentale per comprendere la natura del patto processuale e i limiti del suo sindacato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Avellino, a seguito della quale due imputati venivano condannati. In sede di appello, la difesa e la pubblica accusa raggiungevano un accordo sulla rideterminazione della pena, proponendo un concordato in appello alla Corte territoriale di Napoli. La Corte di Appello, con sentenza del 13 aprile 2023, accoglieva la proposta, riducendo la pena a un anno di reclusione e trecento euro di multa per ciascun imputato.

Nonostante l’accordo raggiunto, i due imputati, tramite il loro difensore, decidevano di presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado. L’unico motivo di doglianza riguardava la presunta carenza di motivazione in ordine alla dosimetria della pena applicata, invocando la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettere c) ed e) del codice di procedura penale.

Il sindacato sul Concordato in Appello secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente inammissibili, cogliendo l’occasione per consolidare un principio giurisprudenziale di notevole importanza. Il fulcro del ragionamento della Suprema Corte risiede nella natura stessa del concordato in appello: si tratta di un negozio processuale liberamente stipulato tra le parti.

In questo contesto, il ruolo del giudice d’appello non è quello di valutare la congruità o l’adeguatezza della pena concordata, bensì di effettuare un controllo meramente formale sulla sua legalità. Il giudice può solo accogliere o rigettare la richiesta in blocco, senza poterla modificare.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni dell’ordinanza si basano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. La Corte ha specificato che il controllo che il giudice d’appello deve effettuare sulla pena concordata è limitato alla sua legalità. Questo significa verificare che la sanzione pattuita rientri nella “forbice edittale” prevista dalla legge per il reato contestato e che non violi altre disposizioni imperative.

Qualsiasi valutazione sulla congruità della pena, ovvero sulla sua adeguatezza rispetto alla gravità del fatto e alla personalità dell’imputato, è esclusa dal perimetro del controllo giudiziale. Questo perché le parti, accordandosi, hanno già compiuto questa valutazione, rinunciando a contestarla ulteriormente. Di conseguenza, un ricorso per cassazione che lamenti la mancanza di motivazione sulla dosimetria della pena concordata è privo di fondamento, poiché il giudice d’appello non è tenuto a fornire tale motivazione.

Nel caso specifico, la pena di un anno di reclusione e trecento euro di multa rientrava pienamente nei limiti legali per il reato ascritto, escludendo qualsiasi profilo di illegalità. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la natura pattizia del concordato in appello. La decisione chiarisce che, una volta che le parti hanno liberamente negoziato e concordato una pena e il giudice ne ha verificato la legalità, lo spazio per un’ulteriore impugnazione sul quantum della pena è praticamente nullo. Gli operatori del diritto devono quindi essere consapevoli che l’adesione a un concordato implica una rinuncia implicita a contestare la congruità della pena. La conseguenza processuale di un ricorso infondato su questo punto è severa: la dichiarazione di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile impugnare in Cassazione la misura della pena decisa con un concordato in appello?
No, la Cassazione ha stabilito che, se la pena concordata è legale (cioè rientra nei limiti previsti dalla legge), non si può ricorrere per carenza di motivazione sulla sua congruità, poiché il giudice d’appello non è tenuto a motivare su tale aspetto, ma solo a verificare la legalità dell’accordo.

Qual è il ruolo del giudice della Corte di Appello di fronte a una richiesta di concordato?
Il giudice deve limitarsi a verificare la legalità della pena concordata tra le parti. Può solo accogliere o rigettare la richiesta nella sua interezza, ma non può modificare l’accordo. Se accoglie la proposta, il suo unico controllo riguarda il rispetto dei limiti edittali e delle norme imperative.

Cosa succede se un ricorso contro una pena concordata viene dichiarato inammissibile?
Come avvenuto nel caso di specie, la parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e, ravvisandosi un profilo di colpa, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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