Concordato in Appello: La Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui le parti possono accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 2619 del 2024, ha ribadito con fermezza i confini del controllo giurisdizionale su tali accordi, specificando quando e perché un ricorso successivo sia da considerarsi inammissibile. L’analisi di questa decisione è fondamentale per comprendere la natura del patto processuale e i limiti del suo sindacato.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Avellino, a seguito della quale due imputati venivano condannati. In sede di appello, la difesa e la pubblica accusa raggiungevano un accordo sulla rideterminazione della pena, proponendo un concordato in appello alla Corte territoriale di Napoli. La Corte di Appello, con sentenza del 13 aprile 2023, accoglieva la proposta, riducendo la pena a un anno di reclusione e trecento euro di multa per ciascun imputato.
Nonostante l’accordo raggiunto, i due imputati, tramite il loro difensore, decidevano di presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado. L’unico motivo di doglianza riguardava la presunta carenza di motivazione in ordine alla dosimetria della pena applicata, invocando la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettere c) ed e) del codice di procedura penale.
Il sindacato sul Concordato in Appello secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente inammissibili, cogliendo l’occasione per consolidare un principio giurisprudenziale di notevole importanza. Il fulcro del ragionamento della Suprema Corte risiede nella natura stessa del concordato in appello: si tratta di un negozio processuale liberamente stipulato tra le parti.
In questo contesto, il ruolo del giudice d’appello non è quello di valutare la congruità o l’adeguatezza della pena concordata, bensì di effettuare un controllo meramente formale sulla sua legalità. Il giudice può solo accogliere o rigettare la richiesta in blocco, senza poterla modificare.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni dell’ordinanza si basano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. La Corte ha specificato che il controllo che il giudice d’appello deve effettuare sulla pena concordata è limitato alla sua legalità. Questo significa verificare che la sanzione pattuita rientri nella “forbice edittale” prevista dalla legge per il reato contestato e che non violi altre disposizioni imperative.
Qualsiasi valutazione sulla congruità della pena, ovvero sulla sua adeguatezza rispetto alla gravità del fatto e alla personalità dell’imputato, è esclusa dal perimetro del controllo giudiziale. Questo perché le parti, accordandosi, hanno già compiuto questa valutazione, rinunciando a contestarla ulteriormente. Di conseguenza, un ricorso per cassazione che lamenti la mancanza di motivazione sulla dosimetria della pena concordata è privo di fondamento, poiché il giudice d’appello non è tenuto a fornire tale motivazione.
Nel caso specifico, la pena di un anno di reclusione e trecento euro di multa rientrava pienamente nei limiti legali per il reato ascritto, escludendo qualsiasi profilo di illegalità. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza la natura pattizia del concordato in appello. La decisione chiarisce che, una volta che le parti hanno liberamente negoziato e concordato una pena e il giudice ne ha verificato la legalità, lo spazio per un’ulteriore impugnazione sul quantum della pena è praticamente nullo. Gli operatori del diritto devono quindi essere consapevoli che l’adesione a un concordato implica una rinuncia implicita a contestare la congruità della pena. La conseguenza processuale di un ricorso infondato su questo punto è severa: la dichiarazione di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
È possibile impugnare in Cassazione la misura della pena decisa con un concordato in appello?
No, la Cassazione ha stabilito che, se la pena concordata è legale (cioè rientra nei limiti previsti dalla legge), non si può ricorrere per carenza di motivazione sulla sua congruità, poiché il giudice d’appello non è tenuto a motivare su tale aspetto, ma solo a verificare la legalità dell’accordo.
Qual è il ruolo del giudice della Corte di Appello di fronte a una richiesta di concordato?
Il giudice deve limitarsi a verificare la legalità della pena concordata tra le parti. Può solo accogliere o rigettare la richiesta nella sua interezza, ma non può modificare l’accordo. Se accoglie la proposta, il suo unico controllo riguarda il rispetto dei limiti edittali e delle norme imperative.
Cosa succede se un ricorso contro una pena concordata viene dichiarato inammissibile?
Come avvenuto nel caso di specie, la parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e, ravvisandosi un profilo di colpa, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2619 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 2619 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 della CORTE di APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; ricorso trattato con procedura de plano.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli con sentenza ex art. 599 bis cod. proc. pen. del 13/4/2023, accogliendo la proposta di concordato formulata dalle parti, riduceva la pena inflitta a NOME COGNOME ed a NOME COGNOME con sentenza del Tribunale di Avellino del 30/6/2021, rideterminandola in anni uno di reclusione ed euro trecento di multa.
Entrambi gli imputati, a mezzo del difensore, hanno interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., per carenza della motivazione in ordine al profilo della dosimetria della pena applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che il controllo che la Corte di appello deve effettuare in relazione alla pena concordata è solo quello
relativo alla legalità della pena, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti non può essere modificato dal giudice, che può solo accogliere o rigettare la richiesta e, ove l’accolga, verificare la legalità della pen (Sezione 3, n. 19983 del 9/6/2020, COGNOME, Rv. 279504 – 01). Dunque, il giudice di appello non deve neanche valutare la congruità della pena (Sezioni Unite, ordinanza n. 5466 del 28/1/2004, Gallo, Rv. 226715 – 01).
Nel caso di specie, non è ravvisabile l’illegalità della pena concordata, che rientra nella forbice edittale prevista per il reato loro ascritto.
All’inammissibilità dei ricorsi segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 16 gennaio 2024.