Concordato in Appello: Quando è Inammissibile il Ricorso in Cassazione?
Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta delle precise limitazioni, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di impugnare la decisione finale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per chiarire quali sono i confini del ricorso contro una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti.
I Fatti del Caso
Nel caso in esame, un imputato, dopo una condanna in primo grado, aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte di Appello. Le parti avevano concordato una pena specifica e l’imputato aveva rinunciato a parte dei suoi motivi di appello. La Corte di Appello, recependo l’accordo e ritenendo la pena congrua, aveva riformato parzialmente la sentenza di primo grado, applicando la sanzione concordata.
Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Il motivo del ricorso era incentrato su una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione, in particolare riguardo alla congruità e adeguatezza della pena che egli stesso aveva concordato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della questione (cioè, se la pena fosse o meno congrua), ma si è fermata a un livello preliminare, stabilendo che il motivo presentato dall’imputato non rientrava tra quelli consentiti dalla legge per questo specifico tipo di procedimento.
Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.
Le motivazioni: i limiti del ricorso per il concordato in appello
La Corte ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza. Quando si sceglie la via del concordato in appello (art. 599-bis del codice di procedura penale), si accetta implicitamente di limitare le proprie facoltà di impugnazione. Il ricorso in Cassazione contro la sentenza che recepisce tale accordo è ammesso solo per motivi molto specifici, quali:
1. Vizi della volontà: Se si dimostra che il consenso dell’imputato o del pubblico ministero all’accordo era viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Contenuto difforme: Se la sentenza del giudice applica una pena o una decisione diversa da quella pattuita nell’accordo.
3. Pena illegale: Se la pena concordata e applicata è illegale, ovvero non è prevista dalla legge per quel tipo di reato o supera i limiti massimi e minimi edittali.
Al di fuori di queste ipotesi, il ricorso è inammissibile. In particolare, non è possibile contestare in Cassazione:
* I motivi di appello a cui si è rinunciato.
* La mancata valutazione da parte del giudice di eventuali cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.).
* La congruità o l’adeguatezza della pena, poiché questo è proprio l’oggetto dell’accordo tra le parti. L’imputato, accettando la pena, ha già compiuto questa valutazione.
Nel caso specifico, l’imputato si doleva proprio della carenza di motivazione sulla congruità della pena. Questo, secondo la Cassazione, è un motivo non consentito e, pertanto, il ricorso andava dichiarato inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata con attenzione. Se da un lato offre il vantaggio di una definizione più celere del processo e, spesso, di una pena più mite, dall’altro comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione. Chi sceglie questa strada non può, in un secondo momento, ‘ripensarci’ e contestare l’adeguatezza della pena che ha liberamente accettato, a meno che non sussistano le eccezionali e specifiche condizioni di illegalità o di vizio del consenso previste dalla legge. La decisione della Cassazione serve da monito: l’accordo processuale è un atto serio e vincolante, le cui conseguenze devono essere chiare fin dall’inizio.
Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici: se vi è stato un vizio nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, se il giudice ha emesso una pronuncia difforme rispetto a quanto concordato, o se la pena applicata risulta illegale (ad esempio, perché diversa da quella prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).
È possibile contestare l’adeguatezza della pena concordata in appello con un ricorso in Cassazione?
No, di norma non è possibile. La giurisprudenza consolidata ritiene inammissibili i ricorsi che mettono in discussione la congruità della pena concordata, poiché tale valutazione è l’oggetto stesso dell’accordo a cui l’imputato ha liberamente aderito. L’unica eccezione è se la pena si rivela palesemente illegale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Cassazione?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, come in questo caso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, commisurata alla colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33814 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 33814 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA; avverso la sentenza pronunciata in data 02/05/2025 dalla Corte di Appello di Messina; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; rilevato che il procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza in epigrafe resa ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen., la Corte di Appell Messina, preso atto della parziale rinuncia ai motivi di appello, in parziale riforma della sen del Tribunale di Messina del 10/06/2024, ha applicato all’imputato, ritenendola congrua, la pen concordata dalle parti.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del propr difensore, articolando un unico motivo di doglianza, con il quale ha dedotto la violazione di le
ed il vizio di motivazione, per carenza e manifesta illogicità, in ordine alla congruit trattamento sanzionatorio concordato.
Il ricorso è inammissibile perché propone motivi non consentiti.
3.1. Il collegio riafferma che, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricor cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizi di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinaz della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rien nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2 dep. 2020, M., Rv. 278170 – 01).
3.2. Nel caso in esame, in violazione di tali indicazioni ermeneutiche, il ricorrente si duole d carenza di motivazione in ordine alla definizione concordata.
Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. p pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza in camera di consiglio del 9 luglio 2025.