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Concordato in appello: limiti al ricorso Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un concordato in appello sulla pena, aveva impugnato la sentenza per la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ribadisce che l’accordo implica la rinuncia ai motivi non legati alla sanzione, rendendo l’impugnazione successiva inammissibile.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando l’Accordo Chiude le Porte alla Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del processo penale, ma le sue implicazioni procedurali possono essere definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti invalicabili posti da tale accordo al successivo ricorso, specialmente quando l’imputato, dopo aver patteggiato la pena, cerca di rimettere in discussione altri aspetti della sentenza. Il caso in esame riguarda un individuo condannato per reati legati agli stupefacenti che, dopo aver concordato la sanzione in appello, ha tentato di portare la questione delle attenuanti generiche non concesse davanti alla Suprema Corte, scontrandosi con una declaratoria di inammissibilità.

Il Caso: Dall’Accordo in Appello al Ricorso Supremo

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Brescia per violazione della legge sugli stupefacenti (artt. 73 e 80 d.P.R. 309/1990). In sede di appello, la difesa dell’imputato e la Procura Generale avevano raggiunto un accordo sul trattamento sanzionatorio, secondo la procedura del concordato in appello. In tale sede, l’imputato aveva esplicitamente rinunciato a tutti gli altri motivi di gravame, concentrando l’accordo esclusivamente sulla determinazione della pena.

Nonostante ciò, l’imputato ha successivamente proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione della sentenza d’appello proprio in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Questo passo ha portato la questione all’attenzione della Suprema Corte, chiamata a valutare se un motivo a cui si era rinunciato potesse essere legittimamente riproposto in sede di legittimità.

La Decisione della Cassazione e il valore del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, aderendo al suo consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici hanno sottolineato che la natura stessa del concordato in appello si basa su una logica pattizia: l’imputato accetta una determinata pena e, in cambio, rinuncia a contestare altri punti della decisione. Questa rinuncia è un elemento essenziale dell’accordo e non può essere aggirata.

La decisione riafferma che il ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è inammissibile se solleva questioni relative a motivi rinunciati o a doglianze sulla formazione della volontà di accedere all’accordo stesso. L’istituto del concordato perderebbe la sua funzione di semplificazione e definizione del processo se le parti potessero rimettere in discussione punti già oggetto di rinuncia.

Le Motivazioni Giuridiche

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un principio di coerenza e auto-responsabilità processuale. Una volta che l’imputato, assistito dal suo difensore, sceglie la via del concordato in appello, accetta integralmente il pacchetto che ne deriva: la certezza della pena concordata a fronte della preclusione di ulteriori contestazioni. La Corte ha richiamato un proprio precedente (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018), il quale stabilisce chiaramente l’inammissibilità delle doglianze relative a motivi rinunciati.

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che le considerazioni svolte imponessero una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, una sanzione pecuniaria che accompagna tipicamente le declaratorie di inammissibilità per colpa del ricorrente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito pratico: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze irrevocabili. Se da un lato può rappresentare un’opportunità per definire la pena in modo più favorevole o certo, dall’altro cristallizza la sentenza di primo grado su tutti i punti che non sono oggetto dell’accordo. Gli avvocati e i loro assistiti devono quindi ponderare con estrema attenzione i benefici dell’accordo rispetto alla perdita del diritto di impugnare integralmente la decisione, poiché, come dimostra questo caso, le porte della Cassazione per i motivi oggetto di rinuncia resteranno inesorabilmente chiuse.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
No, non è possibile fare ricorso per motivi che sono stati oggetto di rinuncia esplicita nell’ambito dell’accordo. La Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile se contesta punti diversi da quello relativo al trattamento sanzionatorio concordato.

Cosa comporta la rinuncia ai motivi di appello nel concordato?
Comporta l’impossibilità definitiva di contestare in una fase successiva, come il ricorso in Cassazione, gli aspetti della sentenza di primo grado a cui si è rinunciato, come ad esempio la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile in questi casi?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come stabilito dalla Corte di Cassazione nella sua ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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