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Concordato in appello: limiti al ricorso Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena (concordato in appello) per un reato di furto aggravato, ha tentato di sollevare in sede di legittimità la mancata valutazione delle cause di proscioglimento. La Corte ha ribadito che l’adesione al concordato in appello implica la rinuncia ai motivi originari, precludendo un successivo ricorso basato su di essi, salvo vizi specifici legati alla formazione dell’accordo stesso.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, noto anche come “patteggiamento in appello”, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso penale, ma le sue conseguenze procedurali sono nette e vincolanti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Num. 42940/2024) ha ribadito con fermezza un principio fondamentale: una volta raggiunto l’accordo sulla pena, le porte per un successivo ricorso in Cassazione si chiudono quasi ermeticamente. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato per furto aggravato. Inizialmente, l’imputato aveva proposto appello contro la sentenza di primo grado. Successivamente, però, ha raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Genova per una ridefinizione della pena, avvalendosi dell’articolo 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello ha quindi emesso una sentenza conforme a tale accordo.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione: a suo dire, la Corte d’Appello non avrebbe rilevato d’ufficio la sussistenza di una delle cause di proscioglimento previste dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte e l’Effetto del Concordato in Appello

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure procedere alle formalità di rito, applicando l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e granitico.

Il principio chiave è che l’accordo sulla pena in appello comporta una rinuncia implicita ma inequivocabile ai motivi che erano stati originariamente posti a fondamento dell’impugnazione. L’imputato, accettando una pena concordata, di fatto rinuncia a far valere le proprie doglianze sul merito della vicenda processuale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha chiarito che, a seguito di un concordato in appello, non possono essere dedotte in sede di legittimità questioni che erano oggetto dei motivi di appello a cui si è rinunciato. Questo principio si estende anche alle questioni rilevabili d’ufficio dal giudice, come la valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Secondo la Cassazione, l’unico ricorso ammissibile contro una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è quello che verte su vizi specifici legati alla procedura dell’accordo stesso. In particolare, è possibile ricorrere solo per contestare:

1. La formazione della volontà della parte di accedere al concordato (ad esempio, se il consenso è stato viziato).
2. Il consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Il contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Poiché il ricorrente nel caso di specie ha sollevato una questione relativa al merito (la mancata assoluzione), che esulava da questi tre ambiti tassativi, il suo ricorso è stato ritenuto palesemente al di fuori dei motivi consentiti. Di conseguenza, è stato dichiarato inammissibile con la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 4.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma l’importanza strategica della scelta di accedere al concordato in appello. Per l’imputato e il suo difensore, si tratta di una decisione che cristallizza l’esito del processo di secondo grado, precludendo quasi ogni ulteriore via di impugnazione. La rinuncia ai motivi di appello è il prezzo da pagare per ottenere una pena certa e potenzialmente più mite. È quindi fondamentale che l’imputato sia pienamente consapevole che, una volta siglato l’accordo, non sarà più possibile contestare in Cassazione la ricostruzione dei fatti o la valutazione di merito compiuta nei gradi precedenti, a meno che non emergano vizi procedurali specifici legati alla formazione del consenso.

Dopo aver concluso un “concordato in appello” è possibile ricorrere in Cassazione per motivi che erano stati sollevati in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo sulla pena in appello comporta la rinuncia ai motivi originari. Pertanto, non è possibile riproporre le stesse questioni in sede di legittimità.

Quali sono gli unici motivi validi per impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o a un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito tra le parti.

La Corte d’Appello è tenuta a valutare le cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) anche in caso di concordato?
Sì, la Corte d’Appello deve valutarle prima di ratificare l’accordo. Tuttavia, secondo la giurisprudenza citata, la mancata rilevazione di tali cause non può essere fatta valere come motivo di ricorso in Cassazione, poiché si considera coperta dalla rinuncia ai motivi di appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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