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Concordato in appello: l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38577/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza che recepisce un concordato in appello. Secondo la Corte, l’accordo sulla pena, previsto dall’art. 599-bis c.p.p., preclude ulteriori impugnazioni, avendo un effetto preclusivo sull’intero procedimento, compreso il giudizio di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di impugnazioni penali: l’adesione al concordato in appello preclude la possibilità di presentare un successivo ricorso per cassazione. Questa decisione, basata sull’interpretazione dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Orlando, chiarisce la natura e gli effetti di questo istituto deflattivo del contenzioso. L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione sulla portata del potere dispositivo delle parti nel processo penale e sui limiti del diritto all’impugnazione.

Il caso: dal primo grado all’accordo in appello

Il caso trae origine da una condanna emessa dal GUP del Tribunale di Napoli Nord per cessione di sostanze stupefacenti. In sede di appello, la difesa e l’accusa hanno raggiunto un accordo sulla rideterminazione della pena, recepito dalla Corte di Appello di Napoli. Questo accordo, noto come concordato in appello, ha comportato la rinuncia a tutti gli altri motivi di impugnazione.

Nonostante l’accordo, la difesa ha deciso di presentare comunque ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei presupposti per una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (obbligo della declaratoria di determinate cause di non punibilità).

La questione giuridica: il concordato in appello e l’impugnazione

La questione centrale sottoposta alla Suprema Corte era se fosse ammissibile un ricorso per cassazione avverso una sentenza che si è limitata a ratificare un accordo tra le parti sulla pena. L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis c.p.p., consente alle parti di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Il giudice, se ritiene di non dover prosciogliere l’imputato, può accogliere la richiesta e rideterminare la pena.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza necessità di formalità, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. La Corte ha ritenuto che la proposizione del ricorso fosse contraria alla logica e alla funzione stessa dell’istituto del concordato in appello, che presuppone una volontà abdicativa delle parti rispetto a ulteriori contestazioni.

Le motivazioni della Suprema Corte sul concordato in appello

La Corte ha fondato la sua decisione su un’argomentazione chiara e lineare. Il potere dispositivo riconosciuto alle parti dal nuovo art. 599-bis c.p.p. non si limita a influenzare la cognizione del giudice di secondo grado, ma produce un effetto preclusivo che si estende all’intero svolgimento processuale successivo, incluso il giudizio di legittimità.

Secondo i giudici, l’accordo sulla pena in appello è funzionalmente analogo alla rinuncia all’impugnazione. Accettando un accordo, la parte manifesta la volontà di non proseguire il contenzioso sui punti concordati e, implicitamente, su ogni altro aspetto della sentenza non oggetto dell’accordo. Proporre ricorso per cassazione dopo aver beneficiato della rideterminazione della pena tramite concordato si configura come un’azione processualmente incoerente e, pertanto, inammissibile.

La Corte ha richiamato consolidata giurisprudenza che, in casi analoghi, ha già affermato l’inammissibilità di ricorsi volti a far valere cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. dopo una rinuncia all’impugnazione. In sostanza, una volta che le parti hanno definito la pena, si esaurisce il loro potere di contestare la decisione. A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della decisione

L’ordinanza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la prassi forense. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata attentamente, poiché implica la definitiva rinuncia a ogni ulteriore gravame. Per la difesa, questo significa che l’opportunità di ottenere una pena più mite attraverso l’accordo deve essere bilanciata con la perdita della possibilità di sottoporre la sentenza al vaglio della Corte di Cassazione. La decisione ribadisce la natura dispositiva e tombale dell’istituto, rafforzandone la funzione deflattiva e di accelerazione dei tempi processuali.

È possibile presentare ricorso per Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
No, secondo l’ordinanza, il ricorso è inammissibile. L’accordo sulla pena ha un effetto preclusivo che si estende all’intero procedimento, compreso il giudizio di legittimità, ed è assimilabile a una rinuncia all’impugnazione.

Qual è l’effetto del concordato in appello sul processo penale?
L’effetto principale è quello di limitare la cognizione del giudice di secondo grado ai punti concordati e di precludere ulteriori impugnazioni. In pratica, l’accordo definisce in modo tombale la questione relativa alla pena, chiudendo il contenzioso.

Cosa succede se si presenta comunque un ricorso ritenuto inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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