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Concordato in appello: la rinuncia ai motivi

La Corte di Cassazione chiarisce che l’accordo sulla pena in un concordato in appello, secondo l’art. 599-bis c.p.p., comporta una rinuncia implicita agli altri motivi di impugnazione. In questo caso, un ricorrente aveva pattuito la pena ma poi ha impugnato la sentenza per il mancato accoglimento della richiesta di sanzioni sostitutive. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché il motivo relativo alle sanzioni sostitutive doveva considerarsi rinunciato, limitando la cognizione del giudice ai soli punti oggetto dell’accordo.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Accordo sulla Pena Implica la Rinuncia agli Altri Motivi

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in tema di concordato in appello (noto anche come ‘patteggiamento in appello’), disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. L’istituto, che consente a imputato e Procura Generale di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, ha effetti preclusivi sugli altri motivi di impugnazione. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Corte.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo essere stato condannato in primo grado, presentava appello sollevando diversi motivi di doglianza, tra cui uno relativo alla dosimetria della pena e un altro inerente la richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive.

In sede di udienza d’appello, la difesa dell’imputato e il Procuratore Generale raggiungevano un accordo esclusivamente sulla rideterminazione della pena. La Corte d’Appello, accogliendo tale accordo, rideterminava la sanzione come concordato. Successivamente, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello non si fosse pronunciata sul motivo relativo alle sanzioni sostitutive, sostenendo che tale motivo non fosse stato oggetto di rinuncia esplicita.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che, quando le parti raggiungono un concordato in appello anche solo su uno dei motivi (in questo caso, la misura della pena), si verifica una rinuncia implicita a tutti gli altri.

L’effetto devolutivo dell’impugnazione, infatti, viene limitato esclusivamente ai punti oggetto dell’accordo. Di conseguenza, il giudice d’appello non è tenuto a esaminare né a motivare sugli altri motivi originariamente proposti, poiché questi devono intendersi come abbandonati dall’imputato in funzione del raggiungimento dell’accordo.

Il Principio della Rinuncia nel concordato in appello

La Suprema Corte ha richiamato la sua consolidata giurisprudenza, formatasi anche sotto la vigenza del precedente istituto simile (ex art. 599, comma 4, c.p.p.). Il principio è chiaro: l’accordo sulla pena rappresenta una scelta processuale che preclude la possibilità di contestare altri aspetti della sentenza. La rinuncia ai motivi determina una preclusione che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto non è più oggetto del contendere.

Di conseguenza, un eventuale ricorso per Cassazione può essere considerato ammissibile solo se riguarda vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, il mancato consenso del Procuratore Generale, o un contenuto della pronuncia del giudice difforme da quanto concordato. Non è invece possibile, come nel caso di specie, ‘resuscitare’ motivi di appello a cui si è implicitamente rinunciato.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. Si tratta di un istituto che mira a deflazionare il carico giudiziario, offrendo all’imputato la possibilità di ottenere una pena più mite in cambio di una rinuncia a contestare integralmente la sentenza di primo grado.

Accettando di concordare sulla pena, l’imputato concentra il suo interesse processuale su quel singolo aspetto, accettando implicitamente il resto della decisione. La Corte sottolinea che, una volta che la difesa e l’accusa hanno concordato sull’accoglimento del motivo relativo alla misura della pena, con conseguente rinuncia a ogni altro motivo di censura, il perimetro del giudizio d’appello si restringe irrevocabilmente. Permettere un successivo ricorso su motivi rinunciati snaturerebbe la funzione stessa dell’istituto e creerebbe un’ingiustificata incertezza processuale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la scelta di aderire a un concordato in appello deve essere attentamente ponderata. L’accordo, anche se parziale, cristallizza il giudizio sui punti non inclusi nell’intesa, che si intendono rinunciati. Il ricorso per Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è quindi un’opzione molto limitata. La decisione finale della Corte è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Cosa succede agli altri motivi di appello se si raggiunge un accordo solo sulla pena?
Quando si conclude un concordato in appello anche solo sulla misura della pena, tutti gli altri motivi di impugnazione si considerano implicitamente rinunciati. La cognizione del giudice viene limitata esclusivamente ai punti oggetto dell’accordo.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi specifici, come vizi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore Generale o a una decisione del giudice non conforme a quanto concordato. Non è possibile impugnare la sentenza per motivi che si considerano rinunciati.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato, avendo concordato in appello la misura della pena, aveva implicitamente rinunciato al motivo relativo all’applicazione delle sanzioni sostitutive. Di conseguenza, non poteva più sollevare tale questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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