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Concordato in Appello: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.). Il ricorrente lamentava la mancata motivazione su eventuali cause di non punibilità, ma la Corte ha ribadito che tale motivo è escluso dalle limitate ipotesi di impugnazione previste per questo rito, che implica una rinuncia a contestazioni sul merito della colpevolezza.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando e Perché il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono i suoi effetti sulla possibilità di impugnare la decisione finale? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione Penale ha fornito chiarimenti cruciali, ribadendo i rigidi limiti al ricorso contro una sentenza che recepisce un accordo tra le parti.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado per reati gravi, tra cui rapina pluriaggravata e sequestro di persona in concorso. In sede di appello, la difesa dell’imputato e la pubblica accusa raggiungevano un accordo sulla rideterminazione della pena. La Corte d’Appello, accogliendo tale accordo, riformava la sentenza di primo grado e applicava la pena concordata di cinque anni e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa.

Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo all’assenza di cause di non punibilità, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

Il Ricorso e i Limiti del Concordato in Appello

Il cuore della questione sottoposta alla Suprema Corte riguardava l’ammissibilità di un ricorso basato sulla violazione dell’obbligo del giudice di prosciogliere l’imputato in presenza di una causa di non punibilità, anche dopo la stipula di un concordato in appello. La difesa sosteneva che il giudice d’appello non avesse, neppure implicitamente, motivato su questo punto cruciale.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno richiamato un principio consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite, secondo cui l’accesso al concordato in appello implica una rinuncia implicita ai motivi di impugnazione che non sono stati esclusi dall’accordo stesso.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa dell’istituto. Il ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo in casi tassativi e circoscritti. Questi includono:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Una pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
4. L’estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza di appello.
5. L’applicazione di una pena illegale (ad esempio, fuori dai limiti edittali o di specie diversa da quella prevista).

La Corte ha chiarito che la doglianza relativa alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. non rientra in nessuna di queste categorie. Scegliendo la via del concordato in appello, l’imputato accetta di definire la sua posizione processuale attraverso un accordo sulla pena, rinunciando implicitamente a contestare il merito della propria colpevolezza e le valutazioni ad essa connesse. Permettere un sindacato su tali aspetti in sede di legittimità vanificherebbe la funzione stessa dell’istituto, che è quella di velocizzare e semplificare la definizione del processo d’appello.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, ravvisando la Corte profili di colpa nella proposizione di un’impugnazione palesemente infondata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. La scelta di aderire a un concordato in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata con attenzione dalla difesa. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro comporta la quasi totale preclusione a un successivo ricorso in Cassazione. Salvo i rari casi di vizi procedurali o di illegalità della pena, la sentenza di patteggiamento in appello diventa, di fatto, definitiva. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che tale scelta rappresenta un punto di non ritorno nella dialettica processuale, chiudendo la porta a contestazioni che attengono alla valutazione della colpevolezza e alla sussistenza di cause di proscioglimento.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi tassativamente previsti dalla legge, come vizi della volontà, dissenso del PM, pena illegale o difforme dall’accordo, o prescrizione maturata prima della sentenza d’appello.

La mancata motivazione del giudice sulle cause di non punibilità (art. 129 c.p.p.) è un valido motivo di ricorso dopo un concordato in appello?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Cassazione, aderendo al concordato si rinuncia implicitamente a far valere questo tipo di doglianze, che attengono al merito della valutazione di colpevolezza.

Cosa comporta la presentazione di un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato in appello?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, lo condanna anche al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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