LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: il giudice non può frazionarlo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2598/2024, ha annullato una decisione della Corte d’Appello che aveva ratificato solo parzialmente un ‘concordato in appello’. La Corte aveva applicato la pena concordata ma omesso di concedere i benefici richiesti (sospensione condizionale e non menzione). La Cassazione ha stabilito che l’accordo tra le parti è un pacchetto inscindibile: il giudice può solo accettarlo integralmente o rigettarlo, ma non può modificarlo o frazionarlo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione ribadisce il principio di indivisibilità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2598/2024) ha riaffermato un principio fondamentale in materia di concordato in appello: l’accordo tra le parti è un patto indivisibile, che il giudice non può modificare o accettare solo in parte. Questa decisione chiarisce che il giudice d’appello si trova di fronte a una scelta netta: ratificare l’accordo nella sua interezza, compresi eventuali benefici accessori, oppure rigettarlo e procedere con il giudizio ordinario. Approfondiamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I fatti del caso

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Bari, in parziale riforma di una sentenza di primo grado, aveva dichiarato l’estinzione di alcuni reati per prescrizione e applicato la pena concordata tra le parti per un altro capo d’imputazione. Tuttavia, la Corte territoriale aveva omesso completamente di pronunciarsi sulla richiesta, parte integrante dell’accordo, di concessione della sospensione condizionale della pena e del beneficio della non menzione della condanna. L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi presentato ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione, poiché la sentenza non aveva recepito correttamente la proposta di concordato.

Il ricorso e la validità del concordato in appello

I motivi del ricorso si sono concentrati sulla mancanza di correlazione tra la richiesta formulata dalle parti e la pena concretamente applicata dal giudice. La difesa ha sostenuto che la sospensione condizionale e la non menzione non erano elementi accessori, ma parti costitutive e determinanti della volontà negoziale che aveva portato all’accordo. Di conseguenza, l’omessa statuizione su questi punti equivaleva a un’illegittima modifica unilaterale del patto. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello, non intendendo accogliere integralmente l’accordo, avrebbe dovuto rigettarlo e disporre la prosecuzione del dibattimento, invece di applicare una pena ‘monca’ rispetto a quella pattuita.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo in pieno le argomentazioni della difesa. Gli Ermellini hanno chiarito che il concordato in appello rappresenta una piattaforma negoziale unitaria, perfezionata sulla base di tutti gli elementi che la compongono, inclusi i benefici di legge come la sospensione condizionale della pena. Questi benefici non sono semplici richieste accessorie, ma elementi determinanti nel processo di formazione della volontà della parte che accetta una certa pena in cambio di un trattamento sanzionatorio complessivamente favorevole. Frazionare l’accordo, applicando la pena ma negando i benefici, viola la logica stessa dell’istituto e la volontà delle parti.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio consolidato secondo cui è illegittima la decisione del giudice di appello che si limita ad applicare la pena concordata senza statuire sulla richiesta di benefici cui l’accordo stesso è subordinato. Il beneficio, si legge in sentenza, è una ‘componente costitutiva della piattaforma negoziale’. Pertanto, il giudice non ha il potere di ‘rimodellare’ l’accordo. La sua funzione è di controllo sulla correttezza giuridica e sulla congruità della pena pattuita, ma non può sostituirsi alle parti nella definizione del contenuto del patto. Se l’accordo non è ritenuto meritevole di accoglimento nella sua interezza, l’unica via percorribile è quella del rigetto, con la conseguente prosecuzione del giudizio secondo le forme ordinarie. La Corte ha quindi annullato senza rinvio la sentenza impugnata, trasmettendo gli atti alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Le conclusioni

La sentenza in commento rafforza la natura ‘negoziale’ del concordato in appello, tutelando l’affidamento delle parti sulla completezza dell’accordo raggiunto. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un chiaro monito: la proposta di concordato deve essere valutata come un ‘pacchetto chiuso’. Per l’imputato, significa avere la certezza che la rinuncia a far valere i propri motivi di appello in cambio di una pena concordata non possa essere vanificata da una decisione ‘creativa’ del giudice che ne alteri l’equilibrio. La scelta del giudice è dunque binaria: prendere o lasciare.

Un giudice d’appello può accettare solo una parte dell’accordo sulla pena (concordato in appello)?
No, secondo la sentenza della Cassazione, il giudice non può frazionare l’accordo. Deve accettarlo nella sua interezza, inclusi i benefici richiesti, oppure rigettarlo e disporre la prosecuzione del dibattimento.

I benefici come la sospensione condizionale della pena sono considerati parte integrante del concordato in appello?
Sì, la Cassazione ha stabilito che tali benefici sono un elemento determinante e una componente costitutiva della piattaforma negoziale. Non possono essere separati dalla pena concordata.

Cosa deve fare il giudice se non intende accogliere l’accordo sulla pena nella sua totalità?
Se il giudice non ritiene di poter accogliere l’accordo nella sua integrità, deve disattenderlo completamente e procedere con il giudizio secondo le forme ordinarie, senza dare luogo al concordato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati