Concordato in Appello: Rispettare i Termini è Fondamentale
Nel processo penale, il rispetto dei termini non è una mera formalità, ma un requisito essenziale per la validità degli atti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato questo principio in relazione al concordato in appello, un istituto che permette alle parti di accordarsi su una ridefinizione della pena. L’analisi di questo caso offre spunti cruciali sull’importanza della tempestività e sulle gravi conseguenze di una richiesta presentata fuori termine.
I Fatti del Caso: Una Richiesta Tardiva
L’imputato, già condannato in primo grado per il reato di ricettazione, vedeva confermata la sua responsabilità dalla Corte di Appello. La difesa, nel corso del giudizio di secondo grado, aveva ottenuto un rinvio dell’udienza in attesa dell’esito di un altro procedimento. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento della continuazione tra il reato oggetto del processo e altre condanne, al fine di beneficiare di un trattamento sanzionatorio più favorevole.
Una volta ottenuto il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, la difesa decideva di avvalersi del concordato in appello, presentando la relativa istanza. Tuttavia, tale richiesta, pur avendo il parere favorevole del Procuratore Generale, veniva depositata il giorno stesso della nuova udienza, fissata per il 30 ottobre 2024.
La Corte di Appello, nella sua sentenza, affermava di non aver ricevuto alcuna richiesta di questo tipo, confermando la condanna. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso in Cassazione, lamentando un vizio nella formazione della volontà delle parti e un errore procedurale da parte del giudice d’appello.
La Decisione della Cassazione sul Concordato in appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo in modo definitivo la questione dei termini per la richiesta di concordato in appello.
L’Importanza del Termine di 15 Giorni
Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 599-bis del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che l’accordo tra le parti sull’accoglimento dei motivi di appello deve essere presentato, a pena di decadenza, entro il termine di quindici giorni prima dell’udienza.
La Corte ha sottolineato che questo termine è perentorio. Nel caso di specie, l’istanza era stata depositata il giorno stesso dell’udienza, ben oltre il limite consentito. Anche ammettendo che il deposito fosse avvenuto prima dell’inizio della celebrazione dell’udienza, sarebbe stato comunque irrimediabilmente tardivo.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità
La tardività della richiesta ha precluso all’imputato la possibilità di accedere al rito premiale del concordato. Di conseguenza, il motivo di ricorso in Cassazione, basato proprio sulla mancata valutazione di una richiesta proceduralmente inaccoglibile, è stato giudicato infondato e l’intero ricorso dichiarato inammissibile.
Come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende, a causa della colpa ravvisata nell’aver promosso un’impugnazione priva di fondamento.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte di Cassazione sono lineari e si fondano su un’applicazione rigorosa della legge processuale. Il legislatore, introducendo l’istituto del concordato in appello, ha voluto bilanciare l’esigenza di deflazione del contenzioso con la necessità di garantire un corretto e ordinato svolgimento del processo. Il termine di quindici giorni è stato fissato proprio per consentire alla corte di valutare adeguatamente l’accordo e preparare la decisione.
Presentare l’istanza all’ultimo momento, come avvenuto nel caso in esame, vanifica questa ratio e non può essere tollerato. La Corte, in qualità di ‘giudice del fatto processuale’, ha potuto esaminare direttamente gli atti e constatare l’evidente tardività del deposito, indipendentemente dal fatto che la Corte d’Appello avesse o meno dato atto della sua ricezione. La conseguenza non poteva che essere la dichiarazione di inammissibilità.
Conclusioni: Lezioni Pratiche per la Difesa
Questa sentenza ribadisce una lezione fondamentale per ogni operatore del diritto: nel processo penale, la forma è sostanza e i termini sono invalicabili. La possibilità di accedere a riti alternativi o a istituti premiali come il concordato in appello è strettamente subordinata al rispetto delle regole procedurali. Una difesa, anche se strategicamente ben congegnata nel merito, può essere vanificata da un errore formale come il mancato rispetto di un termine. Pertanto, una pianificazione attenta e una scrupolosa osservanza delle scadenze processuali sono elementi imprescindibili per tutelare efficacemente i diritti dell’imputato.
Qual è il termine per presentare l’istanza di concordato in appello?
L’istanza, secondo l’art. 599-bis del codice di procedura penale, deve essere presentata, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni prima della data dell’udienza.
Cosa succede se l’istanza di concordato in appello viene presentata in ritardo?
Se l’istanza viene depositata oltre il termine di quindici giorni prima dell’udienza, è considerata tardiva. Di conseguenza, la parte perde il diritto di accedere a tale procedura e la richiesta non può essere presa in considerazione dal giudice.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione basato su una richiesta di concordato tardiva?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma pecuniaria alla Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9382 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9382 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 27/05/1971
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con sentenza del 30 ottobre 2024, confermava la sentenza di primo grado con la quale NOME COGNOME era stato ritenuto responsabile del delitto di ricettazione.
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso il difensore di Cetta; premette che all’udienza dell’11 settembre 2024 il difensore aveva avanzato istanza di rinvio motivata dall’attesa dell’esito di un procedimento esecutivo, afferente ad altre condanne, collocate nel medesimo arco temporale del reato contestato nel procedimento in corso, allo scopo di estendere anche a tale procedimento l’eventuale riconoscimento della continuazione chiesta in quella procedura incidentale; il processo veniva quindi veniva rinviato al 30 ottobre 2024 e nelle more la difesa, alla luce della continuazione riconosciuta in sede esecutiva tra altre
due pronunce dello stesso tribunale, avanzava istanza ex art. 599bis cod. proc. pen. in quanto i fatti delittuosi del presente procedimento potevano essere ricompresi nel novero delle condotte già avvinte dal vincolo della continuazione; l’istanza ed il parere favorevole del Procuratore generale ven ivano versati in atti il giorno stesso dell’udienza, ma la Corte di appello, pur dando atto che nella precedente udienza l’appellante si era riservato di chiedere il vincolo della continuazione tra i fatti oggetto del giudizio e quelli oggetto di incidente di esecuzione, aveva affermato in sentenza che nessuna richiesta era giunta alla Corte.
Ciò premesso il difensore, rilevato che in tema di concordato in appello è ammissibile il ricorso in cassazione che deduca motivi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere al concordato, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, chiede l’annullamento con rinvio della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 L’art. 599 -bis cod. proc. pen. prevede che la dichiarazione con le quali le parti concordano sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello e la rinuncia agli altri eventuali motivi devono essere presentate nelle forme previste dall’articolo 589 e nel termine, previsto a pena di decadenza, di quindici giorni prima dell’udienza; pertanto, anche a voler ammettere che l’istanza di concordato sia stata presentata prima della celebrazione dell’udienza (ma questa Corte ha direttamente constatato, potendo esaminare direttamente gli atti per verificare l’integrazione della violazione denunziata, quale giudice del fatto processuale -vedi Sez. 1, n.8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304- che sull’istanza , che risulta depositata nel lo stesso giorno dell’udienza , non è annotato l’orario di acquisizione da parte dell’ufficio , per cui non risulta che il deposito sia avvenuto prima del termine dell’udienza ), la stessa sarebbe stata comunque tardiva, per cui la parte non poteva più accedere al concordato previsto dall’art. 599 -bis cod. proc. pen.
2.Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen; , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità -al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 26/02/2025