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Concordato in appello: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello. L’imputato lamentava l’entità della pena, ma la Corte ha ribadito che tale motivo non rientra tra le limitate ipotesi che consentono l’impugnazione, a meno che la sanzione non sia palesemente illegale. La decisione sottolinea la natura vincolante dell’accordo tra le parti e la conseguente rinuncia a determinate doglianze.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Fuori Gioco

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo e ottenuta la sentenza, le vie per un’ulteriore impugnazione si restringono drasticamente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione lo ribadisce con chiarezza, dichiarando inammissibile un ricorso basato esclusivamente sulla contestazione della pena concordata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva rideterminato la pena a carico di un imputato. Tale rideterminazione era avvenuta proprio in accoglimento di una proposta di concordato in appello formulata dalle parti durante l’udienza.

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato presentava ricorso per Cassazione, dolendosi del trattamento sanzionatorio applicato e lamentando un presunto difetto di motivazione della sentenza su quel punto. La questione posta alla Suprema Corte era, quindi, se e in quali limiti fosse possibile contestare una pena che era stata oggetto di un accordo processuale.

La Decisione della Cassazione e i Limiti del Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, aderendo a un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno richiamato il principio secondo cui il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è consentito solo per un novero molto limitato di motivi.

In particolare, l’impugnazione è ammissibile solo se si deducono vizi relativi a:
1. La formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Il consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, sono considerate inammissibili tutte le altre doglianze, incluse quelle relative ai motivi di appello a cui si è rinunciato, alla mancata valutazione di eventuali cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e, soprattutto, a vizi relativi alla determinazione della pena.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. Si tratta di un patto processuale attraverso cui l’imputato, in cambio di un beneficio sanzionatorio, accetta la sentenza di condanna e rinuncia a far valere determinate contestazioni. Pertanto, criticare successivamente la pena concordata costituisce una contraddizione logica e giuridica.

L’unica eccezione a questa regola si verifica quando la pena applicata dal giudice risulta palesemente illegale, ovvero quando non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o è di una specie diversa da quella prescritta. Nel caso di specie, il ricorrente non lamentava un’illegalità della sanzione, ma esprimeva unicamente un dissenso sull’entità della pena, che però era stata frutto dell’accordo da lui stesso sottoscritto. Di conseguenza, il motivo di ricorso non rientrava nelle ipotesi consentite, portando inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma che la scelta di aderire a un concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato offre la possibilità di ottenere una pena più mite e di definire rapidamente il processo, dall’altro comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. Accettare l’accordo significa, nella sostanza, accettare la pena che ne deriva, precludendosi la possibilità di contestarla in Cassazione, salvo i casi eccezionali di illegalità della sanzione o di vizi genetici dell’accordo stesso. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
No, il ricorso è ammesso solo per un numero limitato di motivi specificamente previsti dalla legge, legati a vizi dell’accordo o a una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito.

Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
I motivi ammissibili riguardano vizi nella formazione della volontà della parte, il mancato consenso del pubblico ministero all’accordo, o una pronuncia del giudice che si discosta da quanto concordato tra le parti.

Lamentarsi dell’entità della pena concordata è un motivo valido per il ricorso?
No, la contestazione relativa alla misura della pena non è un motivo ammissibile, a meno che la sanzione inflitta sia illegale, cioè determinata al di fuori dei limiti previsti dalla legge o di una tipologia diversa da quella prescritta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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