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Concordato in appello: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.). L’imputato lamentava la gestione delle attenuanti, ma la Corte ha ribadito che, accettando il concordato, si rinuncia a contestare la determinazione della pena, salvo che questa sia palesemente illegale. Il ricorso è ammesso solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo stesso.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando la sentenza diventa (quasi) definitiva

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale con cui imputato e Procura Generale possono accordarsi sui motivi di appello e, di conseguenza, sulla rideterminazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i ristrettissimi limiti entro cui è possibile impugnare una sentenza che recepisce tale accordo, sottolineando la natura quasi definitiva di questa scelta processuale.

I Fatti del Caso

Nel caso in esame, un imputato, precedentemente condannato in primo grado per reati quali rapina e resistenza a pubblico ufficiale, aveva formulato un’istanza di concordato in appello. La Corte d’Appello, con il consenso del Procuratore Generale, aveva accolto la richiesta, riformando parzialmente la pena. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando la mancata concessione di ulteriori attenuanti e un erroneo bilanciamento di quelle già concesse. In sostanza, pur avendo concordato la pena, ne contestava la congruità.

La Decisione della Cassazione e i limiti del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine: il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è consentito solo in casi eccezionali e tassativamente indicati. Questi non includono contestazioni relative alla quantificazione della pena oggetto dell’accordo stesso.

I Motivi Ammessi per l’Impugnazione

La Suprema Corte ha ricordato che l’impugnazione è possibile solo se vengono dedotti motivi relativi a:
1. Vizi nella formazione della volontà: Se l’imputato non ha liberamente scelto di accedere al concordato.
2. Vizi nel consenso del pubblico ministero: Se il consenso della Procura è viziato.
3. Contenuto difforme della pronuncia: Se la sentenza del giudice si discosta da quanto pattuito tra le parti.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte risiedono nella natura stessa dell’istituto del concordato in appello. Si tratta di un patto processuale attraverso il quale l’imputato rinuncia a una parte dei suoi motivi di appello in cambio di una pena concordata e, auspicabilmente, più mite. Permettere di rimettere in discussione elementi come il bilanciamento delle circostanze attenuanti, che sono intrinsecamente legati alla determinazione della pena, significherebbe snaturare l’accordo e vanificarne lo scopo deflattivo. Accettando il concordato, l’imputato accetta implicitamente la valutazione sulla pena come risultato finale e rinuncia a future contestazioni su quel punto. L’unica eccezione a questa regola si verifica quando la pena applicata risulta illegale, ovvero quando non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o è di specie diversa da quella prevista. Nel caso di specie, le doglianze dell’imputato riguardavano il merito della quantificazione della pena, un aspetto coperto e ‘sanato’ dall’accordo raggiunto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: la scelta di accedere a un concordato in appello deve essere ponderata attentamente con il proprio difensore. Se da un lato può portare a un beneficio sanzionatorio e alla rapida definizione del processo, dall’altro comporta una rinuncia quasi totale alla possibilità di impugnare la sentenza in Cassazione. La porta del ricorso rimane aperta solo per vizi genetici dell’accordo o per palesi illegalità della pena, ma si chiude per tutte le questioni relative al merito della sua determinazione.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza che applica un ‘concordato in appello’ per motivi legati alla pena, come la mancata concessione di attenuanti?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, con la richiesta di concordato, l’imputato rinuncia a proporre doglianze relative alla determinazione della pena, inclusa la valutazione delle circostanze attenuanti. L’unica eccezione riguarda l’illegalità della sanzione inflitta (es. se è superiore al massimo previsto dalla legge).

In quali specifici casi è ammesso il ricorso per Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è consentito solo se vengono dedotti motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero, oppure al contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso presentato contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna definitiva del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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