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Concordato in appello: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato in appello’ per un reato di droga. L’ordinanza chiarisce che l’impugnazione è consentita solo per vizi specifici legati alla formazione dell’accordo o all’illegalità della pena, escludendo contestazioni sulla responsabilità o sulla motivazione, implicitamente rinunciate con l’accordo stesso. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del processo che consente alle parti di accordarsi sulla pena, rinunciando ai motivi di impugnazione. Ma cosa succede se, nonostante l’accordo, si decide di presentare ricorso per Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte fa chiarezza sui limiti invalicabili di tale impugnazione, confermando la sua natura eccezionale.

Il Fatto in Breve

Il caso esaminato trae origine da una vicenda di spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena per un imputato a due anni e otto mesi di reclusione e 12.000 euro di multa, proprio sulla base di un accordo raggiunto tra le parti. Nonostante ciò, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione della sentenza d’appello.

La Questione Giuridica: I Limiti del Ricorso post Concordato in Appello

Il cuore della questione risiede nella natura stessa del concordato in appello. Aderendo a questo rito, l’imputato accetta la pena concordata e, contestualmente, rinuncia ai motivi di appello. Questo atto di rinuncia ha conseguenze significative sulla possibilità di contestare successivamente la sentenza. La doglianza sollevata dall’imputato, relativa a un presunto vizio di motivazione, rientra proprio tra quei motivi ai quali si è implicitamente rinunciato con l’accordo. La Cassazione ha quindi dovuto stabilire se un simile motivo potesse essere validamente proposto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto basato su un motivo non consentito dalla legge in questa specifica circostanza. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i confini molto stretti entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.

Le Motivazioni: Perché il Concordato in Appello Limita l’Impugnazione

La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione. Il ricorso avverso una sentenza frutto di concordato in appello è ammissibile solo ed esclusivamente per motivi che riguardano:

1. La formazione della volontà: Vizi relativi alla libera e consapevole decisione della parte di accedere all’accordo.
2. Il consenso del pubblico ministero: Eventuali irregolarità nel consenso prestato dall’accusa.
3. Il contenuto della pronuncia: Qualora il giudice si sia discostato dall’accordo pattuito tra le parti.

Sono invece categoricamente escluse, e quindi inammissibili, le doglianze relative a:

– Motivi oggetto di rinuncia (come la responsabilità penale o la qualificazione giuridica del fatto).
– La mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.).
– Vizi nella determinazione della pena, a meno che non si traduca in una pena illegale, ovvero una sanzione non prevista dalla legge, fuori dai limiti edittali o di specie diversa da quella legale.

La Corte ha sottolineato la differenza rispetto al patteggiamento (art. 444 c.p.p.), dove l’accordo abbraccia anche i termini dell’accusa e consente un ricorso per cassazione anche sulla qualificazione giuridica. Nel concordato d’appello, invece, l’accordo si innesta su una rinuncia ai motivi di impugnazione, rendendo il perimetro del successivo ricorso molto più ristretto. L’unica ipotesi in cui la Corte di Cassazione può intervenire d’ufficio è, appunto, l’illegalità della pena.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con effetti quasi definitivi. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, accettando l’accordo, si preclude la possibilità di contestare nel merito la decisione, salvo i rarissimi casi menzionati. Proporre un ricorso basato su motivi rinunciati, come il vizio di motivazione, non solo è inutile ma anche controproducente. La declaratoria di inammissibilità, infatti, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende (nel caso di specie, 4.000 euro), a causa dell’evidente colpa nel promuovere un’impugnazione non consentita.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
No, non è sempre possibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso è ammissibile solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordo, nel consenso del pubblico ministero, o se la pena applicata è illegale o diversa da quella concordata.

Quali motivi di ricorso sono considerati inammissibili in caso di concordato in appello?
Sono inammissibili i motivi che sono stati implicitamente rinunciati con l’accordo, come quelli relativi alla responsabilità penale, alla qualificazione giuridica del fatto, alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), e ai vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, il cui importo è commisurato alla colpa nel proporre un’impugnazione non consentita dalla legge. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in 4.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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