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Concordato in appello: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione chiarisce l’inammissibilità del ricorso avverso una sentenza di concordato in appello quando si contesta la congruità della pena. L’analisi si concentra sui limiti stabiliti dall’art. 599-bis c.p.p., ribadendo che solo vizi di legalità della sanzione, e non la sua determinazione discrezionale, possono essere oggetto di ricorso, anche se le parti hanno raggiunto un accordo.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando è Possibile Ricorrere in Cassazione?

L’istituto del concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento cruciale nel processo penale per definire la pena in secondo grado. Tuttavia, quali sono i limiti per impugnare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui motivi per cui un ricorso può essere dichiarato inammissibile, in particolare quando si contesta la congruità della pena concordata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di assise di appello. In primo grado, l’imputato era stato condannato dal Giudice dell’udienza preliminare. Successivamente, nel giudizio di appello, la difesa e l’accusa avevano raggiunto un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. L’accordo prevedeva una pena di tredici anni e dieci mesi di reclusione, e l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello relativi alla sua responsabilità penale.

Nonostante l’accordo, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’incongruità del percorso motivazionale seguito dalla Corte d’appello nella determinazione della pena.

L’Applicazione del Concordato in Appello

Il concordato in appello è un meccanismo che consente alle parti di accordarsi sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con una conseguente rideterminazione della pena. L’accordo presuppone la rinuncia agli altri eventuali motivi. Questo istituto, reintrodotto con la legge n. 103 del 2017, mira a deflazionare il carico dei giudizi di secondo grado.

Nel caso specifico, le parti hanno utilizzato proprio questo strumento, ma la difesa ha ritenuto che i criteri utilizzati per quantificare la pena non fossero adeguatamente giustificati, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la sentenza emessa a seguito di un concordato in appello gode di una stabilità particolare, e i motivi per cui può essere impugnata sono estremamente limitati.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che il ricorso in Cassazione avverso una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi specifici, quali:
1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi legati al consenso del pubblico ministero.
3. Una pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Sono invece inammissibili le doglianze che riguardano i motivi a cui si è rinunciato, la mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e, soprattutto, i vizi attinenti alla determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale. Una pena è considerata ‘illegale’ quando non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o è di una specie diversa da quella prescritta.

La Corte ha precisato che, nel contesto del concordato in appello, il giudice non è vincolato ai criteri ordinari di commisurazione della pena, ma deve unicamente valutare la congruità della pena finale concordata dalle parti. Pertanto, contestare i criteri usati per arrivare a quella pena non costituisce un motivo valido di ricorso, poiché l’accordo stesso assorbe e supera tali valutazioni.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma la natura quasi ‘tombale’ dell’accordo raggiunto con il concordato in appello. Le parti che scelgono questa via processuale devono essere consapevoli che la possibilità di contestare la pena in Cassazione è ridotta ai soli profili di illegalità della sanzione. La valutazione sulla ‘giustizia’ o ‘congruità’ della pena concordata si esaurisce nel giudizio di appello e non può essere riproposta in sede di legittimità. Questa pronuncia rafforza l’efficienza dello strumento deflattivo, garantendo al contempo che vengano rispettati i paletti fondamentali della legalità della pena.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordarsi, nel consenso del pubblico ministero, o se la decisione del giudice è difforme dall’accordo. Non è possibile contestare i motivi a cui si è rinunciato.

Si può contestare in Cassazione la congruità della pena stabilita con il concordato in appello?
No, non è possibile contestare la congruità o i criteri di determinazione della pena concordata. Il ricorso è ammissibile solo se la pena inflitta è ‘illegale’, cioè se è di un tipo diverso da quello previsto dalla legge o supera i limiti massimi e minimi.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende. Inoltre, può essere condannato a rimborsare le spese legali sostenute dalle parti civili nel giudizio di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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