Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24263 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24263 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA •
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il 03/10/1957
avverso la sentenza del 12/12/2024 della CORTE RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso in esame è stato proposto nell’interesse dall’imputato NOME COGNOME tramite l’avv. NOME COGNOME avverso la sentenza emessa dalla Corte di assise di appello di Catania il 12 dicembre 2024, ai sensi dell’art. 599bis cod. proc. pen., con cui veniva concordata la pena di tredici anni e dieci mesi di reclusione.
Tale sentenza veniva pronunciata a seguito dell’impugnazione della decisione di primo grado, emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania il 16 febbraio 2024.
Nel caso di specie, nel giudizio di appello, le parti hanno raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., previa rinuncia da parte dell’imputato ai motivi che avevano investito il giudizio di responsabilità formulato nei suoi confronti.
Pertanto, il ricorso, incentrato sull’incongruità del percorso motivazionale formulato dalla Corte di appello di Catania, censurato dalla difesa del ricorrente, relativamente ai criteri di determinazione della pena, risulta proposto avverso sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, che ha reintrodotto nell’ordinamento processuale l’istituto del concordato sui motivi.
In questa cornice, nel ribadire l’inammissibilità delle doglianze poste a fondamento del ricorso in esame, ci si deve limitare a richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: «In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge» (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME Fabio, Rv. 276102 – 01).
Quanto, invece, all’erronea determinazione dei criteri di commisurazione della pena concordata in appello, deve rilevarsi che tale doglianza non è proponibile in sede di legittimità, come affermato da questa Corte, secondo cui: «Nel concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., le parti non sono vincolate a criteri di determinazione della pena, sicché il giudice può sindacare esclusivamente la congruità della pena finale concordata, senza che rilevino
eventuali errori di calcolo nei passaggi intermedi» (Sez. 1, n. 50710 del
10/11/2023, COGNOME Rv. 285655 – 01).
La declaratoria di inammissibilità dell’atto di impugnazione in esame deve essere pronunciata senza formalità, con provvedimento emesso
de plano, in
base al disposto dell’art. 610, comma
5-bis, cod. proc. pen., così come introdotto
dalla legge n. 103 del 2017, in relazione all’art. 591, comma 2, cod. proc. pen.
(tra le altre, Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271333 –
01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in tremila
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Consegue, infine, a tali statuizioni la condanna di NOME COGNOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute in giudizio dalla parti civili,
rappresentate dall’avv. NOME COGNOME che si liquidano in 3.144,00 euro, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappres ntanza e difesa sostenute in giudizio dalla parti civili, rappresentate dall’avv. COGNOME che si liquidano in 3.144,00 euro, oltre accessori di legge.
Così deciso il 5 giugno 2025.