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Concordato in appello: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.). La Corte ribadisce che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, non è possibile contestare in sede di legittimità questioni di merito o la determinazione della pena stessa, poiché tali motivi si intendono rinunciati. Il ricorso è ammesso solo per vizi relativi alla formazione della volontà, al consenso del PM o a palesi illegalità della pena.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Sancisce l’Inammissibilità del Ricorso sul Merito

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per l’imputato che, a fronte di una rinuncia a parte dei motivi di impugnazione, può ottenere una ridefinizione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i confini di questo strumento, stabilendo l’inammissibilità del ricorso per Cassazione che rimetta in discussione il merito della responsabilità penale una volta siglato l’accordo.

I Fatti del Caso

Due soggetti, condannati in primo grado per il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, proponevano appello. In sede di giudizio di secondo grado, la difesa e la Procura Generale raggiungevano un accordo sulla pena, che veniva ratificato dalla Corte d’Appello di Milano.
Nonostante l’accordo, gli imputati presentavano ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge. Sostenevano che la Corte d’Appello non avesse delineato con sufficiente chiarezza il loro ruolo all’interno del sodalizio criminoso, la sussistenza della cosiddetta affectio societatis e i criteri utilizzati per calcolare gli aumenti di pena per i reati fine. In sostanza, cercavano di rimettere in discussione l’affermazione della loro responsabilità penale.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accordo sulla pena in appello costituisce un negozio processuale che limita la cognizione del giudice di secondo grado e preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni che sono state oggetto di rinuncia.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che il ricorso per Cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per motivi specifici e circoscritti. In particolare, è possibile contestare:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. La mancanza del consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme dall’accordo stipulato.
4. L’applicazione di una pena illegale, ovvero non prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è inammissibile. L’accordo, infatti, si basa su una rinuncia ai motivi di appello che non riguardano la quantificazione della pena. Di conseguenza, questioni relative alla valutazione della prova, alla ricostruzione del fatto o alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato non possono essere riproposte davanti alla Corte di Cassazione.
L’adesione al concordato implica l’accettazione della qualificazione giuridica del fatto e di ogni altra circostanza rilevante per il calcolo della pena. Permettere un riesame nel merito significherebbe vanificare la natura stessa dell’istituto, che è quella di definire il processo in modo più rapido attraverso una pattuizione tra le parti, ratificata dal giudice. La richiesta concordata, una volta accolta, è vincolante nella sua integralità e il suo effetto preclusivo si estende all’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la natura dispositiva del concordato in appello. Gli imputati e i loro difensori devono essere pienamente consapevoli che la scelta di questo rito alternativo comporta una rinuncia definitiva alla possibilità di contestare nel merito la decisione di primo grado. Il beneficio di una pena potenzialmente più mite si paga con la quasi totale preclusione di un successivo ricorso per Cassazione. La decisione della Suprema Corte serve come monito: il patto processuale va onorato e le sue conseguenze, in termini di limitazione delle impugnazioni, sono irrevocabili, salvo i ristretti casi di vizi genetici dell’accordo o di palese illegalità della sanzione.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza frutto di concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile se si lamentano vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, la mancanza del consenso del Pubblico Ministero, una decisione del giudice non conforme all’accordo o l’illegalità della pena inflitta (ad esempio, una pena non prevista dalla legge).

Quali motivi di ricorso sono esclusi dopo un concordato in appello?
Sono inammissibili tutti i motivi che sono stati oggetto di rinuncia con l’accordo. Non è quindi possibile contestare la valutazione delle prove, la ricostruzione dei fatti, la sussistenza della responsabilità penale o i criteri di determinazione della pena, a meno che questa non sia palesemente illegale.

Se si accetta un concordato in appello, si rinuncia a far valere vizi della sentenza di primo grado?
Sì. L’accordo sulla pena in appello implica una rinuncia ai motivi di impugnazione che non riguardano la pena stessa. Di conseguenza, l’imputato accetta l’affermazione di responsabilità contenuta nella sentenza di primo grado e non può più contestarla in Cassazione, poiché tale questione rientra tra i motivi rinunciati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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