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Concordato in appello: i limiti del ricorso

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello) per rapina e sequestro di persona, ha presentato ricorso in Cassazione contestando il trattamento sanzionatorio. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che dopo un concordato in appello l’impugnazione è consentita solo per vizi del consenso o per illegalità della pena, non per rimettere in discussione punti oggetto di rinuncia come il bilanciamento delle circostanze.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Concordato in Appello e i Limiti del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo volto a velocizzare la definizione dei processi. Attraverso questo istituto, imputato e pubblico ministero possono accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, rinunciando ai relativi motivi di appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i confini dell’impugnazione avverso le sentenze che recepiscono tale accordo, stabilendo quando il ricorso è da considerarsi inammissibile.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un soggetto condannato in primo grado per rapina aggravata e sequestro di persona raggiungeva un accordo con la Procura Generale presso la Corte di Appello. La Corte territoriale, accogliendo il concordato in appello, riformava parzialmente la prima sentenza, rideterminando la pena secondo quanto pattuito tra le parti e confermando la responsabilità penale dell’imputato.

Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una motivazione carente e illogica riguardo al trattamento sanzionatorio. In particolare, sosteneva di non aver mai rinunciato a contestare la valutazione sulla recidiva, il giudizio di equivalenza tra circostanze aggravanti e attenuanti e la misura della riduzione della pena.

La Decisione della Suprema Corte sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le sentenze emesse a seguito di concordato in appello sono soggette a un regime di impugnazione molto restrittivo. La logica è chiara: l’accordo tra le parti implica una rinuncia ai motivi di appello che ne sono oggetto, cristallizzando la pena concordata.

Di conseguenza, non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per riaprire una discussione su aspetti – come il bilanciamento delle circostanze o la quantificazione della pena – che si presumono superati proprio grazie all’accordo raggiunto. La pena finale era stata determinata nel rispetto dei criteri di legge e dell’intesa tra le parti, rendendo le censure dell’imputato non consentite.

Le motivazioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato: il ricorso in Cassazione contro una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per motivi specifici e circoscritti. Questi includono:

1. Vizi della volontà: Se il consenso dell’imputato all’accordo è stato viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Vizi del consenso del Pubblico Ministero: Qualora vi siano state irregolarità nel consenso prestato dalla pubblica accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: Se la sentenza del giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.
4. Illegalità della pena: Quando la sanzione applicata è illegale, ovvero non prevista dalla legge, o applicata al di fuori dei limiti edittali.

Sono invece inammissibili tutte le doglianze relative a motivi rinunciati, come quelle sulla valutazione delle circostanze o sulla mancata applicazione di cause di proscioglimento. Poiché le lamentele del ricorrente non rientravano in nessuna delle categorie ammesse, ma miravano a rimettere in discussione proprio il nucleo dell’accordo, il ricorso è stato respinto. A seguito della dichiarazione di inammissibilità, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza la natura pattizia e vincolante del concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale ottiene il vantaggio di una definizione più rapida e certa della propria posizione, ma al contempo accetta una significativa limitazione del proprio diritto di impugnazione. La decisione di aderire a un concordato deve quindi essere ponderata attentamente con il proprio difensore, tenendo conto che, una volta raggiunto l’accordo e ratificato dal giudice, le possibilità di rimetterlo in discussione in Cassazione sono estremamente ridotte e legate a vizi procedurali gravi, non al merito della sanzione pattuita.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti, una decisione del giudice non conforme all’accordo, o l’applicazione di una pena illegale.

Quali argomenti non possono essere usati per impugnare una sentenza basata su un concordato in appello?
Non si possono contestare gli aspetti che sono stati oggetto dell’accordo e della conseguente rinuncia, come la valutazione della recidiva, il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, o la quantificazione della pena, a meno che questa non risulti illegale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che la Corte di Cassazione non esamina nel merito le questioni sollevate. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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