Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20090 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20090 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, la quale ha chiesto l’annullamento dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello per una nuova valutazione delltaccordo proposto.
Ritenuto in fatto
1. Per quanto ancora rileva, con sentenza del 29 maggio 2023, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, preso atto della concorde richiesta delle parti, ha ridetermiNOME in mesi dieci di reclusione ed euro 156 di multa la pena inflitta a NOME COGNOME per il reato di furto aggravato. La Corte d’appello ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena avanzata dalla difesa del COGNOME in considerazione della gravità del reato ascritto e della negativa personalità dell’istante.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, affidando le proprie censure a un unico motivo, con cui si duole di violazione di legge, con riferimento all’art. 599 bis cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale arbitrariamente modificato i termini dell’accordo raggiunto dal difesa con la Procura generale, che contemplava l’istanza per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Nella formale proposta di concordato, inoltrata alla Procura generale in data 25 maggio 2023, la difesa si riferiva espressamente, infatti, al punto 4) dell’atto d’appello, relativo all’istanza del benefi di cui all’art. 163 cod. pen.
In occasione dell’udienza del 29 maggio 2023 -ricorda inoltre il ricorrente- si dava atto che le parti confermavano il concordato già stabilito e agli atti. Tale concordat altro non era che la riproduzione della proposta inviata dalla difesa il 25 maggio 2023. Pertanto, la Corte d’appello avrebbe dovuto pronunciarsi su tale proposta, accettandola o rigettandola in toto.
3. Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto l’annullamento dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello per una nuova valutazione dell’accordo proposto. Ritiene il Sostituto Procuratore generale che la richiesta avanzata dalla difesa, avente a oggetto il beneficio di cui all’art. 163 co pen., fosse parte integrante del concordato. All’udienza del 29 maggio 2023, il P.g. aveva concluso, infatti, riportandosi al concordato già in atti e producendo copie dello stesso, comprensive della formale richiesta del COGNOME di sospensione condizionale della pena. Pertanto, la Corte territoriale avrebbe disatteso la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non è consentito al giudice di appello frazionare l’accordo intervenuto tra le parti, dovendo, invece, recepirlo per intero ovvero disattenderlo, procedendo, in tal caso, con le forme ordinarie, senza dare luogo al concordato (Sez. 3, n. 25994 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276012 – 0).
Considerato in diritto
1. L’unico motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Occorre premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., in motivazione, Sez. 6, n. 4665 del 20/11/2019, dep. 2020, Furino, Rv. 278114), il procedimento discipliNOME ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen. prevede un negozio giuridico complesso attraverso il quale le parti concordano sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello con rinuncia agli alt eventuali motivi. Prevede inoltre la norma citata che, se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo. È proprio la valenza del “concordato sui motivi”, attraverso il meccanismo della rinuncia, più che quella di applicazione della pena, la caratteristica dell’istituto in esame ad essere, evidenziata nella Relazione al disegno di legge n. 2798/C – presentato dal Governo alla Camera dei deputati il 23 dicembre 2014. La rinuncia, anche soltanto limitata ad alcuni dei motivi di impugnazione, secondo i principi informatori tipici del secondo grado di giudizio, è pienamente rispondente alla logica dispositiva ed alla struttura delle impugnazioni, ove sono fortemente accentuati i poteri delle parti; tale rinuncia è, per principio assolutamente pacifico, irretrattabile, formandosi il giudicato sui relativi punti dell decisione. Da tali premesse si è coerentemente desunto che, nel cd. concordato in appello, la dichiarazione di rinuncia dell’imputato ai motivi sulla responsabilità non è suscettibile di revoca, neppure implicita, perdendo effetto, ai sensi dell’art. 599 bis, comma 3, cod. proc. pen., solo nel caso di mancato accoglimento della proposta di pena concordata (Sez. 2, n. 43893 del 04/11/2021, COGNOME, Rv. 282312 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ora, in tale contesto, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, come ricordato dal Procuratore generale, che è illegittima la decisione del giudice di appello che si limiti ad applicare la pena nella misura concordata, senza statuire sulla richiesta del beneficio della sospensione condizionale della pena cui sia subordiNOME l’accordo delle parti, poiché il beneficio si pone come elemento determinante nel processo di formazione della volontà negoziale della parte, rappresentando, quindi, una componente costitutiva della piattaforma negoziale, sulla quale si è perfezioNOME il suddetto accordo (Sez. 3, n. 25994 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276012, la quale, in motivazione, ha precisato che non è consentito al giudice di appello frazionare l’accordo
intervenuto tra le parti, dovendo, invece, recepirlo per intero ovvero disattenderlo, procedendo, in tal caso, con le forme ordinarie, senza dare luogo al concordato).
Con specifico riferimento al tema della sospensione condizionale della pena, infatti, la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ove non abbia formato oggetto dell’accordo, è rimessa alla valutazione del giudice anche nel caso in cui la questione sia stata a quest’ultimo devoluta su richiesta del solo imputato (Sez. 3, n. 3690 del 07/10/2022, dep. 2023, Padolini, Rv. 284132 – 01).
Si tratta, perciò, di comprendere -alla stregua delle risultanze processuali, cui questa Corte ha accesso, in virtù della natura processuale del vizio dedotto (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01)- su quali motivi sia intervenuta rinuncia e su quale oggetto si sia realizzato l’accordo processuale.
Ciò posto, secondo quanto lo stesso ricorrente riconosce, la proposta nella quale si chiedeva «l’accordo sulla sopra richiamata riduzione della pena finale oltre che sulla concessione del beneficio di cui all’art. 163 c.p.», è stata trasmessa dal difensore alla Procura generale alle 16,24, dopo che l’udienza del 25 maggio 2023 era stata rinviata al successivo 29 maggio 2023, per consentire al difensore del coimputato di munirsi di procura speciale. Senonché, il verbale dell’udienza del 25 maggio 2023 attesta come il difensore del COGNOME fosse già munito di procura speciale per formulare richiesta di concordato. In quell’occasione, il P.G. dava atto dell’esistenza di un accordo quanto alla determinazione della pena, nei termini successivamente recepiti dalla sentenza impugnata. Si legge nel medesimo verbale che le parti (entrambe le parti, quindi anche il difensore del COGNOME munito di procura speciale) davano atto «che la richiesta comporta la rinuncia ad ogni altra impugnazione». Solo dopo questa indicazione si dà atto di una richiesta – a questo punto unilaterale, in quanto proveniente dal solo difensore e successiva all’accordo formalizzato per iscritto a verbale – dell’AVV_NOTAIO che chiedeva la sospensione della pena, senza null’altro aggiungere.
In altri termini, il verbale non dà atto né di una subordinazione della richiesta all concessione della sospensione condizionale della pena, né di un accordo del AVV_NOTAIO. in tal senso.
Ormai cristallizzatisi l’accordo e la previa rinuncia «ad ogni altra impugnazione», deve ritenersi che l’accordo -atto abdicativo, ormai irretrattabile alla stregua del giurisprudenza sopra ricordata- travolgesse il quarto motivo dell’appello, con cui appunto si insisteva per la richiesta della sospensione condizionale della pena.
In tale contesto, occorrerebbe individuare, prima della decisione della Corte d’appello, ossia prima della chiusura dell’udienza del 29 maggio 2023, un accordo di segno contrario idoneo a rendere la richiesta di sospensione condizionale oggetto del negozio e non di una istanza unilaterale che, in quanto tale, per quanto sopra detto, non vincola la Corte a recepire o a respingere in toto il concordato. Solo in questo caso,
potrebbe porsi il problema della giuridica rilevanza di siffatto accordo modificativo, ossia se esso sia o non idoneo a superare l’accordo precedente, alla luce della natura pubblicistica del negozio stesso.
Tuttavia, quest’ulteriore passaggio non è necessario: infatti, nel verbale del 29 maggio 2023 si legge che «le parti confermano il concordato già stabilito nel verbale precedente». Vi è poi una indicazione redatta a pena e non perspicua in cui, dopo la scritta a stampa «Il Pubblico Ministero conclude» si legge «e si riportano al concordato già in atti» (e sino a questo punto, il concordato non può che essere quello del precedente verbale del quale si era prima dato atto) «e produce» -l’uso del singolare è indicativo del fatto che non si tratta di iniziativa congiunta- «la copia del concordato». Allegata al verbale del 29 maggio 2023 è presente la propo:sta trasmessa nel pomeriggio del 25 maggio 2023, ma essa non reca alcun cenno di adesione del P.G. e non può essere intesa come oggetto di un diverso accordo rispetto a quello iniziale, poiché l’unico cenno alla produzione della copia non è, secondo la valutazione del Collegio, espressione di una volontà del P.G.
Siffatta conclusione trova conferma nel rilievo che, sulla richiesta di revoca della misura cautelare, lo stesso P.COGNOME. il 29 maggio 2023 ebbe ad esprimere parere contrario.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 c:od. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12/01/2024
Il Consigliere estensore