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Concordato in appello: i limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un concordato in appello per la rideterminazione della pena, lamentava la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento. Secondo la Corte, l’adesione al concordato in appello comporta la rinuncia ai motivi di impugnazione, limitando la possibilità di ricorrere in Cassazione solo a vizi relativi alla formazione della volontà di accordo.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i confini del successivo ricorso, stabilendo che l’accordo implica una rinuncia ai motivi d’appello, rendendo inammissibili doglianze che li ripropongano. Analizziamo la vicenda e la decisione dei giudici di legittimità.

I Fatti di Causa

Un imputato, condannato in primo grado dal Tribunale per diversi reati (tra cui quelli previsti dagli artt. 291-bis d.P.R. n. 43/1973, 474 e 648 c.p.), presentava appello. In sede di giudizio di secondo grado, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo sulla pena. La Corte di Appello, in parziale riforma della prima sentenza, riduceva la sanzione nei termini concordati, confermando nel resto la condanna.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: l’omessa valutazione da parte della Corte territoriale delle condizioni per un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., ovvero l’obbligo del giudice di assolvere l’imputato in presenza di determinate cause anche in sede di appello.

Il Principio del Concordato in Appello e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo fondato su motivi non consentiti dalla legge. Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa del concordato in appello. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’accordo sulla pena in appello comporta una rinuncia implicita ai motivi di impugnazione precedentemente formulati.

In virtù dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato rinuncia ai motivi, la cognizione del giudice d’appello è limitata ai soli punti che non sono stati oggetto di rinuncia. Di conseguenza, non è possibile, dopo aver beneficiato di una riduzione di pena grazie al concordato, lamentare in Cassazione questioni che si sarebbero dovute considerare superate dall’accordo stesso, come la possibile sussistenza di cause di proscioglimento.

le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che il ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo se contesta vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato. Ad esempio, si potrebbe contestare che il consenso sia stato viziato da errore, violenza o dolo. Al contrario, sono inammissibili tutte le doglianze relative ai motivi d’appello a cui si è rinunciato. Accettando il concordato, l’imputato accetta la condanna e si concentra esclusivamente sulla quantificazione della pena, rinunciando a far valere eventuali vizi della sentenza di primo grado o a chiedere un’assoluzione nel merito.

La cognizione del giudice, quindi, si restringe all’applicazione dell’accordo, senza poter riesaminare il merito della colpevolezza. Proporre un ricorso basato sulla mancata assoluzione significa contraddire la logica stessa dell’accordo e tentare di riaprire una discussione che si è scelto volontariamente di chiudere.

le conclusioni

La decisione in esame offre un importante monito pratico: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze processuali definitive. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, a fronte del beneficio di una pena più mite, si perde la possibilità di contestare nel merito la decisione di condanna. Il ricorso in Cassazione rimane un’opzione, ma estremamente limitata, circoscritta ai soli vizi genetici dell’accordo e non più alle questioni di fondo del processo. L’inammissibilità del ricorso e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria ne sono la diretta conseguenza.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver accettato un concordato in appello?
Sì, ma solo se si deducono motivi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo (ad esempio, se il consenso è stato viziato). Non è possibile lamentarsi di questioni che si considerano rinunciate con l’accordo stesso.

Cosa comporta l’accettazione di un concordato in appello riguardo ai motivi di impugnazione?
L’accettazione del concordato comporta la rinuncia ai motivi di appello precedentemente presentati. Di conseguenza, la cognizione del giudice viene limitata ai termini dell’accordo, escludendo una nuova valutazione del merito.

Dopo un concordato in appello, si può contestare in Cassazione la mancata assoluzione?
No. Secondo la Corte, la doglianza relativa alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. rientra tra i motivi rinunciati con l’accordo e, pertanto, il ricorso basato su tale punto è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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