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Concordato in appello: i limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’. La Corte ha chiarito che, una volta accettato l’accordo, non è più possibile contestare la mancata valutazione da parte del giudice di eventuali cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), poiché tali motivi si intendono rinunciati con il patto stesso.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando la strada per la Cassazione è chiusa

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui imputato e Procura possono accordarsi sull’entità della pena in secondo grado, rinunciando ad altri motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi limiti entro cui è possibile impugnare la sentenza che ratifica tale accordo, sottolineando la natura quasi definitiva del patto.

I Fatti del Caso

Nel caso in esame, un imputato aveva proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello che, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva rideterminato la pena proprio sulla base di un accordo raggiunto tra le parti. Il difensore lamentava un vizio di motivazione, sostenendo che i giudici d’appello non avessero adeguatamente considerato la possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: quando si accede al concordato in appello, si accetta un pacchetto chiuso che preclude la possibilità di sollevare successivamente determinate questioni. La doglianza relativa alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento rientra proprio tra i motivi a cui si rinuncia implicitamente con l’accordo.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. Esso è un patto processuale che implica una rinuncia. L’imputato, a fronte di una pena concordata e potenzialmente più mite, rinuncia a contestare la decisione di primo grado su altri fronti. Pertanto, lamentare in Cassazione che il giudice d’appello non abbia esplorato d’ufficio eventuali cause di assoluzione (ex art. 129 c.p.p.) è una contraddizione logica e giuridica.

La Corte specifica che il ricorso avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per ragioni molto specifiche, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà: se il consenso dell’imputato all’accordo è stato viziato.
2. Mancato consenso del pubblico ministero: se l’accordo è stato ratificato senza il necessario consenso della pubblica accusa.
3. Decisione difforme dall’accordo: se il giudice ha emesso una pronuncia che non rispecchia i termini del patto.
4. Illegalità della pena: se la sanzione applicata è illegale, ovvero non prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali.

Qualsiasi altro motivo, inclusa la presunta omessa valutazione di cause di non punibilità, è da considerarsi coperto dalla rinuncia insita nell’accordo e, di conseguenza, inammissibile in sede di legittimità. Nel caso di specie, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza il valore del concordato in appello come strumento di definizione quasi tombale del processo. Per gli avvocati e i loro assistiti, emerge con chiarezza l’importanza di una valutazione strategica estremamente ponderata prima di accedere a tale istituto. La scelta di concordare la pena in appello chiude la porta a gran parte delle possibili contestazioni future, cristallizzando la posizione processuale. La decisione, quindi, non deve essere presa alla leggera, ma deve basarsi su un’attenta analisi dei rischi e dei benefici, con la piena consapevolezza che le vie di impugnazione successive saranno estremamente limitate.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di ‘concordato in appello’ lamentando che il giudice non ha valutato le cause di proscioglimento?
No, secondo la Corte di Cassazione questa doglianza è inammissibile. L’adesione all’accordo comporta la rinuncia a sollevare tali motivi, che non possono quindi essere fatti valere successivamente.

Quali sono i motivi validi per ricorrere in Cassazione dopo un ‘concordato in appello’?
Il ricorso è consentito solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, un contenuto della sentenza difforme dal patto raggiunto, o l’applicazione di una pena illegale (cioè non prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, oltre al rigetto dell’impugnazione, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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