Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26533 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME COGNOME, nato a Telese Terme il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Telese Terme il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nata a Santa Maria Capua Vetere il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 04-04-2023 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 aprile 2023, per quanto in questa sede rileva, la Corte di appello di Napoli, pronunciandosi ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen. e in parziale riforma della decisione del 7 ottobre 2022 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Benevento, applicava le pene di giustizia ad NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in relazione a vari episodi del reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 309 del 1990, confermando nel resto la pronuncia del G.U.P.
Avverso la sentenza della Corte di appello partenopea, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tramite il loro comune difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa censura la conferma della statuizione della confisca disposta nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, rimarcando la mancata prova che le somme sequestrate costituiscano il profitto o il vantaggio del reato, risalendo le somme accreditate sui libretti oggetto di sequestro a date non coincidenti con il lasso temporale in cui si è sviluppata l’indagine, trattandosi d somme di comprovata provenienza lecita, per cui, venendo meno il nesso di pertinenzialità tra denaro e reato, la confisca del primo non poteva avere luogo.
Con il secondo motivo, è stata dedotta la violazione dell’art. 129 cod. proc. pen., dolendosi la difesa della mancata verifica delle condizioni per giungere al proscioglimento nel merito degli imputati, i quali nell’immediatezza avevano offerto elementi idonei a escludere l’evento delittuoso loro ascritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
In via preliminare, occorre richiamare l’affermazione costante della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, Rv. 278170 e Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Rv. 276102), secondo cui, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ov diversa da quella prevista dalla legge, non rientrando le doglianze sollevate dai ricorrenti tra quelle ammissibili in questa sede, a iniziare da quella sollevata con il secondo motivo, formulato peraltro in termini evidentemente generici e assertivi.
2 GLYPH
Quanto al primo motivo, deve solo aggiungersi che quello sulla confisca rientrava tra i motivi rinunciati, per cui legittimamente la Corte territoriale omesso di argomentare circa la statuizione ablativa adottata dal primo giudice. Né può sostenersi che il tema della confisca rientrasse nel “trattamento sanzionatorio”, in ordine al quale è stato recepito l’accordo delle parti, posto che la confisca esula dalle questioni che attengono alla determinazione della pena, trattandosi di provvedimento autonomo nei suoi presupposti applicativi, dovendosi peraltro evidenziare che la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato (cfr. Sez. 5, n. 19350 del 24/03/2021, Rv. 281106) che per “parti” della sentenza devono intendersi le statuizioni aventi un’autonomia giuridico-concettuale, come appunto si configura quella sulla confisca, di cui vanno rimarcate dunque la specificità e l’indipendenza dalle questioni che attengono alla misura della pena.
Stante la manifesta infondatezza delle doglianze sollevate, i ricorsi devono essere dichiarati quindi inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto infine della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 20/03/2024