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Concordato in appello: i limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9969/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.). La Corte ha ribadito che, una volta accettato il patteggiamento in appello, non è possibile contestare in Cassazione la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o vizi relativi alla determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale. L’accordo processuale implica la rinuncia a tali motivi.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare, rinunciando ad alcuni motivi di impugnazione. Tuttavia, quali sono i limiti per contestare la sentenza che ne deriva? Con la recente ordinanza n. 9969 del 2024, la Corte di Cassazione ha tracciato confini precisi, dichiarando inammissibile un ricorso che sollevava questioni ormai precluse dalla scelta processuale dell’imputato.

Il Percorso Giudiziario del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta. L’imputato, tramite i propri difensori, aveva richiesto e ottenuto l’applicazione del concordato in appello. La Corte, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva concesso le attenuanti generiche, ritenendole equivalenti all’aggravante contestata, e aveva rideterminato la pena in sei anni di reclusione e 1500 euro di multa.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando due principali vizi:
1. Violazione di legge e mancanza di motivazione, sostenendo che una motivazione adeguata fosse necessaria anche in caso di concordato.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., che prevede il proscioglimento immediato in caso di evidenza dell’innocenza.

La Decisione della Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la scelta di accedere al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a far valere determinate doglianze.

Il ricorso avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per questioni specifiche, che non sono state oggetto della rinuncia. Richiamare elementi che avrebbero dovuto essere discussi nel merito, come la valutazione delle prove o la sussistenza di cause di proscioglimento, significa contraddire la scelta processuale effettuata.

Le Motivazioni: i paletti al ricorso dopo il concordato in appello

La Corte ha spiegato che il ricorso in Cassazione contro una sentenza frutto di concordato in appello è ammissibile solo per motivi che attengono a:

* Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
* Vizi relativi al consenso del pubblico ministero.
* Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Sono invece inammissibili, come nel caso di specie, le censure relative a:

* Motivi rinunciati con l’accordo.
* La mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.
* Vizi nella determinazione della pena, a meno che non si traducano in una sanzione illegale (ad esempio, fuori dai limiti edittali previsti dalla legge) o diversa da quella prevista dalla norma.

L’imputato, scegliendo il concordato, ha accettato un determinato esito processuale in cambio di una pena certa e potenzialmente più mite, rinunciando implicitamente a contestare la propria colpevolezza e altri aspetti che non rientrano nei ristretti limiti di impugnabilità sopra descritti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida l’orientamento secondo cui il concordato in appello è una scelta strategica con conseguenze processuali definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente questa opzione, consapevoli che essa preclude la possibilità di sollevare in Cassazione la maggior parte delle questioni di merito e di diritto che non riguardino la validità dell’accordo stesso. La decisione della Cassazione rafforza la natura negoziale dell’istituto, sottolineando che l’accordo processuale, una volta validamente concluso, non può essere rimesso in discussione attraverso argomenti che ne contraddicono la logica e le finalità.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi specifici. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà di aderire al concordato, problemi relativi al consenso del pubblico ministero, o se la sentenza finale è difforme dall’accordo raggiunto.

Si può contestare la mancata assoluzione secondo l’art. 129 c.p.p. dopo aver accettato un concordato in appello?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che le doglianze relative alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. sono inammissibili, poiché la scelta del concordato implica una rinuncia a tali motivi.

Cosa accade se il ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’ viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stimata equa dal giudice, in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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