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Concordato in appello: i limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35503/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di concordato in appello. La Corte ha ribadito che la rinuncia ai motivi d’appello limita la cognizione del giudice e preclude la possibilità di contestare in Cassazione questioni rinunciate, come la mancata assoluzione nel merito o la commisurazione della pena, a meno che questa non sia illegale.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione ne definisce i limiti

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente a imputato e Pubblico Ministero di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi di appello, con rinuncia agli altri. Ma quali sono le conseguenze di questa scelta? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 35503/2025, fa chiarezza sui limiti dell’impugnabilità della sentenza che recepisce tale accordo, confermando la sua natura quasi tombale.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato, condannato in primo grado per un reato legato agli stupefacenti, stringeva un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello. L’accordo prevedeva la rinuncia a tutti i motivi di gravame, ad eccezione di quello relativo alla riduzione della pena. La Corte d’Appello, recependo l’accordo, rideterminava la sanzione in due anni e sei mesi di reclusione e 3.000 euro di multa.
Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’omessa motivazione su diversi punti: l’insussistenza di cause di proscioglimento nel merito (ex art. 129 c.p.p.), l’equivalenza delle circostanze e la mancata applicazione di pene sostitutive. In pratica, tentava di riaprire questioni a cui aveva esplicitamente rinunciato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accordo tra le parti in appello limita in modo decisivo l’ambito del giudizio. La rinuncia ai motivi di impugnazione non è un atto formale, ma una scelta processuale che produce un effetto preclusivo, cristallizzando la decisione sui punti non più in discussione.

Le Motivazioni del concordato in appello

Il cuore della motivazione risiede nell’effetto vincolante del concordato in appello. La Cassazione spiega che, una volta perfezionato l’accordo e rinunciato a specifici motivi, la cognizione del giudice è limitata esclusivamente ai punti che non sono stati oggetto di rinuncia.

L’effetto preclusivo dell’accordo

La Corte ribadisce che l’accordo produce un effetto preclusivo non solo sulle questioni sollevate dalle parti, ma anche su quelle rilevabili d’ufficio. Ciò significa che il giudice d’appello non è tenuto a motivare sul perché non ha prosciolto l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (ad esempio, per insussistenza del fatto). La stessa adesione al concordato, infatti, implica un’accettazione del giudizio di colpevolezza e una rinuncia a contestarlo nel merito.
Di conseguenza, il ricorso in Cassazione diventa inammissibile se ripropone doglianze relative a:
1. Motivi rinunciati: È impossibile rimettere in discussione punti coperti dalla rinuncia.
2. Mancata valutazione dell’assoluzione: L’accordo preclude la valutazione di cause di proscioglimento nel merito.
3. Commisurazione della pena: Non si possono contestare vizi nella determinazione della pena (purché non sia illegale), se il motivo relativo è stato abbandonato.

L’unica eccezione rilevante, citata dalla Corte richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza “Fazio”), riguarda la prescrizione del reato maturata prima della sentenza di appello. Solo in quel caso, la mancata declaratoria di estinzione del reato può essere validamente contestata in Cassazione. In questo caso, invece, le censure erano di merito e quindi precluse dall’accordo.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento rigoroso: la scelta di aderire al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato che accetta questa via ottiene una pena certa e potenzialmente più mite, ma al contempo si preclude quasi ogni possibilità di ulteriore impugnazione. La sentenza che ne deriva è attaccabile in Cassazione solo per vizi gravissimi, come l’illegalità della pena o un difetto nella formazione del consenso all’accordo, ma non per riesaminare il merito della vicenda o la congruità della sanzione pattuita. Questa pronuncia serve da monito: il concordato è una porta che, una volta varcata, si chiude quasi ermeticamente alle proprie spalle.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di “concordato in appello” per lamentare la mancata assoluzione nel merito?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo ha un effetto preclusivo. La rinuncia ai motivi di appello limita la cognizione del giudice e impedisce di sollevare doglianze sui motivi rinunciati, inclusa la mancata valutazione di cause di proscioglimento nel merito ex art. 129 c.p.p.

Se si accetta un concordato in appello rinunciando a tutti i motivi tranne la riduzione della pena, si può poi contestare la quantificazione della pena in Cassazione?
No, a meno che la pena inflitta sia palesemente illegale (ad esempio, superiore al massimo edittale). La Cassazione chiarisce che sono inammissibili i vizi attinenti alla determinazione del trattamento sanzionatorio se rientravano tra i motivi d’appello a cui si è rinunciato.

La rinuncia ai motivi di appello nel concordato preclude anche le questioni che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio?
Sì. Secondo la sentenza, l’accordo limita la cognizione del giudice di secondo grado ai soli motivi non oggetto di rinuncia, producendo effetti preclusivi anche sulla maggior parte delle questioni rilevabili d’ufficio. L’eccezione principale riguarda l’estinzione del reato per prescrizione, se maturata prima della pronuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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