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Concordato in appello: i limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 14/11/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello. L’accordo sulla pena, infatti, preclude la possibilità di sollevare successive doglianze su questioni rinunciate, come il riconoscimento della recidiva o la concessione delle attenuanti generiche, confermando la natura vincolante di tale istituto processuale.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che permette di definire il giudizio di secondo grado con un accordo sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i limiti dell’impugnazione successiva a tale accordo, chiarendo quali motivi non possono più essere sollevati.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Torino. In sede di appello, la difesa dell’imputato e la Procura Generale raggiungevano un accordo ai sensi dell’art. 599 bis del codice di procedura penale. L’imputato, tramite il suo difensore munito di procura speciale, rinunciava a tutti i motivi di appello ad eccezione di quelli relativi alla quantificazione della pena. La Corte d’Appello di Torino, accogliendo il concordato, riformava parzialmente la sentenza di primo grado e rideterminava la pena per una serie di delitti, tenendo conto anche della recidiva reiterata.

Il Ricorso in Cassazione: i Motivi di Doglianza

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. I motivi del ricorso si basavano su presunti vizi di violazione di legge e di motivazione. In particolare, si lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente omesso di escludere la recidiva e di concedere le attenuanti generiche, riproducendo acriticamente le argomentazioni della sentenza di primo grado.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, bollandolo come proposto per motivi non consentiti e manifestamente infondato. La decisione si fonda su un principio giuridico consolidato (ius receptum) secondo cui, in tema di concordato in appello, il successivo ricorso in cassazione è ammissibile solo in casi molto specifici.

Le Motivazioni della Corte

I giudici di legittimità hanno spiegato che la rinuncia ai motivi di impugnazione e l’accordo sulla quantificazione della pena precludono la deducibilità di questioni relative al merito della responsabilità e alla commisurazione della sanzione. L’accordo, per sua natura, include una valutazione complessiva di tutti gli elementi che concorrono a determinare la pena finale, compresa la recidiva e le circostanze attenuanti. Aver accettato il concordato significa aver accettato implicitamente anche la valutazione di questi elementi.

Di conseguenza, non è più possibile, in sede di Cassazione, contestare la mancata concessione delle attenuanti o il riconoscimento della recidiva. L’accordo siglato tra le parti processuali cristallizza la pena e le questioni ad essa connesse. L’unico spiraglio per un ricorso in Cassazione riguarda vizi legati alla formazione della volontà di accedere al concordato, al consenso del Procuratore Generale o a un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo stesso. Nel caso di specie, i motivi proposti dall’imputato non rientravano in queste limitate eccezioni, ma tentavano di riaprire una discussione sul merito, ormai preclusa dalla rinuncia espressa in appello.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la natura definitiva e vincolante del concordato in appello. Chi sceglie questa via processuale deve essere consapevole che sta compiendo una rinuncia tombale alla maggior parte dei motivi di impugnazione. Il beneficio di una pena concordata e potenzialmente più mite si paga con la perdita della facoltà di contestare nel merito la decisione del giudice d’appello. La Corte di Cassazione, con la declaratoria di inammissibilità e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, invia un messaggio chiaro: il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per rimettere in discussione patti processuali liberamente e consapevolmente sottoscritti.

Dopo un concordato in appello è possibile ricorrere in Cassazione?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, come quelli relativi alla formazione della volontà delle parti, al consenso del Procuratore Generale o a una decisione del giudice non conforme all’accordo. Non è possibile contestare questioni di merito oggetto di rinuncia.

Quali argomenti non possono essere usati nel ricorso in Cassazione dopo un accordo sulla pena?
Non si possono contestare gli elementi che hanno contribuito alla quantificazione della pena oggetto dell’accordo, come il riconoscimento della recidiva o la mancata concessione delle attenuanti generiche, in quanto si considerano questioni a cui si è rinunciato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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