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Concordato in appello e ricorso: i limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per tentato omicidio e altri reati. Dopo una condanna in primo grado, in appello le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena (il cosiddetto concordato in appello) con conseguente riduzione della stessa. La Suprema Corte ha stabilito che, avendo accettato tale accordo, gli imputati non potevano più contestare in Cassazione né la loro responsabilità né la congruità della pena, poiché il concordato in appello implica una rinuncia a tali motivi di impugnazione.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando la Cassazione chiude la porta al ricorso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 26569/2024) offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso contro una sentenza che recepisce un concordato in appello. La decisione sottolinea come l’accordo sulla pena in secondo grado precluda, di fatto, la possibilità di contestare successivamente la responsabilità penale e la congruità della sanzione. Analizziamo insieme la vicenda processuale e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Tutto ha origine da un grave episodio avvenuto nell’agosto 2021 nel parcheggio di un ristorante. A seguito di un’accesa discussione tra due gruppi di persone, dal sedile del passeggero di un’utilitaria venivano esplosi dei colpi d’arma da fuoco all’indirizzo di un uomo, che fortunatamente riusciva a mettersi al riparo. I proiettili, pur non colpendo la vittima designata, danneggiavano due veicoli parcheggiati nelle vicinanze. Le indagini portavano all’identificazione di tre individui, successivamente imputati in concorso per tentato omicidio aggravato, porto e detenzione illegale di arma e danneggiamento.

In primo grado, il Giudice per le indagini preliminari, con rito abbreviato, li dichiarava colpevoli, escludendo l’aggravante della premeditazione e condannandoli a pene detentive significative.

L’Accordo sulla Pena e il Concordato in Appello

In secondo grado, la difesa degli imputati e la Procura Generale raggiungevano un accordo sulla pena da applicare, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, il cosiddetto concordato in appello. Le parti concordavano una rideterminazione della pena, con l’esclusione di alcune aggravanti e il riconoscimento delle attenuanti generiche, in cambio della rinuncia agli altri motivi di appello. La Corte d’Appello, ratificando l’accordo, riformava la sentenza di primo grado e applicava pene notevolmente più miti.

Il Ricorso in Cassazione e le Motivazioni della Suprema Corte

Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori di due degli imputati proponevano ricorso per cassazione. Un ricorso lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo all’affermazione di responsabilità, sostenendo che non vi fosse prova certa della volontà omicida. L’altro, invece, contestava la mancanza di motivazione sulla dosimetria della pena.

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, basando la sua decisione sulla natura stessa del concordato in appello.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: l’accordo sulla pena in appello costituisce un negozio processuale attraverso il quale le parti dispongono dei propri poteri, con una conseguente preclusione. Accettando il concordato, l’imputato rinuncia a contestare i punti della sentenza che non sono stati oggetto di accordo. La cognizione del giudice d’appello viene così limitata ai soli motivi non rinunciati.

Nel caso di specie, gli imputati avevano concordato sia la loro responsabilità (rinunciando ai relativi motivi di appello) sia la pena finale. Di conseguenza, sollevare in Cassazione questioni relative proprio alla valutazione delle prove sulla colpevolezza e alla determinazione della pena risultava una mossa processualmente inammissibile. Tali doglianze, scrive la Corte, sono “generiche ed eccentriche rispetto al novero delle censure ammissibilmente deducibili”.

La Suprema Corte ha precisato che il ricorso avverso una sentenza di “patteggiamento in appello” è consentito solo in casi eccezionali, come l’omessa declaratoria di una causa di estinzione del reato (ad esempio, la prescrizione) che il giudice avrebbe dovuto rilevare d’ufficio. Poiché i motivi proposti non rientravano in queste ristrette ipotesi, sono stati respinti.

Le Conclusioni

La sentenza in esame conferma la stabilità delle sentenze emesse a seguito di un concordato in appello. Questo strumento processuale, se da un lato offre all’imputato la possibilità di ottenere una pena più favorevole, dall’altro comporta una rinuncia quasi totale a ulteriori gradi di giudizio sul merito della vicenda. La decisione della Cassazione serve da monito: la scelta di aderire a un accordo sulla pena deve essere ponderata attentamente, poiché preclude la possibilità di rimettere in discussione l’accertamento di colpevolezza e la sanzione concordata davanti alla Suprema Corte.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
No, di regola non è possibile. La sentenza stabilisce che, una volta ratificato l’accordo sulla pena, le parti rinunciano ai motivi di impugnazione e non possono contestare in Cassazione né la responsabilità penale né la congruità della pena concordata.

Quali sono le uniche eccezioni che permettono un ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi molto specifici, come l’omessa declaratoria di una causa di non punibilità (ad esempio, la prescrizione del reato maturata prima della sentenza d’appello) che il giudice avrebbe dovuto rilevare d’ufficio, anche senza una specifica richiesta della parte.

Perché i ricorsi degli imputati in questo caso sono stati dichiarati inammissibili?
Perché contestavano la valutazione della prova di colpevolezza e la motivazione sulla pena, ovvero proprio gli aspetti che erano stati oggetto del concordato ratificato in appello. Avendo accettato l’accordo, gli imputati avevano implicitamente rinunciato a sollevare tali questioni in un’ulteriore sede di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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