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Concordato in appello e pena illegale: la Cassazione

La Cass. Pen., Sez. 6, n. 52110/2019, stabilisce che la sopravvenuta illegalità della pena, a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale, travolge l’intero accordo basato sul concordato in appello. La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ritenendo l’accordo sulla pena inscindibile dalla rinuncia ai motivi di appello, e ha rinviato gli atti alla Corte d’Appello per una nuova valutazione alla luce dei nuovi e più favorevoli parametri edittali.

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Pubblicato il 11 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Concordato in Appello: l’Effetto Travolgente della Pena Illegale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale del diritto processuale penale: le sorti del concordato in appello quando la pena pattuita diventa illegale per una successiva pronuncia della Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 52110 del 2019, i giudici di legittimità hanno stabilito che l’intero accordo viene travolto, imponendo di fatto una “ripartenza” del processo d’appello.

I Fatti di Causa: Il Ricorso in Cassazione

Due imputati, condannati per detenzione di un ingente quantitativo di stupefacenti, avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte di Appello, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Tale accordo, recepito dalla Corte territoriale, prevedeva la rideterminazione della pena sulla base di un minimo edittale di otto anni di reclusione, come stabilito dall’allora vigente art. 73, comma 1, del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/90).

Successivamente alla sentenza d’appello, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 40 del 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale norma, riducendo il minimo edittale da otto a sei anni di reclusione. La difesa ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando la “sopravvenuta illegalità” della pena applicata in base a un accordo fondato su una norma incostituzionale.

Concordato in Appello e Illegalità: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata e disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Roma.

Il punto centrale della decisione è che la sopravvenuta illegalità della pena non consente una semplice “correzione” del calcolo, ma inficia la validità dell’intero concordato in appello. Secondo la Suprema Corte, l’accordo sulla pena e la rinuncia ai restanti motivi di appello sono due elementi di un patto unitario e inscindibile. Se uno dei due pilastri crolla, l’intera struttura ne viene travolta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base della struttura stessa dell’istituto del concordato in appello. L’articolo 599-bis c.p.p. delinea una stretta correlazione tra la richiesta di accoglimento di alcuni motivi, l’accordo sulla pena e la rinuncia ai motivi residui. Questa interdipendenza è funzionale a definire il giudizio in modo più celere.

Quando il giudice non accoglie la richiesta concordata, la legge prevede che sia la richiesta che la rinuncia ai motivi perdano effetto, e il processo prosegue normalmente con l’esame di tutti i motivi d’appello. Analogamente, se la base legale su cui poggia l’accordo sulla pena viene meno – come nel caso di una dichiarazione di incostituzionalità – l’intero patto processuale perde la sua validità.

La Cassazione ha chiarito che non si può separare la parte dell’accordo relativa alla pena da quella relativa alla rinuncia ai motivi. L’accordo si è formato su presupposti normativi (una pena minima di 8 anni) che non esistono più. Di conseguenza, le parti devono essere rimesse nella condizione di poter valutare se raggiungere un nuovo accordo sulla base dei nuovi e più favorevoli parametri edittali (pena minima di 6 anni).

Conclusioni: L’Indivisibilità dell’Accordo Processuale

La sentenza in esame afferma un principio di fondamentale importanza: l’illegalità sopravvenuta della pena basata su una norma dichiarata incostituzionale determina la nullità dell’intero accordo processuale ex art. 599-bis c.p.p. Non è possibile “salvare” la rinuncia ai motivi di appello e ricalcolare solo la pena. L’accordo è un “unicum” inscindibile.

Questa decisione garantisce il diritto dell’imputato a beneficiare della legge penale più favorevole (principio del favor rei), anche quando questa derivi da una pronuncia della Consulta successiva a un accordo processuale. In pratica, la Corte di Cassazione ha restituito la palla alle parti, che dovranno tornare davanti alla Corte d’Appello per valutare se stipulare un nuovo accordo alla luce del mutato e più mite quadro sanzionatorio.

Cosa succede a un “concordato in appello” se la norma usata per calcolare la pena viene dichiarata incostituzionale?
Secondo la sentenza, la sopravvenuta illegalità della pena travolge l’intero accordo. L’accordo sulla pena e la rinuncia ai motivi di appello sono considerati inscindibili, quindi la nullità di una parte rende nullo l’intero patto processuale.

La rinuncia agli altri motivi di appello rimane valida se l’accordo sulla pena viene annullato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la rinuncia ai motivi di impugnazione è un elemento imprescindibile e funzionale all’accordo sulla pena. Se l’accordo sulla pena viene meno perché basato su una norma incostituzionale, anche la rinuncia perde ogni effetto.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza ma ha trasmesso gli atti alla Corte d’Appello?
La Corte ha annullato la sentenza che recepiva l’accordo perché illegittima. Ha trasmesso gli atti alla Corte d’Appello per consentire alle parti (accusa e difesa) di valutare la possibilità di raggiungere un nuovo accordo, questa volta basato sui nuovi e più favorevoli parametri di pena stabiliti dalla Corte Costituzionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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