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Concordato in appello e assenza: quando è valida?

Due imputati ricorrono contro una sentenza della Corte d’Appello che applicava un concordato in appello. Uno degli imputati, detenuto, lamentava la mancata posticipazione dell’udienza nonostante un legittimo impedimento a comparire. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del co-imputato per carenza di interesse e ha rigettato quello dell’imputato detenuto. La Corte ha stabilito che la procura speciale per il concordato in appello implica un consenso implicito a procedere in assenza, a meno che l’imputato non chieda espressamente di essere sentito.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello e Diritto a Presenziare: L’Analisi della Cassazione

Il concordato in appello rappresenta uno strumento processuale finalizzato a una più rapida definizione dei giudizi, ma solleva questioni delicate riguardo ai diritti dell’imputato, specialmente quando questi si trova in stato di detenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: la scelta di aderire a un concordato tramite procura speciale al proprio difensore implica una rinuncia implicita a presenziare all’udienza, a meno di una esplicita richiesta contraria. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Processo

Il caso nasce dalla decisione della Corte d’Appello di Roma, che, accogliendo un accordo tra le parti ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale (il cosiddetto concordato in appello), aveva applicato a due imputati la pena di sei mesi di reclusione e una multa. Avverso tale sentenza, entrambi gli imputati proponevano ricorso per cassazione tramite il loro comune difensore.

Il Ricorso in Cassazione e la questione del concordato in appello

Il motivo centrale del ricorso era una presunta violazione delle norme procedurali. In particolare, si sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non rinviare l’udienza nonostante fosse pervenuta una certificazione medica dall’istituto penitenziario. Tale certificato attestava un legittimo impedimento a comparire per uno degli imputati, che si trovava detenuto e non aveva formalmente rinunciato a presenziare al suo processo.
La difesa riteneva che questa omissione costituisse una nullità tale da invalidare la sentenza emessa, poiché lesiva del diritto dell’imputato a partecipare attivamente al proprio giudizio.

La Decisione della Suprema Corte sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha esaminato separatamente le posizioni dei due ricorrenti, giungendo a conclusioni diverse.

La Posizione del co-imputato

Per il primo ricorrente, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione è di natura strettamente processuale: il ricorrente non aveva alcun interesse giuridicamente rilevante a sollevare una questione (il legittimo impedimento) che riguardava esclusivamente la posizione del co-imputato. Poiché egli era presente all’udienza d’appello, l’eventuale accoglimento del ricorso del co-imputato non avrebbe prodotto alcun effetto positivo sulla sua situazione. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La Posizione dell’imputato detenuto

Il ricorso dell’imputato detenuto è stato invece rigettato, ma non dichiarato inammissibile. La Corte ha ritenuto l’argomentazione infondata, basando la sua decisione su un principio consolidato dalla giurisprudenza più recente.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha chiarito che l’imputato che conferisce al proprio difensore una procura speciale per definire il giudizio con un concordato in appello manifesta una volontà chiara. Questa volontà non è solo quella di accettare una determinata pena, ma anche quella di acconsentire implicitamente che l’udienza si svolga in sua assenza. La logica è che la natura stessa del concordato, basata su un accordo già raggiunto, rende la presenza fisica dell’imputato non indispensabile, a meno che non sia lui stesso a chiederlo espressamente.

Nel caso specifico, l’imputato non aveva rinunciato a presenziare, ma, cosa più importante, non aveva mai chiesto espressamente di essere sentito. Secondo la Corte, questa è la discriminante fondamentale. La mancata rinuncia non equivale a una richiesta di traduzione. Il principio, già affermato per le udienze in camera di consiglio, è stato esteso per eadem ratio (per la stessa ragione) anche alle udienze pubbliche come quella in questione. Inoltre, la Corte ha ricordato che, nel contesto del concordato in appello, le nullità procedurali possono essere fatte valere in Cassazione solo se espressamente previste dalla legge e se sussiste un interesse concreto, cosa che nel caso di specie non è stata ravvisata.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento di grande rilevanza pratica. Stabilisce che la scelta di accedere al concordato in appello tramite procura speciale prevale sul generale diritto a presenziare, trasformandolo in un diritto esercitabile solo su esplicita richiesta. Per l’imputato detenuto che intende partecipare all’udienza di concordato, non è quindi sufficiente non rinunciare a comparire, ma è necessario formulare una richiesta attiva di essere tradotto per essere sentito. Questa decisione bilancia le esigenze di efficienza processuale, tipiche dei riti alternativi, con la garanzia dei diritti della difesa, subordinando però l’esercizio di alcuni di essi a una manifestazione di volontà chiara e inequivocabile.

Un imputato detenuto, che ha dato procura speciale per un concordato in appello, ha diritto al rinvio dell’udienza se ha un legittimo impedimento a comparire?
No. Secondo la Corte di Cassazione, conferendo la procura speciale per il concordato, l’imputato acconsente implicitamente che l’udienza si svolga in sua assenza. Il rinvio è giustificato solo se l’imputato ha chiesto espressamente di essere sentito, cosa che non era avvenuta nel caso di specie.

Perché il ricorso del co-imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse processuale. La questione del legittimo impedimento riguardava unicamente la posizione dell’altro imputato e l’eventuale accoglimento del ricorso non avrebbe avuto alcuna incidenza positiva sulla sua situazione giuridica, dato che lui era presente all’udienza.

La mancata rinuncia a comparire equivale a una richiesta di essere presente in udienza?
No. La Corte ha chiarito che la semplice mancata rinuncia a comparire non è sufficiente. Per far sorgere l’obbligo del giudice di disporre la traduzione dell’imputato detenuto, è necessaria una sua richiesta esplicita e formale di voler essere sentito durante l’udienza in cui si discute il concordato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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