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Concordato in appello: accordo sulla pena sostitutiva

Un imputato, dopo aver definito un concordato in appello per reati di ricettazione e detenzione di stupefacenti, ha chiesto unilateralmente la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la richiesta di pena sostitutiva deve necessariamente far parte dell’accordo complessivo tra difesa e Pubblico Ministero e non può essere avanzata separatamente.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Accordo Sulla Pena Sostitutiva Deve Essere Totale

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che permette alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto procedurale cruciale: la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva, come il lavoro di pubblica utilità, non può essere un’iniziativa unilaterale della difesa successiva all’accordo, ma deve essere parte integrante del patto stesso. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Dall’Accordo al Ricorso

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Bologna, in accoglimento di un accordo tra le parti, rideterminava la pena inflitta a un imputato per i reati di ricettazione e detenzione illecita di stupefacenti. La pena veniva fissata in 1 anno, 8 mesi e 15 giorni di reclusione, oltre a una multa.

Successivamente alla formalizzazione del concordato, e durante l’udienza fissata per la celebrazione del giudizio, il difensore dell’imputato presentava un’istanza per la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. La Corte di Appello respingeva tale richiesta. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge.

Il Principio del Concordato in Appello e il Consenso delle Parti

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha ribadito la natura e la funzione del concordato in appello. Questo istituto si fonda sul consenso di entrambe le parti, accusa e difesa, non solo sulla pena principale ma su ogni aspetto sanzionatorio.

La richiesta di convertire una pena detentiva in una pena sostitutiva è ammessa anche nell’ambito di una procedura a pena concordata. Tuttavia, la Cassazione ha precisato, citando precedenti conformi, che tale richiesta deve necessariamente “fare parte dell’accordo”.

L’Accordo Deve Essere Completo

Il punto centrale della decisione è che l’imputato non può prima concordare la pena detentiva con il Procuratore Generale e, in un secondo momento, chiedere autonomamente alla Corte di Appello di procedere alla sostituzione. L’istituto del concordato in appello impone che il consenso delle parti sia onnicomprensivo.

Nel caso esaminato, la difesa aveva formulato la richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive senza che vi fosse il consenso del Procuratore Generale. Mancava, quindi, un presupposto essenziale per l’accoglimento dell’istanza: l’accordo completo su tutti i punti.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte sono state nette e proceduralmente rigorose. I giudici hanno stabilito che, in assenza del consenso del Pubblico Ministero sulla pena sostitutiva, non sussisteva il presupposto per procedere in tal senso. Di conseguenza, il successivo ricorso per cassazione, basato sul rigetto di tale istanza, è stato considerato come avente ad oggetto motivi non proponibili per legge.

Questo ha portato alla declaratoria di inammissibilità de plano, ovvero senza le formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Tale norma consente alla Cassazione di decidere rapidamente sui ricorsi proposti avverso sentenze emesse a seguito di concordato in appello quando questi sono palesemente infondati.

Le Conclusioni

La decisione in commento offre un’importante lezione pratica per gli operatori del diritto. Chi intende avvalersi del concordato in appello e beneficiare di una pena sostitutiva deve assicurarsi che tale opzione sia discussa, negoziata e inclusa nell’accordo finale con il Pubblico Ministero. Qualsiasi richiesta unilaterale e successiva è destinata al fallimento. La natura pattizia del rito speciale richiede una convergenza totale delle volontà delle parti, senza la quale il giudice non può intervenire per modificare l’assetto sanzionatorio concordato. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È possibile chiedere una pena sostitutiva dopo aver già definito un concordato in appello sulla pena principale?
No, la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva deve essere parte integrante dell’accordo complessivo stipulato tra l’imputato e il Pubblico Ministero.

Cosa succede se la difesa presenta un’istanza di sostituzione della pena senza il consenso del Pubblico Ministero?
L’istanza non può essere accolta dal giudice. L’eventuale ricorso per cassazione basato sul rigetto di tale richiesta verrà dichiarato inammissibile perché fondato su motivi non proponibili per legge.

Qual è il presupposto fondamentale per applicare una pena sostitutiva in un concordato in appello?
Il presupposto fondamentale è che sussista il consenso di entrambe le parti, difesa e accusa, sia sulla determinazione della pena principale sia sull’eventuale applicazione della pena sostitutiva. L’accordo deve essere completo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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