Conclusioni tardive PM: un ritardo procedurale non sempre invalida il processo
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 43003/2024, ha fornito un importante chiarimento sui vizi procedurali, specificando quando le conclusioni tardive del PM (Pubblico Ministero) possono portare alla nullità di un procedimento. In un caso originato durante il periodo della disciplina emergenziale per il Covid-19, i giudici hanno stabilito un principio fondamentale: la nullità si verifica solo se il ritardo ha leso concretamente il diritto di difesa, e non per il semplice mancato rispetto di un termine.
Il caso: un ricorso basato sulla tardività
La vicenda processuale ha inizio con un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava che la comunicazione delle conclusioni del Pubblico Ministero era avvenuta in ritardo rispetto ai termini previsti dalla normativa speciale introdotta per fronteggiare la pandemia. Secondo la difesa, questa tardività avrebbe dovuto comportare una nullità generale del procedimento ai sensi dell’articolo 178, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, che tutela l’intervento e l’assistenza dell’imputato.
Il fulcro dell’argomentazione difensiva era che il ritardo del PM avesse compromesso l’equilibrio processuale e, di conseguenza, il diritto a un giusto contraddittorio.
L’impatto delle conclusioni tardive del PM sul processo
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che, sebbene la tardiva comunicazione delle conclusioni del PM possa teoricamente integrare un’ipotesi di nullità, ciò non avviene in modo automatico. La condizione essenziale affinché si configuri tale vizio è che l’inosservanza del termine abbia effettivamente impedito alla parte privata di esercitare il proprio diritto di difesa, ossia di presentare le proprie conclusioni.
Nel caso specifico, è stato accertato che, nonostante il ritardo del PM, la difesa aveva comunque avuto la possibilità materiale e temporale di formulare e depositare le proprie conclusioni scritte. Il diritto al contraddittorio, pertanto, non era stato violato nella sua sostanza. Il semplice ritardo formale non è stato ritenuto sufficiente a invalidare il giudizio, poiché non ha prodotto un pregiudizio concreto per l’imputato.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La decisione si fonda su un’interpretazione pragmatica e non formalistica delle norme processuali. I giudici hanno ribadito che le nullità non sono uno strumento sanzionatorio fine a se stesso, ma servono a garantire l’effettività dei diritti delle parti. Se il diritto di difesa è stato comunque assicurato, come in questo caso in cui la difesa ha potuto replicare efficacemente, la nullità non può essere dichiarata.
A sostegno della propria tesi, la Corte ha richiamato un precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. Pen., Sez. 5, n. 6207/2021), che aveva già affrontato un caso analogo di trasmissione non tempestiva della requisitoria del procuratore generale, ritenendola irrilevante ai fini della nullità quando alle altre parti era stato concesso il tempo utile per presentare le proprie conclusioni.
Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza?
L’ordinanza stabilisce un principio di rilevanza pratica: non ogni irregolarità procedurale produce l’invalidità degli atti. Affinché un vizio formale, come il deposito tardivo di un atto, possa determinare la nullità del processo, è necessario dimostrare che da tale irregolarità sia derivato un pregiudizio concreto e irreparabile per il diritto di difesa. In assenza di tale prova, il vizio resta una mera irregolarità non sanzionabile con la nullità. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale in caso di ricorsi infondati.
La comunicazione tardiva delle conclusioni del Pubblico Ministero causa sempre la nullità del processo?
No, secondo l’ordinanza, la tardività non causa automaticamente la nullità. È necessario che tale ritardo abbia concretamente impedito alla difesa di presentare le proprie conclusioni scritte, ledendo così il diritto di difesa.
Cosa si intende per ‘nullità generale a regime intermedio’ in questo contesto?
Si riferisce a un vizio procedurale che, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c) c.p.p., riguarda l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato. Tale nullità, per essere dichiarata, deve aver causato un pregiudizio effettivo e deve essere eccepita nei termini previsti dalla legge.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43003 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43003 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/04/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo dedotto è manifestamente infondato atteso che la tardiva comunicazione delle conclusioni del Pubblico Ministero secondo la disciplina emergenziale da Covid-19 può integrare un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 1 comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ma sempre che l’inosservanza del termine abbia impedito alla parte privata di concludere, diversamente da quanto avvenuto nel caso di specie in cui la difesa aveva la possibilità di formulare le proprie conclusioni scritte dopo la comunicazione quelle depositate, sia pure tardivamente, dal Pubblico Ministero (vedi Sez. 5, n. 6207 del 17/11/2020, dep. 2021, Rv. 280412, in un caso di trasmissione non tempestiva della requisitoria del procuratore generale alle altre parti, effettuata in tempo uti consentire la presentazione delle conclusioni scritte);
ritenuto che dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 25 ottobre 2024