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Comportamento Abituale: No al 131-bis per reati seriali

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 22886/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha stabilito che il beneficio non è applicabile in presenza di un comportamento abituale, come nel caso di specie, dove l’imputato aveva commesso nove truffe in sei mesi, configurando una serialità ostativa all’applicazione della norma.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Comportamento Abituale: Quando la Serialità Esclude la Non Punibilità

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, il suo ambito di applicazione è soggetto a limiti precisi, come ribadito dalla Corte di Cassazione. Un recente provvedimento ha chiarito come il Comportamento Abituale dell’imputato costituisca un ostacolo insormontabile all’ottenimento di tale beneficio, anche quando i singoli reati sono di modesta entità. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., norma che consente di escludere la punibilità per fatti di reato considerati di lieve entità. La difesa sosteneva che, nonostante la pluralità di reati contestati, la particolare tenuità del fatto dovesse essere riconosciuta. La questione è giunta così all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: il Comportamento Abituale come Ostacolo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito, i quali avevano negato il beneficio proprio in ragione della serialità delle condotte dell’imputato. La Corte ha sottolineato che, sebbene in linea di principio la non punibilità possa essere configurata anche in presenza di più reati uniti dal vincolo della continuazione, esistono delle condizioni ostative tassativamente previste dalla legge che ne precludono l’applicazione.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione del concetto di Comportamento Abituale quale causa ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha richiamato consolidati principi giurisprudenziali, inclusi quelli espressi dalle Sezioni Unite, per ribadire i seguenti punti chiave:

1. Definizione di Abitualità: Ai sensi del quarto comma dell’art. 131-bis, il comportamento è ritenuto abituale quando l’autore del reato ha commesso, anche successivamente, almeno due illeciti della stessa indole oltre a quello per cui si procede. Questo significa che una pluralità di reati, anche se singolarmente di lieve entità, può integrare la condizione di abitualità.

2. Irrilevanza della Tenuità dei Singoli Episodi: Anche se ogni singolo fatto, isolatamente considerato, potesse essere qualificato come di particolare tenuità, la loro ripetizione seriale qualifica la condotta complessiva come abituale, impedendo l’accesso al beneficio.

3. Applicazione al Caso Concreto: Nel caso esaminato, all’imputato erano state addebitate ben nove truffe commesse nell’arco di soli sei mesi. Tale numero e la concentrazione temporale dei reati sono stati considerati dai giudici una prova inequivocabile del Comportamento Abituale, rendendo quindi impossibile l’applicazione della causa di non punibilità.

La Corte ha concluso che i giudici di merito avevano correttamente applicato la legge penale, argomentando in modo ampio e logico sul perché la condotta dell’imputato rientrasse a pieno titolo nell’eccezione prevista dalla norma.

Le Conclusioni

La decisione in esame rafforza un principio fondamentale: la valutazione per la concessione della non punibilità per particolare tenuità del fatto non si limita alla gravità del singolo episodio, ma si estende a un giudizio complessivo sulla condotta dell’autore. La serialità criminale, anche se manifestata attraverso reati di modesto valore economico o offensivo, rivela una tendenza a delinquere che il legislatore ha voluto escludere dai benefici premiali. Per gli operatori del diritto, questa ordinanza costituisce un’ulteriore conferma che il numero e la frequenza dei reati sono elementi determinanti per valutare la sussistenza di un Comportamento Abituale, il quale funge da sbarramento invalicabile per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

È possibile ottenere la non punibilità per “particolare tenuità del fatto” (art. 131-bis c.p.) se si sono commessi più reati?
In teoria sì, anche in caso di reati unificati dal vincolo della continuazione. Tuttavia, la legge prevede delle condizioni ostative, come il comportamento abituale, che possono impedirlo.

Cosa intende la legge per “comportamento abituale” che impedisce l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
Secondo l’ordinanza, il comportamento è considerato abituale quando l’autore, oltre al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due illeciti della stessa indole, anche se ciascuno di essi, preso singolarmente, sarebbe di particolare tenuità.

Nel caso specifico, perché l’imputato non ha beneficiato della non punibilità?
Perché i giudici hanno ritenuto il suo comportamento abituale, dato che aveva commesso ben nove truffe nell’arco di sei mesi. Questa serialità della condotta criminale è una causa di esclusione esplicita del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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