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Competenza territoriale sorveglianza: decide il PM

La Corte di Cassazione risolve un conflitto di competenza territoriale sorveglianza tra i tribunali di Napoli e Bari. Viene stabilito che, in caso di richiesta di misure alternative a seguito di ordine di esecuzione sospeso, la competenza spetta al tribunale del luogo in cui ha sede il Pubblico Ministero che procede all’esecuzione (art. 656 c.p.p.), e non a quello di residenza del condannato (art. 677 c.p.p.). La Corte ha quindi dichiarato la competenza del Tribunale di sorveglianza di Napoli.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Territoriale Sorveglianza: la Regola Speciale Prevale sulla Residenza

La determinazione della competenza territoriale sorveglianza è un aspetto cruciale nella fase di esecuzione della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un dubbio interpretativo frequente: quale tribunale è competente a decidere sulle misure alternative quando il condannato risiede in un distretto diverso da quello del Pubblico Ministero che ha emesso l’ordine di carcerazione? La Corte, con la sentenza n. 21158 del 2024, ha ribadito la prevalenza della norma speciale su quella generale, fornendo un’indicazione chiara per operatori del diritto e cittadini.

I Fatti del Caso: un Conflitto tra Tribunali

Il caso nasce da un procedimento a carico di un individuo, condannato con sentenza irrevocabile dal Tribunale di Benevento a una pena di sei mesi di arresto. La Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale emetteva un ordine di esecuzione per la carcerazione, contestualmente sospeso, come previsto dalla legge per le pene brevi.

Il condannato, residente a Cerignola (provincia di Foggia), presentava istanza per l’ammissione a una misura alternativa alla detenzione. Il Tribunale di sorveglianza di Napoli, inizialmente investito della questione, si dichiarava territorialmente incompetente. Secondo il giudice napoletano, la competenza doveva essere radicata presso il Tribunale di sorveglianza di Bari, in base al criterio generale della residenza del condannato, come stabilito dall’art. 677, comma 2, del codice di procedura penale.

Ricevuti gli atti, il Tribunale di sorveglianza di Bari sollevava un conflitto negativo di competenza, sostenendo che nel caso specifico dovesse applicarsi una norma speciale, ovvero l’art. 656, comma 6, del codice di procedura penale. Tale norma attribuisce la competenza al tribunale di sorveglianza del luogo in cui ha sede l’ufficio del Pubblico Ministero che ha emesso l’ordine di esecuzione. Essendo l’ordine emesso dalla Procura di Benevento, la competenza sarebbe spettata al Tribunale di sorveglianza di Napoli, che ha giurisdizione su quel territorio.

La Questione Giuridica sulla Competenza Territoriale Sorveglianza

Il fulcro della questione era stabilire quale norma dovesse prevalere per individuare il giudice competente. Da un lato, l’art. 677 c.p.p. fissa un criterio generale basato sulla residenza o sul domicilio dell’interessato quando non è detenuto. Dall’altro, l’art. 656 c.p.p. detta una disciplina specifica per le istanze di misure alternative presentate dopo la notifica di un ordine di esecuzione sospeso.

La risoluzione di questo conflitto normativo è fondamentale per garantire la corretta e tempestiva gestione delle procedure esecutive, evitando ritardi e incertezze che potrebbero ledere i diritti del condannato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha risolto il conflitto a favore del Tribunale di sorveglianza di Napoli, accogliendo la tesi del Tribunale di Bari. I giudici hanno affermato che la regola contenuta nell’art. 656, comma 6, c.p.p. ha natura di norma speciale rispetto al principio generale espresso dall’art. 677 c.p.p.

Il ragionamento della Corte si basa su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Si è sottolineato che la procedura attivata a seguito di un ordine di carcerazione con contestuale sospensione ha caratteristiche peculiari che giustificano una deroga al criterio generale della residenza. La competenza viene quindi radicata presso l’autorità giudiziaria del luogo in cui si trova il Pubblico Ministero che sta curando l’esecuzione della sentenza. Nel caso di specie, essendo stata la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento a emettere l’ordine, la competenza funzionale spetta al Tribunale di sorveglianza di Napoli, il quale esercita la giurisdizione su quella provincia.

Le Conclusioni: Criterio di Competenza e Implicazioni Pratiche

La decisione riafferma un principio di specialità che garantisce coerenza e funzionalità al sistema dell’esecuzione penale. Per i condannati e i loro difensori, questa sentenza conferma che l’istanza per la misura alternativa, in caso di ordine di esecuzione sospeso, deve essere presentata al Tribunale di sorveglianza competente per il territorio dell’ufficio del Pubblico Ministero che ha emesso l’atto, indipendentemente dal luogo di residenza. Questa chiarezza procedurale è essenziale per evitare errori nell’individuazione del giudice competente e per assicurare una celere definizione del percorso di risocializzazione del condannato.

In caso di richiesta di misura alternativa alla detenzione dopo un ordine di esecuzione sospeso, quale Tribunale di sorveglianza è competente?
È competente il Tribunale di sorveglianza del luogo dove ha sede l’ufficio del Pubblico Ministero che ha emesso l’ordine di esecuzione, in base alla regola speciale dell’art. 656, comma 6, del codice di procedura penale.

Il criterio della residenza del condannato si applica in questi specifici casi?
No, il criterio generale della residenza o del domicilio del condannato, previsto dall’art. 677, comma 2, c.p.p., è derogato dalla norma speciale dell’art. 656, comma 6, c.p.p. quando l’istanza segue a un ordine di esecuzione sospeso.

Perché la regola del luogo del Pubblico Ministero è considerata speciale?
È considerata speciale perché si applica specificamente alla procedura di ammissione alle misure alternative che viene avviata a seguito di un ordine di carcerazione sospeso, prevalendo sulla norma generale che regola la competenza in altre situazioni della fase esecutiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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