Competenza territoriale e ricorso inammissibile per aspecificità
La corretta individuazione della competenza territoriale è un pilastro fondamentale del processo penale, poiché assicura che un imputato venga giudicato dal tribunale territorialmente competente secondo le regole stabilite dalla legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sulla proceduralità del ricorso, sottolineando come la mera ripetizione di argomenti già respinti in appello renda il ricorso inammissibile per mancanza di specificità.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’oggetto della controversia non era la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, ma una questione puramente procedurale: la competenza territoriale del tribunale che aveva emesso la prima condanna. Secondo il ricorrente, il giudice di primo grado non era quello territorialmente competente a giudicare il caso.
La Questione sulla Competenza Territoriale e i Motivi del Ricorso
L’unico motivo di ricorso si basava sulla presunta erronea applicazione dell’articolo 16 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce i criteri per determinare quale, tra più reati connessi, sia da considerare il ‘più grave’, al fine di radicare la competenza territoriale presso il tribunale del luogo in cui tale reato è stato commesso. Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse sbagliato nel confermare la competenza del Tribunale di Roma, reiterando le stesse argomentazioni già presentate e disattese nel secondo grado di giudizio.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e fondata su un principio cardine del processo di legittimità. I giudici hanno osservato che il ricorso non era altro che una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già dedotti in appello. Un ricorso per cassazione, per essere valido, non può limitarsi a riproporre le stesse censure, ma deve contenere una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata. Deve, in altre parole, spiegare perché la decisione della Corte d’Appello è errata in diritto o viziata logicamente.
Nel caso di specie, il ricorso era solo ‘apparente’, poiché ometteva di assolvere a questa funzione critica. La Corte di Cassazione ha inoltre evidenziato che la decisione dei giudici d’appello era, al contrario, esente da vizi logici. Essi avevano correttamente esplicitato le ragioni per cui il reato più grave era stato commesso a Roma, valorizzando la contestazione di una circostanza aggravante (art. 61 n. 7 c.p.) e di un’ulteriore fattispecie di reato (art. 494 c.p.). Secondo una giurisprudenza consolidata, la valutazione della maggiore gravità del reato ai fini della competenza territoriale va condotta sulla base delle contestazioni formali cristallizzate nelle imputazioni.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Presentare un ricorso che si limita a ripetere le doglianze già respinte, senza un confronto critico con la sentenza d’appello, è un’azione destinata al fallimento e comporta ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era una ‘pedissequa reiterazione’, ovvero una semplice ripetizione, dei motivi già presentati e respinti in appello. Mancava di una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, risultando così non specifico ma solo apparente.
Come si determina la competenza territoriale quando ci sono più reati connessi?
La competenza territoriale si determina individuando il reato più grave. La valutazione della maggiore gravità, come specificato dalla Corte, deve essere condotta sulla base delle contestazioni formali, come cristallizzate nelle imputazioni, includendo la presenza di circostanze aggravanti o di ulteriori fattispecie di reato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33616 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33616 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a IMPERIA DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che deduce l’erronea applicazione dell’art. 16 cod. proc. pen. in relazione ai criteri adottati per determinare il rea più grave ai fini della valutazione della competenza territoriale, non è deducibile in questa sede perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, in particolare, con motivazione esente da vizi logici, i giudici di appello hanno esplicitato le ragioni del proprio convincimento, facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della determinazione del reato più grave, con conseguente radicamento della competenza territoriale presso il tribunale di Roma (si veda pagina 4 della sentenza impugnata, ove si valorizzano la contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen. e della ulteriore fattispecie di reato di cui all’art. 494 cod. pen. quali criteri di determinazione dell maggiore gravità del reato contestato nel presente procedimento penale);
osservato che per giurisprudenza risalente la valutazione di maggior gravità vada condotta sulla base delle contestazioni, come cristallizzate nelle diverse imputazioni;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 12 settembre 2025.