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Competenza magistrati DNA: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43866 del 2024, ha risolto un conflitto di competenza tra Corti d’Appello. Il caso riguardava un processo in cui una delle persone offese, un magistrato, era stato nominato Procuratore Nazionale Antimafia. La Corte ha stabilito che la competenza territoriale non si sposta automaticamente solo perché la sede della Direzione Nazionale Antimafia (DNA) è a Roma. Le regole speciali sulla competenza dei magistrati DNA si applicano solo in casi specifici, come l’assegnazione temporanea a una direzione distrettuale. Di conseguenza, è stata confermata la competenza della Corte d’Appello di Roma.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Magistrati DNA: la Sede della Procura Nazionale non Sposta il Processo

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarimento sulla competenza magistrati DNA nei procedimenti penali, stabilendo un principio chiave per risolvere i conflitti di giurisdizione. La decisione analizza l’applicazione degli articoli 11 e 11 bis del codice di procedura penale, norme create per garantire l’imparzialità del giudizio quando un magistrato è coinvolto come imputato o persona offesa. La Corte ha affermato che la sola appartenenza di un magistrato alla Direzione Nazionale Antimafia, con sede a Roma, non è sufficiente a spostare la competenza del processo in un’altra sede.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un processo d’appello per diffamazione aggravata e calunnia, pendente presso la Corte di Appello di Roma. Le persone offese erano due magistrati, all’epoca dei fatti in servizio presso la Procura di Napoli. Durante il giudizio d’appello, uno dei due magistrati ha assunto la prestigiosa carica di Procuratore Nazionale Antimafia, il cui ufficio ha sede a Roma. L’altro è stato nominato Procuratore della Repubblica di Perugia.

Questa circostanza ha indotto la Corte di Appello di Roma a dichiarare la propria incompetenza. Secondo i giudici romani, la nomina del magistrato a un ufficio con sede a Roma faceva scattare il meccanismo di spostamento della competenza previsto dall’art. 11, comma 2, c.p.p., che mira a evitare che un magistrato sia giudicato nello stesso distretto in cui opera. Di conseguenza, il processo è stato trasmesso alla Corte di Appello di Firenze, individuata come sede competente secondo le regole procedurali.

Il Conflitto di Competenza tra Corti d’Appello

La Corte di Appello di Firenze, ricevuti gli atti, non ha condiviso l’interpretazione dei colleghi romani e ha sollevato un conflitto negativo di competenza dinanzi alla Corte di Cassazione. I giudici fiorentini hanno sostenuto che i magistrati della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNAA) svolgono funzioni a carattere nazionale e non territoriale. Il loro ufficio è incardinato presso la Procura Generale della Corte di Cassazione e la loro giurisdizione si estende a tutto il territorio italiano.

Pertanto, secondo la Corte remittente, equipararli a magistrati che esercitano le loro funzioni in un specifico distretto di Corte d’Appello (come quello di Roma) sarebbe un errore. Applicare automaticamente la regola dello spostamento di competenza solo perché la sede fisica della DNAA è a Roma contrasterebbe con la ratio della norma, che è quella di prevenire potenziali condizionamenti derivanti da rapporti di colleganza e frequentazione all’interno di un medesimo ambito territoriale.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Competenza dei Magistrati DNA

La Corte di Cassazione ha accolto la tesi della Corte di Appello di Firenze, risolvendo il conflitto e dichiarando la competenza della Corte di Appello di Roma a proseguire il giudizio. La Suprema Corte ha delineato con precisione l’ambito di applicazione delle norme sulla competenza quando sono coinvolti magistrati con funzioni nazionali.

Le motivazioni

Il ragionamento della Corte si fonda su una distinzione cruciale tra magistrati con funzioni territoriali e quelli con funzioni nazionali. L’articolo 11 c.p.p. è stato introdotto per garantire la terzietà e l’imparzialità del giudice, evitando che i procedimenti si svolgano in sedi dove i rapporti professionali e personali tra magistrati potrebbero, anche solo in apparenza, minare la serenità del giudizio.

Tuttavia, questa esigenza non si pone allo stesso modo per i magistrati della Corte di Cassazione o della Direzione Nazionale Antimafia. Questi ultimi, pur avendo una sede fisica, operano su scala nazionale e non appartengono a un distretto di Corte d’Appello specifico. La loro competenza è, per natura, svincolata da un ambito territoriale circoscritto.

La Corte ha poi chiarito il campo di applicazione dell’art. 11 bis c.p.p., la norma specifica per la competenza magistrati DNA. Questa disposizione derogatoria si applica solo in una situazione ben definita: quando un magistrato della DNA viene temporaneamente ‘applicato’ a una Procura distrettuale per seguire specifiche indagini. In tal caso, il magistrato esercita di fatto funzioni in quel distretto e, se coinvolto in un procedimento penale il cui fatto rientra nella competenza di quell’ufficio, il processo deve essere spostato.

Nel caso di specie, il magistrato offeso non era stato applicato ad alcuna procura distrettuale, ma svolgeva le sue funzioni di Procuratore Nazionale. Pertanto, non sussisteva alcun presupposto per spostare la competenza da Roma a Firenze. La sede del processo, già correttamente individuata a Roma in base alle regole generali, doveva rimanere tale.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto fondamentale: la disciplina derogatoria sulla competenza prevista dall’art. 11 bis c.p.p. per i magistrati della DNA si applica solo quando questi siano stati applicati a una direzione distrettuale antimafia per la trattazione di uno specifico procedimento. In assenza di tale applicazione, la loro appartenenza alla DNA, un organo a competenza nazionale, non è sufficiente a determinare uno spostamento del processo dalla sua sede naturale. Questa decisione rafforza la coerenza del sistema, evitando interpretazioni estensive di norme eccezionali e garantendo una corretta applicazione dei criteri di competenza volti a tutelare l’imparzialità della giurisdizione.

Quando si applicano le regole speciali sulla competenza per i procedimenti che coinvolgono un magistrato della Direzione Nazionale Antimafia (DNA)?
La regola speciale prevista dall’art. 11 bis del codice di procedura penale si applica solo ed esclusivamente quando il magistrato della DNA sia stato ‘applicato’ a una direzione distrettuale antimafia per trattare un procedimento specifico, e il fatto oggetto del processo rientri nella competenza dell’ufficio giudiziario presso cui è avvenuta l’applicazione.

Perché la sede fisica della DNA a Roma non è stata considerata rilevante per spostare il processo?
La Corte di Cassazione ha chiarito che la Direzione Nazionale Antimafia ha una competenza estesa a tutto il territorio nazionale e non è assimilabile a un ufficio giudiziario di un specifico distretto. La ratio delle norme sullo spostamento di competenza è evitare conflitti di interesse derivanti dalla colleganza in un ambito territoriale definito, presupposto che non sussiste per magistrati con funzioni nazionali.

Qual è il principio fondamentale che guida lo spostamento di competenza quando è coinvolto un magistrato?
Il principio fondamentale, sancito dall’art. 11 del codice di procedura penale, è quello di garantire la terzietà e l’imparzialità del giudice. Lo spostamento del processo in un altro distretto mira a eliminare qualsiasi sospetto di parzialità che potrebbe derivare dal rapporto di colleganza e dalla normale frequentazione tra magistrati che operano nello stesso ambito territoriale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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