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Competenza indultino: chi decide? Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione risolve un conflitto negativo di giurisdizione tra il Giudice dell’Esecuzione e il Magistrato di Sorveglianza. La sentenza stabilisce che la competenza indultino, ovvero la decisione sulla sospensione condizionata della pena (L. 207/2003), spetta esclusivamente al Magistrato di Sorveglianza del luogo di detenzione. Il Giudice dell’Esecuzione interviene solo in una fase successiva per dichiarare l’eventuale estinzione della pena.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Indultino: la Cassazione Fa Chiarezza sul Ruolo del Magistrato di Sorveglianza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha risolto un’importante questione procedurale riguardante la competenza indultino, un tema che può generare incertezze e ritardi nei procedimenti. La decisione chiarisce in modo definitivo quale sia l’autorità giudiziaria preposta a decidere sulla richiesta di sospensione condizionata della pena ai sensi della L. n. 207/2003, ponendo fine a un conflitto di competenza tra il Magistrato di Sorveglianza e il Giudice dell’Esecuzione.

Il Fatto: un Conflitto tra Giudici

Il caso nasce dalla richiesta di un detenuto, recluso presso la casa di reclusione di Milano, di beneficiare della sospensione condizionata della pena, comunemente nota come ‘indultino’. Il Magistrato di Sorveglianza di Milano, investito della richiesta, si dichiara incompetente, ritenendo che la materia rientrasse nelle attribuzioni del Giudice dell’Esecuzione.

Di conseguenza, gli atti vengono trasmessi al Tribunale di Bergamo, in funzione di Giudice dell’Esecuzione. Quest’ultimo, a sua volta, si dichiara incompetente e solleva un conflitto negativo di competenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Secondo il Tribunale, la legge affida espressamente la decisione sull’applicazione dell’indultino al Magistrato di Sorveglianza, mentre il Giudice dell’Esecuzione ha un ruolo solo successivo e residuale. Questa situazione di stallo procedurale ha reso necessario l’intervento della Suprema Corte per dirimere la controversia.

La Questione sulla Competenza Indultino

Il nucleo del problema risiedeva nell’interpretazione della normativa e nella distinzione dei ruoli tra due figure chiave della fase esecutiva della pena. Da un lato, il Magistrato di Sorveglianza di Milano aveva erroneamente assimilato l’istituto dell’indultino a quello dell’indulto, la cui applicazione è di competenza del Giudice dell’Esecuzione. Dall’altro lato, il Giudice dell’Esecuzione di Bergamo sosteneva, correttamente, che la sospensione condizionata della pena è un istituto a sé stante, disciplinato in modo specifico dall’art. 2 della legge n. 207/2003, che ne attribuisce l’applicazione al Magistrato di Sorveglianza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo le argomentazioni del Tribunale di Bergamo, nonché le conclusioni conformi del Pubblico Ministero e della difesa, ha dichiarato la competenza del Magistrato di Sorveglianza di Milano. La Corte ha risolto il conflitto, stabilendo un principio chiaro e inequivocabile per casi futuri.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza è netta e si fonda su un’interpretazione letterale e sistematica della normativa. I giudici di legittimità hanno sottolineato che non si verte in materia di indulto, bensì di ‘sospensione condizionata della pena’.
L’articolo 2 della legge n. 207/2003 prevede espressamente che ‘è il magistrato di sorveglianza ad applicare la sospensione condizionata della pena’. Questa disposizione non lascia spazio a dubbi interpretativi. Il legislatore ha inteso affidare a questo specifico organo il compito di valutare e concedere il beneficio, in ragione della sua funzione di supervisione diretta sull’esecuzione della pena e sulla persona del condannato.
La Corte ha inoltre chiarito la distinzione dei compiti: il Magistrato di Sorveglianza decide sulla concessione del beneficio; il Giudice dell’Esecuzione interviene solo in un momento successivo, ovvero per dichiarare l’estinzione della pena una volta che il periodo di sospensione sia decorso con esito positivo, senza che il condannato abbia commesso nuovi reati.
Poiché la richiesta era stata avanzata dal detenuto mentre si trovava ristretto nel carcere di Milano, la competenza territoriale non poteva che essere del Magistrato di Sorveglianza di Milano.

Conclusioni

La pronuncia della Cassazione ha un’importante implicazione pratica: fa chiarezza definitiva su un punto cruciale della procedura esecutiva, evitando futuri conflitti e i conseguenti ritardi processuali. Per i condannati e i loro difensori, il principio è ora consolidato: la domanda per ottenere l’indultino deve essere presentata al Magistrato di Sorveglianza del luogo in cui si sta eseguendo la pena. Questa sentenza riafferma la specificità dell’istituto della sospensione condizionata e la ripartizione logica delle competenze voluta dal legislatore, garantendo maggiore certezza del diritto nella delicata fase dell’esecuzione penale.

Chi è competente a decidere sulla richiesta di sospensione condizionata della pena, nota come ‘indultino’?
La competenza appartiene espressamente al magistrato di sorveglianza, come previsto dall’art. 2 della legge n. 207/2003.

Qual è il ruolo del giudice dell’esecuzione in relazione all”indultino’?
Il giudice dell’esecuzione è competente unicamente per la declaratoria di estinzione della pena, che avviene solo dopo che è decorso il termine previsto dalla sospensione condizionata concessa dal magistrato di sorveglianza.

Perché il magistrato di sorveglianza di Milano aveva inizialmente declinato la propria competenza?
Il magistrato di sorveglianza di Milano si era ritenuto erroneamente incompetente poiché aveva confuso la materia dell’indultino (sospensione condizionata della pena) con quella dell’indulto, la cui applicazione spetta invece al giudice dell’esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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