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Competenza giudice esecuzione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Bari, stabilendo la sua incompetenza funzionale. Il caso riguarda la richiesta di applicazione del reato continuato. La Suprema Corte ha chiarito che la competenza del giudice dell’esecuzione spetta alla Corte d’Appello quando quest’ultima, in sede di cognizione, abbia riformato in modo sostanziale la sentenza di primo grado, anche solo modificando il bilanciamento delle circostanze per uno dei coimputati. Tale competenza si estende a tutti gli imputati per il principio di unitarietà dell’esecuzione.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza del Giudice dell’Esecuzione: Quando la Corte d’Appello Prevale sul Tribunale

Determinare la competenza del giudice dell’esecuzione è un passaggio cruciale nella fase successiva alla condanna definitiva. Un errore in questa fase può invalidare gli atti compiuti, come dimostra una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il caso analizzato chiarisce in modo inequivocabile quando la competenza, normalmente del giudice di primo grado, si sposta alla Corte d’Appello, specialmente nei processi con più imputati. La Suprema Corte ha ribadito che una modifica del bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti costituisce una ‘riforma sostanziale’ della sentenza, con importanti conseguenze procedurali.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato con due sentenze divenute irrevocabili, presentava un’istanza al Tribunale di Bari, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato. L’obiettivo era unificare le pene inflitte in un’unica sanzione più favorevole. Il Tribunale accoglieva la richiesta. Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo un vizio di incompetenza funzionale. Secondo l’accusa, il giudice competente non era il Tribunale, ma la Corte d’Appello di Bari.

Il Principio della Competenza del Giudice dell’Esecuzione

Il cuore della questione giuridica ruota attorno all’interpretazione dell’art. 665, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, se la sentenza è stata confermata o riformata solo riguardo alla pena, la competenza per l’esecuzione spetta al giudice di primo grado. Tuttavia, se la Corte d’Appello ha riformato la sentenza in modo sostanziale, la competenza si trasferisce a quest’ultima. Il ricorso del Procuratore si fondava sul fatto che l’ultima sentenza irrevocabile, emessa dalla Corte d’Appello, pur confermando la condanna per l’imputato in questione, aveva modificato il giudizio di comparazione tra circostanze per altri coimputati, riconoscendo la prevalenza delle attenuanti generiche. Questa modifica, secondo il ricorrente, non era una semplice rideterminazione della pena, ma una riforma sostanziale della decisione di primo grado.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo pienamente la tesi del Procuratore. Gli Ermellini hanno richiamato il loro consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui un intervento che modifica il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti opera una ‘elaborazione sostanziale’ della pronuncia del primo giudice. Non si tratta di un mero calcolo, ma di una valutazione di merito che incide sulla struttura della decisione. Di conseguenza, tale modifica qualifica la sentenza d’appello come una riforma sostanziale, radicando la competenza del giudice dell’esecuzione presso la stessa Corte d’Appello. Inoltre, la Corte ha sottolineato l’importanza del ‘principio di unitarietà dell’esecuzione’. Nei procedimenti con una pluralità di imputati, se la sentenza viene riformata sostanzialmente anche solo per uno di essi, la competenza della Corte d’Appello si estende a tutti gli altri coimputati, anche a quelli la cui posizione era stata semplicemente confermata. Questo per garantire una gestione unitaria e coerente della fase esecutiva.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio procedurale di fondamentale importanza pratica. La competenza del giudice dell’esecuzione non è sempre del giudice che ha emesso la sentenza di primo grado. Quando la Corte d’Appello interviene sulla decisione modificando non solo la pena, ma anche elementi valutativi come il bilanciamento delle circostanze, essa attira a sé la competenza per l’intera fase esecutiva. Tale regola si applica a tutti gli imputati coinvolti nel processo, in virtù del principio di unitarietà. La decisione della Cassazione è stata quindi di annullare senza rinvio l’ordinanza del Tribunale di Bari, in quanto emessa da un giudice funzionalmente incompetente, e di trasmettere gli atti alla Corte d’Appello di Bari, quale unica autorità giudiziaria competente a decidere.

Quando la competenza a decidere in fase esecutiva passa dal Tribunale alla Corte d’Appello?
La competenza passa alla Corte d’Appello quando quest’ultima, nel giudizio di secondo grado, abbia operato una riforma sostanziale della sentenza di primo grado, che vada oltre la semplice modifica della pena.

La modifica del giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti è una riforma sostanziale?
Sì. Secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, la modifica del giudizio di comparazione tra le circostanze costituisce un intervento di elaborazione sostanziale della pronuncia e, pertanto, una riforma sostanziale che sposta la competenza per l’esecuzione alla Corte d’Appello.

Nei processi con più imputati, cosa accade se la sentenza viene riformata solo per alcuni di essi?
In virtù del principio di unitarietà dell’esecuzione, la competenza della Corte d’Appello, radicatasi a seguito della riforma sostanziale per alcuni imputati, si estende a tutti i coimputati, anche a quelli la cui condanna di primo grado era stata integralmente confermata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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