Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13098 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13098 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL T-RIPMFOrL-E TRIBUNALE DI ROMA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/05/2023 del GIP TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/serrtite le conclusioni del PG
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Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ricorre avverso l’ordinanza del 16 maggio 2023 del G.i.p. del Tribunale di Roma che, quale giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza con la quale COGNOME NOME aveva chiesto l’applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
al reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso il 24 aprile 2015 giudicato dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 10 febbraio 2020, definitiva il 13 maggio 2020;
al reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 T.U. stup., commesso in epoca antecedente al 26 agosto 2016 giudicato dal G.i.p. del Tribunale di Roma con sentenza del 3 marzo 2020, definitiva il 18 febbraio 2022;
ai reati di associazione finalizzata al traffico di sostanza stupefacente e di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanza stupefacente, ai sensi degli artt. 73 e 74 T.U. stup., commessi in epoca antecedente e successiva a novembre 2016 giudicati dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 15 febbraio 2022, definitiva il 12 gennaio 2023.
Il giudice dell’esecuzione, ritenendo sussistenti gli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso tra i reati oggetto dell’istanza, ha ridetermiNOME la pena finale in anni dieci di reclusione.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 666, commi 1 e 4, cod. proc. pen., perché giudice competente a decide sull’istanza doveva essere la Corte di appello di Roma, che aveva emesso la sentenza sub 3, l’ultima divenuta definitiva nel momento in cui COGNOME aveva depositato la sua istanza, a nulla rilevando – sotto il profilo della competenza del giudice dell’esecuzione – che il giudice di appello avesse confermato la sentenza del giudice di primo grado nei confronti di COGNOME, avendo lo stesso riformato la sentenza nei confronti dei coimputati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
NOME COGNOME premettere in diritto che costituisce principio consolidato nell’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte che la competenza funzionale del giudice dell’esecuzione, in caso di pluralità di provvedimenti esecutivi emessi da giudici diversi nei confronti della stessa persona, si radichi in capo al giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo – anche se la questione dedotta o l’incidente di esecuzione proposto non riguardano il provvedimento da lui emesso (Sez. 1. n. 15856 del 11/02/2014, NOME, Rv. 259600).
La determinazione della posizione esecutiva di un soggetto nei cui confronti siano state pronunziate più sentenze di condanna, pertanto, deve essere necessariamente unitaria e far capo, quindi, ad un giudice unico, da individuare sulla base del criterio fissato dall’art. 665 cod. proc. pen.
L’indicato principio di diritto deve essere raccordato con la previsione normativa di cui all’art. 665, comma 2, cod. proc. pen., che – prevedendo che «quando è stato proposto appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il giudice di primo grado» – determina la competenza del giudice dell’esecuzione sulla base dell’avvenuta conferma o meno della pronuncia di primo grado, ovvero della riforma limitata alla sola pena, ricorrendo, nella ipotesi della conferma ovvero della riforma limitata alla sola entità della pena inflitta, la competenza del giudice di primo grado e spettando, invece, al giudice di appello la competenza a provvedere quale giudice dell’esecuzione, quando la sentenza di secondo grado operi una elaborazione sostanziale della pronuncia del primo giudice con un intervento concretamente riformatore.
Inoltre, per il principio dell’unitarietà dell’esecuzione, nei procedimenti con pluralità di imputati la competenza del giudice di appello a provvedere in executivis va affermata non solo rispetto a coloro per i quali la sentenza di primo grado è stata sostanzialmente riformata, ma anche rispetto a coloro nei cui confronti la decisione di primo grado sia stata confermata (Sez. 1, n. 10415 del 16/02/2010, COGNOME, Rv. 246395), finanche nel caso in cui l’appello sia stato dichiarato inammissibile (Sez. 1, n. 33062 del 14/07/2011, Salvati, Rv. 250831).
Nel caso si specie, infatti, la competenza a provvedere in sede esecutiva non apparteneva al G.i.p. del Tribunale di Roma, bensì alla Corte di appello di Roma, che precedentemente al deposito dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. avvenuto il 6 febbraio 2023 – aveva pronunziato la sentenza del del 15 febbraio
2022, definitiva il 12 gennaio 2023, divenuta quindi irrevocabile per ultima con riferimento all’epoca di costituzione del rapporto esecutivo.
Sussiste, pertanto, la violazione delle regole in tema di competenza funzionale, costituendo una nullità di carattere generale, assoluta, rilevabile d’ufficio, che impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata (Sez. 1, n. 31946 del 04/07/2008, Hincapie COGNOME, Rv. 240775).
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione competente.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma.
Così deciso il 07/12/2023