Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33633 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33633 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a GALATINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/01/2024 del GIP TRIBUNALE di LECCE
udita la relazione svolta dal Consi g liere NOME COGNOME COGNOME lettet-ért i 7 9 le conclusioni del PG ‘ . LI cf woc-A, g. k L . o COGNOME cero ..’,t, n COGNOME zt ( h-(An-C , 0 az.er) COGNOME QQ- COGNOME cl,eì 604A- e ck COGNOME cLt &c
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta, proposta nell’interesse di NOME COGNOME, di applicazione della disciplina della continuazione ai reati giudicati con due sentenze irrevocabili emesse:
-dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce in data 14 marzo 2005, confermata dalla Corte di appello di Lecce in data 1° marzo 2007, divenuta irrevocabile in data 9 luglio 2008;
-dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce in data 18 dicembre 2018, confermata dalla Corte di appello di Lecce in data 7 dicembre 2020, divenuta irrevocabile in data 13 settembre 2022.
Si tratta di pronunce emesse all’esito di rito abbreviato e relative a reati d cui agli artt. 416-bis cod. pen., 74, 73, 80 d. P.R. n. 309 del 1991, artt. 2, legge n. 893 del 1967, art. 7 legge n. 203 del 1991, 56, 575, 576, 610, 629 cod. pen., delitti contro l’ordine pubblico, la persona, il patrimonio, riten espressione di un medesimo disegno criminoso rientrante nel programma dell’associazione mafiosa e in quella dedita al traffico di sostanze stupefacenti delle quali COGNOME ha fatto parte del periodo considerato.
Il Giudice dell’esecuzione ha individuato quale reato base per il successivo calcolo, la pena irrogata con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce del 2018, con riferimento al reato di cui all’art 74 TU Stup., essendo stata contestata la fattispecie come commessa nella qualità di capo e promotore, pari ad anni ventiquattro di reclusione, cui sono stati aggiunti, per la circostanza aggravante ad effetto speciale e per la continuazione, ulteriori aumenti e frazioni di pena per l’altro reato associativo, nonché per i reati fine, per una complessiva pena pari ad anni trentacinque e mesi sei di reclusione.
A tale entità sono stati aggiunti ulteriori anni cinque mesi sei di reclusione per la continuazione con il reato di cui all’art. 74 TU Stup., di cui alla sentenz del 2005, nonché ulteriori aumenti, per i restanti reati satellite, come da calcolo di cui a p. 4 della ordinanza, per ciascuno dei reati della seconda sentenza fino a giungere alla pena di anni quarantatré di reclusione, ridotta per la scelta del rito abbreviato, ad anni ventotto e mesi otto di reclusione.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il condanNOME, per il tramite del difensore, affidando le proprie doglianze a due motivi di seguito riassunti, ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art 665, comma 2, cod proc pen.
Si eccepisce l’incompetenza del Giudice che ha emesso il provvedimento. Infatti, il ricorrente è stato condanNOME, da ultimo, con la sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, in data 3 luglio 2018 confermata dalla Corte di appello di Lecce in data 7 dicembre 2020 divenuta irrevocabile il 13 settembre 2022, pronuncia che, però, ha riformato quella di primo grado nei confronti di alcuni dei computati dell’odierno ricorrente.
Di qui l’eccepita competenza della Corte di appello di Lecce, come da precedenti di legittimità richiamati nel ricorso (Rv. 277463; 279802).
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 78, 81, cod pen., 442, 671 cod. proc. pen., 187 disp. att. cod. proc. pen.
Nella rideterminazione della pena, il giudice del provvedimento impugNOME ha violato il giudicato della sentenza che ha individuato la pena base del nuovo calcolo.
In particolare, si osserva che il principio generale che riconosce al giudice dell’esecuzione il potere di rideterminare frazioni di pena da applicarsi in aumento per la continuazione, ha il limite del giudicato circa la quantificazione dei singoli aumenti, nel senso che la misura di questi non può superare la pena irrogata a tale titolo in sede di cognizione.
Invece il giudice dell’esecuzione, a p. 3, a fronte della pena base pari ad anni ventiquattro di reclusione ha raggiunto la pena complessiva di anni trentacinque e mesi sei di reclusione, giungendo, per la sentenza del 3 luglio 2018 depositata in data 18 dicembre 2018, a riconoscere degli aumenti coincidenti rispetto a quanto statuito in sede di cognizione.
Quanto alla seconda sentenza, si riportano come calcolo in aumento ex art. 81 cod. pen., la pena di anni cinque e mesi sei di reclusione per la continuazione con il capo a (art. 74 TU stup), mesi nove di reclusione per la continuazione del reato di cui all’art. 416-bis cod pen, mesi sei di reclusione per la continuazione con il reato di cui all’art. 73 TU Stup., mesi sei di reclusione per la continuazione con i reati di cui agli artt. 110, 610, 61 n. 2, 56, 575, 576 n. 2 cod. pen., mes tre di reclusione per la continuazione con i reati di cui agli artt. 2 e 7 legge 89 del 1967 e art. 7 legge n. 203 del 1991, giungendo alla complessiva pena di anni quarantatré di reclusione ridotta alla pena in concreto determinata, per effetto della riduzione per il rito abbreviato.
Con riferimento alla prima sentenza, si evidenzia, rispetto al giudicato che aveva irrogato la pena di anni venti di reclusione, che il giudice dell’esecuzione perviene ad una pena superiore di tre anni e 8 mesi, in quanto il giudice ha prima operato la riduzione per il rito abbreviato senza tenere conto del criterio calmieratore di cui all’art. 78 cod. pen.
Nel giudizio di esecuzione, infatti, deve essere applicato il tetto sanzioNOMErio di anni venti di reclusione per il rito premiale, ex art 78 cod. pen.
La giurisprudenza maggioritaria, secondo il ricorrente, ai fini della determinazione del trattamento sanzioNOMErio conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati giudicati con il rito abbreviato, ha sancit che la riduzione di pena per il rito opera necessariamente prima e non dopo, come in sede della cognizione, del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod pen.
Detto orientamento, secondo il ricorrente si pone in contrasto con l’insegnamento dettato dalle Sez. U, ricorrente COGNOME e con le Sez. U, ricorrente COGNOME, del 18 maggio 2017, a fronte della formulazione dell’art 618 comma 1bis cod. proc. pen.
In ogni caso, si eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 618 cod. pro pen. per violazione degli artt. 3 e 27 cost, riscontrata la disparità di trattament tra il condanNOME in sede di cognizione e quello in sede di esecuzione. Né può affermarsi l’esistenza di una ragionevole giustificazione nella diversità di situazioni determinata dall’efficacia preclusiva che nel procedimento di esecuzione deriva dall’intangibilità del giudicato.
Tale questione non può essere ritenuta risolta dalla pronuncia Sez 1, n. 9522 del 14 aprile 2019 la quale si è limitata a riscontrare che il diverso ordine applicativo del criterio moderatore del cumulo materiale, tra la fase della cognizione e quella dell’esecuzione, trae giustificazione dalla diversità di situazioni, determinata dall’efficacia preclusiva derivante dal principio di intangibilità del giudicato e, quindi, non si pone in contrasto con disposizioni costituzionali invocate.
La questione di legittimità costituzionale nella specie è rilevante e non manifestamente infondata.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo l’annullamento senza rinvio con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Lecce.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è fondato e ne deriva l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugNOME, statuizione che assorbe l’esame del secondo motivo.
2.Va premesso che, come osservato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, quella del giudice dell’esecuzione è competenza funzionale il cui difetto può essere eccepito anche in sede di legittimità, sempre che il procedimento non sia concluso (cfr. Sez. 1, n. 37309 del 9/09/2021, Liburdi, Rv. 282142 – 01).
Invero, COGNOME il COGNOME difetto di competenza del COGNOME giudice della esecuzione, COGNOME avendo carattere funzionale, assoluto e inderogabile, può essere fatto valere per la prima volta in sede di legittimità, tranne il caso dell’avvenuta definizione de relativo procedimento (nella fattispecie relativa al caso di cui al precedente citato si trattava di provvedimento di applicazione della disciplina della continuazione tra reati, alcuni dei quali giudicati dal tribunale composizione collegiale, adottato dal tribunale in composizione monocratica).
2.1. Ciò posto, si osserva che secondo la giurisprudenza prevalente, alla quale il Collegio intende dare continuità, nei procedimenti con pluralità di imputati, la competenza del giudice di appello a provvedere in executivis va affermata, in forza del principio dell’unitarietà dell’esecuzione, non solo rispetto a coloro per i quali la sentenza di primo grado è stata sostanzialmente riformata, ma anche rispetto a coloro nei cui confronti la decisione sia stata confermata. Ciò anche quando la riforma sostanziale consista nella dichiarazione di estinzione del reato o nell’applicazione della continuazione, interna o con reati giudicati con altre sentenze (Sez. 1, n. 48933 del 11/07/2019, Setale, Rv. 277463; Sez. 1, n. 10676 del 10/02/2015, Cuneo, Rv. 262987; Sez. 1, n. 14686 del 28/02/2014, Confl. comp. in proc. COGNOME‘Aprile, Rv. 259797 – 01).
Invero, assodato il criterio di riparto della competenza in sede di esecuzione fra giudice di primo grado e giudice di appello fissato dall’art. 665, comma 2, cod. proc. pen. (in base al quale, quando è stato proposto appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il giudice di prim grado; altrimenti è competente il giudice di appello), rileva il concetto giuridico che qui si ribadisce – secondo cui, nei procedimenti con pluralità di imputati, la competenza del giudice di appello a provvedere in executivis va affermata, in forza del principio dell’unitarietà dell’esecuzione, non solo rispetto a coloro per quali la sentenza di primo grado è stata sostanzialmente riformata, ma anche rispetto a coloro nei cui confronti la decisione sia stata confermata, pure quando la riforma sostanziale riguarda un altro imputato, quando essa consiste nel proscioglimento di una persona diversa dall’istante e quando l’impugnazione dell’istante sia stata dichiarata inammissibile (Sez. 1, n. 17211 del 15/01/2018, COGNOME, n. m.; Sez. 1, n. 33062 del 14/07/2011, Confl. comp. in proc. Salvati, Rv. 250831).
2.2. La consultazione degli atti processuali, legittimata dalla natura della censura, riferita a vizio processuale e sufficientemente specifica nell’identificare le sentenze oggetto del provvedimento ei in particolare, quella che avrebbe dovuto – secondo la prospettazione dell’impugnante – determinare la corrispondente competenza funzionale, conduce alla conclusione che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce non era competente, ai sensi
dell’art. 665 cod. proc. pen., a conoscere dell’incidente di esecuzione. In questa direzione, invero, l’esame delle due sentenze in principio indicate, costituenti i titoli giudiziari irrevocabili riferibili alla posizione di COGNOME, conferma sentenza della Corte di appello di Lecce del 7 dicembre 2020, divenuta definitiva in data 13 settembre 2022, non consta essere stata, con riferimento alla data dell’istanza, seguita da altra decisione irrevocabile, per quella stessa posizione. Essa è, pertanto, l’ultima a essere divenuta irrevocabile, ai presenti fini.
La suddetta sentenza contiene, sia pure per alcuni coimputati, capi di riforma sostanziale della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, resa in data 3 luglio 2018 confermata dalla Corte di appello di Lecce in data 7 dicembre 2020, quanto alla posizione di COGNOME.
L’esame di questa sentenza, in uno a quella di appello, fa emergere infatti che, se per molte posizioni, NOME COGNOME compreso, la sentenza di primo 4 grado è stata confermata in toto e, nei confronti di altri coimputati la sentenza di appello si è limitata ad una riduzione del trattamento sanzioNOMErio, si sono verificate però variazioni rilevanti, ex art. 665, comma 2, cod. proc. pen., nei confronti di diversi coimputati dell’odierno ricorrente.
In particolare: 1) per la posizione del coimputato NOME COGNOME, si è ritenuto il ne bis in idem in relazione al reato di cui al capo D42 con riduzione della pena; 2) per NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, vi è stata assoluzione, per il primo, dal reato di cui al capo G12.1 (oltre all’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991), per il secondo dal capo Q (oltre alla riqualificazione di altro titolo reato), per il terzo dal capo G7; 3) per alcuni altri imputati, è stata applicata continuazione con reati giudicati con altre sentenze definitive.
Queste statuizioni integrano altrettante riforme in senso sostanziale della prima decisione, rilevanti ex art. 665, comma 2, cod. proc. pen. per radicare la competenza della Corte di appello quale giudice dell’esecuzione (Sez. 1, n. 14248 del 12/11/2015, dep. 2016, COGNOME, n. m.; Sez. 1, n. 42896 del 27/10/2009, Confl. comp. in proc. NOMEno, Rv. 245550; Sez. 3, n. 30049 del 29/03/2018, COGNOME, n. m.; Sez. 1, n. 5772 del 20/11/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212445, quanto alla continuazione).
Per il principio dell’unitarietà dell’esecuzione, poi, la competenza del giudice di appello afferisce a tutte le posizioni, anche a quelle non oggetto di riforma sostanziale.
3.Deriva da quanto sin qui esposto, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, con trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione funzionalmente competente, cioè la Corte di appello di Lecce, statuizione che assorbe il secondo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Lecce per l’ulteriore corso.
Così deciso, il 9 maggio 2024
Il Presidente –NOME Il Consigliere estensore