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Competenza funzionale: quando il processo si sposta

Una donna viene condannata per furto e uso indebito di bancomat. Durante il processo di primo grado, la nipote della vittima, un magistrato dello stesso distretto, si costituisce parte civile. La Cassazione annulla le sentenze precedenti, affermando che la competenza funzionale ex art. 11 c.p.p. imponeva l’immediato trasferimento del processo ad altra sede per garantire l’imparzialità, una regola che prevale sui termini processuali ordinari.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza funzionale: la Cassazione ribadisce la priorità dell’imparzialità del giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: la necessità di garantire l’imparzialità, anche solo apparente, del giudice. Il caso in esame ha chiarito che le regole sulla competenza funzionale, previste quando in un processo è coinvolto un magistrato, prevalgono sui termini ordinari, anche se la questione emerge a dibattimento già iniziato.

I fatti del caso

La vicenda giudiziaria riguarda un’imputata accusata di furto aggravato e utilizzo indebito di un bancomat ai danni di una persona anziana che assisteva. L’imputata era stata condannata sia in primo grado dal Tribunale sia in appello dalla Corte d’appello competente.

Un elemento cruciale, però, ha cambiato le carte in tavola. La persona offesa, costituitasi parte civile, è deceduta nel corso del giudizio di primo grado. A subentrare nella sua posizione è stata la nipote ed erede, di professione magistrato in servizio presso il Tribunale dello stesso distretto giudiziario in cui si stava celebrando il processo.

La difesa dell’imputata ha immediatamente sollevato un’eccezione di incompetenza, invocando l’articolo 11 del codice di procedura penale. Questa norma prevede, appunto, che i processi in cui un magistrato assume la qualità di imputato, persona offesa o parte civile vengano trasferiti ad un altro ufficio giudiziario, individuato per legge, al fine di fugare ogni dubbio sulla serenità e terzietà del giudizio.

La questione della competenza funzionale nel processo penale

I giudici di primo e secondo grado avevano respinto l’eccezione della difesa, sostenendo che fosse tardiva. Secondo loro, la competenza si determina all’inizio del processo (principio della perpetuatio iurisdictionis) e le questioni relative devono essere sollevate entro termini precisi, ormai superati.

La difesa, tuttavia, ha proposto ricorso in Cassazione, insistendo sul fatto che la competenza funzionale dettata dall’art. 11 c.p.p. non è una semplice regola territoriale, ma una norma posta a presidio di valori costituzionali come l’imparzialità e la terzietà del giudice. Per questo motivo, la sua violazione può essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio entrambe le sentenze di condanna. I giudici hanno chiarito in modo inequivocabile che la competenza prevista dall’articolo 11 del codice di procedura penale ha natura “funzionale” e non meramente “territoriale”.

La ratio di questa norma è quella di assicurare la serenità e l’obiettività dei giudizi, eliminando anche solo il sospetto di parzialità che potrebbe derivare dai rapporti di colleganza e frequentazione tra magistrati dello stesso distretto.

Per questa ragione, la Corte ha stabilito che tale competenza speciale deroga al principio generale della perpetuatio iurisdictionis. L’esigenza di tutelare l’immagine di imparzialità della giustizia è talmente forte da imporre il trasferimento del processo non appena si verifichi il presupposto (il coinvolgimento del magistrato), indipendentemente dal momento processuale in cui ciò accade. Non importa se l’esigenza emerge dopo l’apertura del dibattimento o persino nel giudizio d’appello.

Il Collegio ha equiparato questa situazione a una forma di “rimessione automatica ex lege”, un meccanismo che scatta per legge senza bisogno di un provvedimento del giudice, proprio per salvaguardare la credibilità della funzione giurisdizionale.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma della centralità del principio di imparzialità nel processo penale. Stabilisce che la tutela della terzietà del giudice non può essere subordinata a preclusioni processuali. Quando un magistrato entra a far parte di un procedimento come parte processuale, la garanzia di un giudizio equo e al di sopra di ogni sospetto impone l’immediato spostamento della competenza. Di conseguenza, le sentenze emesse dal giudice divenuto incompetente sono state annullate e gli atti sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente, dove il processo dovrà ricominciare.

Cosa succede se un magistrato diventa parte di un processo penale già in corso?
Il processo deve essere immediatamente trasferito a un diverso ufficio giudiziario, come previsto dalle norme sulla competenza funzionale, per garantire l’imparzialità del giudizio. Qualsiasi decisione presa dal giudice originario dopo tale momento è nulla.

La violazione delle norme sulla competenza funzionale può essere contestata anche in appello?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la questione di competenza funzionale, data la sua importanza a tutela dell’imparzialità, può essere sollevata e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche se i termini per le eccezioni preliminari sono scaduti.

Perché le condanne precedenti sono state annullate?
Le condanne sono state annullate perché emesse da un giudice che, nel corso del processo, aveva perso la propria competenza a causa del subentro come parte civile di un magistrato appartenente allo stesso distretto. Il processo si è quindi svolto davanti a un organo giudiziario non competente, un vizio procedurale che invalida le sentenze emesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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