Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10863 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10863 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 13/03/2025
R.G.N. 2871/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Catania il giorno 01/08/2000 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza emessa in data 27/11/2024 dal Tribunale di Catania, sezione per il riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che il procedimento si celebra con contradditorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta depositata in data 19/02/2025 con la quale il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
preso atto che il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 08/11/2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania applicava nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari con divieto di comunicare con persone diverse da quelle conviventi in quanto gravemente indiziato dei delitti di tentata estorsione aggravati dall’utilizzo del metodo mafioso, dall’avere commesso il fatto in danno di due imprenditori ragusani e mediante utilizzo di ordigni artigianali esplosivi.
A seguito di istanza ex art. 309 cod. proc. pen., il Tribunale di Catania, sezione per il riesame, annullava tale ordinanza limitatamente alla aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato tramite il difensore fiduciario proponendo un unico articolato motivo di ricorso con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 416 bis .1 cod. pen., 27, 51, comma 3bis , e 291, comma 2, cod. proc. pen.
Rileva il ricorrente che, una volta esclusa l’aggravante del c.d. metodo mafioso e quindi la gravità indiziaria per reati di competenza distrettuale previsti dall’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., il Tribunale per il riesame avrebbe dovuto dichiarare l’incompetenza funzionale del Giudice distrettuale per le indagini preliminari del Tribunale di Catania con trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ragusa in quanto i reati ipotizzati sono stati commessi in Comiso, luogo rientrante nel territorio di tale circondario.
Secondo il ricorrente, il Collegio della cautela avrebbe anche dovuto annullare la misura custodiale non sussistendo l’urgenza di soddisfare esigenze cautelari; in ogni caso, ove ravvisata avrebbe dovuto, in applicazione dell’art. 27 del codice di rito, limitare l’efficacia della stessa al termine di 20 giorni decorrente dalla trasmissione degli atti.
A sostegno di tale deduzione, il ricorrente richiama la pronuncia di legittimità Sez. 1 n. 32956 del 14/07/2022, Fall, Rv. 283564 relativa a caso del tutto sovrapponibile a quello di specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
1.1. Il Tribunale del riesame ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 416 -bis .1 cod. pen., ravvisando la gravità indiziaria per reati non compresi tra quelli di competenza distrettuale previsti dall’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen.
Il Tribunale di Catania non ha applicato il principio di diritto, affermato di recente da questa Corte, in continuità con le Sezioni Unite Giacobbe (Sez. U, n. 19214 del 23/04/2020, Rv. 27909201), secondo il quale nel procedimento ” de libertate “, il Tribunale del riesame che operi una diversa qualificazione giuridica del reato, escludendo la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., deve dichiarare l’incompetenza del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, conservando il potere, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, di annullare il provvedimento, ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., laddove ravvisi l’urgenza di salvaguardare anche una sola delle esigenze cautelari riscontrate (così, Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall Thierno Mountaga, Rv. 283564-01; negli stessi termini, Sez. 1, n. 32957 del 14/07/2022, COGNOME non mass.; Sez. 1, n. 32958 del 14/07/2022, COGNOME non mass.).
In tale ultima ipotesi, il giudice, anche dell’impugnazione, Ł tenuto a trasmettere gli atti al pubblico ministero che ha richiesto la misura, cui spettano le conseguenti determinazioni e cioŁ di «valutare se accettare la decisione del giudice in merito alla competenza e trasmettere gli atti al suo corrispondente presso il giudice ritenuto competente perchØ solleciti l’emissione di un nuovo titolo cautelare ovvero lasciare che quello originario perda efficacia allo spirare del termine dei venti giorni, conservando però la titolarità dell’indagine e la possibilità di sollecitare allo stesso giudice una nuova valutazione sul punto, ad esempio alla luce dell’acquisizione di nuovi elementi» (Sez. U, Giacobbe, cit., in motivazione).
1.2. Pertanto, il giudice dell’impugnazione cautelare non può limitarsi, come nel caso che si sta scrutinando, a confermare ovvero ad attenuare la misura cautelare, di cui ritiene sussistenti i presupposti applicativi, senza, tuttavia, occuparsi degli effetti che produce la rilevata incompetenza del giudice che l’ha emessa sul provvedimento impugnato nei termini imposti dalla disciplina prevista dagli artt. 291, comma 2 e 27 cod. proc. pen.: tanto Ł imposto dalla necessità che, una volta rilevata l’incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento genetico, il titolo restrittivo sia valutato in tempi brevi dal suo giudice naturale.
1.3. In tal senso, la sentenza Giacobbe precisa che la «deroga ai principi generali trova la sua giustificazione nella previsione di un requisito ulteriore rispetto all’ordinario esercizio del potere cautelare, il cui accertamento Ł ineludibile condizione di legittimità della provvisoria efficacia della
misura prevista dall’art. 27» (Sez. U, Giacobbe, cit., in motivazione). In altri termini, lo «stesso tenore letterale dell’art. 291, comma 2 evidenzia l’esistenza di un inscindibile collegamento tra le due disposizioni ed in particolare tra l’efficacia interinale della misura e la verifica del presupposto dell’urgenza, che la legittima. Negare, dunque, che tale disposizione trovi applicazione anche qualora l’incompetenza venga rilevata da un giudice diverso da quello che ha applicato la misura si pone in contraddizione con la stessa volontà legislativa, finendo per autorizzare quest’ultimo a prorogare la restrizione della libertà dell’indagato per il tempo indicato nell’art. 27 senza che venga accertato il presupposto che tale proroga giustifica» (Sez. U, Giacobbe, cit., in motivazione). Peraltro, del tutto irrazionale sarebbe una siffatta disparità di trattamento.
Ed ancora, nemmeno può riconoscersi «al giudice dell’impugnazione esclusivamente il compito di accertare l’urgenza delle esigenze cautelari, ma non già degli altri presupposti che legittimano l’adozione della misura o, ancora, che in merito a questi ultimi egli dovrebbe limitarsi ad una sorta di mera delibazione del fumus della loro sussistenza. Questa sorta di estensione solo parziale o selettiva del disposto dell’art. 291, comma 2 Ł infatti operazione esegetica in alcun modo ancorabile al dato testuale, che impone al giudice la verifica non solo dell’urgenza, ma altresì delle altre “condizioni” cha legittimano l’intervento cautelare e cioŁ della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle stesse esigenze cautelari» (Sez. U, Giacobbe, cit., in motivazione).
E, del tutto condivisibilmente, si Ł posto in luce come la trasmissione degli atti al giudice competente sia l’unico provvedimento in grado di contemperare la necessità del rispetto del principio del giudice naturale nella fase cautelare con l’esigenza di salvaguardare i bisogni di tutela della collettività, che sarebbero pregiudicate nel caso di annullamento della misura.
1.4. Non modifica queste conclusioni l’assunto secondo cui la diversa qualificazione giuridica operata dal tribunale del riesame, che, confermando il provvedimento impugnato, abbia escluso la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., non comporta una pronuncia di incompetenza.
Del resto, non c’Ł dubbio che la pronuncia del Tribunale del riesame in tema di competenza non ha influenza nel procedimento di merito sulla responsabilità, atteso che – come si Ł già evidenziato – resta impregiudicato il potere del pubblico ministero procedente di valutare se trasmettere gli atti al suo corrispondente presso il giudice ritenuto competente ovvero trattenerli. In altri termini, non si verifica un’automatica estensione dell’incompetenza dichiarata in sede cautelare a quella del giudice chiamato a decidere nel merito della responsabilità, qualora il pubblico ministero che procede operi scelte difformi.
1.5. Non ignora il Collegio il recente arresto di legittimità – apparentemente, in parte, distonico – secondo cui l’esclusione della gravità indiziaria in relazione ad un reato o ad una circostanza aggravante da cui discende la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex artt. 51, comma 3bis , e 328, comma 1bis , cod. proc. pen. non fa venir meno la competenza di tale giudice, in quanto, anche nel procedimento cautelare, la decisione sulla competenza va assunta in limine litis , sulla base della mera descrizione del fatto, prima di ogni valutazione di merito sulla fondatezza dell’accusa come pure sulla gravità degli indizi (Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286064).
1.5.1. Invero, a prescindere dal fatto che la pronuncia in questione contiene espliciti riferimenti al profilo della competenza per territorio, mentre quella del Giudice per le indagini preliminari distrettuale per i reati aggravati ai sensi dell’art. 416bis .1 cod. pen. Ł una competenzafunzionale, Ł lo stesso Collegio ad affermare espressamente in motivazione che l’art. 291, comma 2, cod. proc. pen. (il quale limita il potere del giudice incompetente di applicazione della misura entro i limiti temporali fissati dall’art. 27 stesso codice ed in presenza dell’urgenza delle esigenze cautelari) deve trovare applicazione nel caso – proprio come quello di specie – in cui «l’esclusione dell’aggravante
derivi dalla erroneità della formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero, quando cioŁ sia stata contestata senza riferimenti specifici alla sua astratta ricorrenza e se ne debba quindi ravvisare l’insussistenza sulla base della stessa prospettazione del fatto descritta nella richiesta della misura cautelare», ovvero «per carenza assoluta di elementi di prova a suo sostegno».
1.5.2. Ma non solo. La stessa sentenza COGNOME riconosce di dover dare continuità all’orientamento che distingue il vaglio della competenza da quello dei presupposti della misura cautelare, in presenza di decisioni che hanno diverso oggetto e che sono condizionate dall’applicazione anche nella fase cautelare del principio dell’iniziativa del pubblico ministero: orientamento che la medesima pronuncia precisa di non essere contraddetto dalla sentenza delle Sezioni Unite Giacobbe che si sarebbe occupata «solo degli effetti della dichiarazione di incompetenza ma non anche dei presupposti che ne condizionano la declaratoria». E, sulla base di detti presupposti, la sentenza COGNOME conclude affermando che « … non Ł in base alla valutazione della gravità indiziaria che il giudice possa dichiarare la propria incompetenza, laddove ne ravvisi la carenza rispetto ad un profilo della qualificazione del reato, o di una circostanza aggravante da cui dipenda la propria competenza a decidere sulla richiesta» (Sez. 6, n. 5644/2024, cit., pag. 8).
Detta conclusione appare censurabile sotto vari aspetti.
1.5.3. Innanzitutto, perchŁ la portata della sentenza Giacobbe non può ritenersi limitata agli effetti della dichiarazione di incompetenza, avendo detta pronuncia, al contrario, evidenziato che il giudice dell’impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l’incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l’onere di verificare, ai sensi dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l’adozione del provvedimento limitativo della libertà personale, traendo le conseguenze che si sono precedentemente esposte. Il fondamento di tale verifica « … va individuato nell’esigenza, costituzionalmente tutelata, di non sottrarre al soggetto cautelato la possibilità di contraddittorio in costanza della limitazione della sua libertà personale e di evitare la sostanziale insindacabilità nel merito del provvedimento genetico. D’altra parte, il mancato riconoscimento da parte del giudice dell’impugnazione cautelare dell’incompetenza del giudice che ( inaudita altera parte ) ha applicato la misura, impedirebbe all’indagato di ottenere, nei termini che i codificatori hanno ritenuto essenziali per garantire la coerenza costituzionale del sistema cautelare, secondo la logica sottesa all’art. 13 Cost., una decisione del giudice naturale sulla legittimità della restrizione della sua libertà. In quest’ottica, le Sezioni Unite, sin dal loro primo intervento sul tema delle misure cautelari disposte dal giudice incompetente hanno evidenziato come l’equilibrio del sistema normativo si regga proprio sulla prevista precarietà della misura disposta da quel giudice e sulla funzionalità della sua provvisoria efficacia all’esclusivo fine di consentire l’intervento dell’effettivo titolare del potere cautelare. Conseguentemente “il provvedimento successivo «non può essere definito di “conferma” o di “reiterazione” di quello precedente», in quanto adottato sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni legittimanti, ancorchØ desunte dagli stessi elementi esaminati dal giudice incompetente, senza che la decisione di quest’ultimo possa costituire una qualsivoglia preclusione all’esercizio di tale potere, nemmeno nel caso in cui la stessa abbia nel frattempo perduto efficacia per essersi compiuto il termine previsto dall’art. 27 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 15 del 18/06/1993, Silvano, Rv. 194315)» (così Sez. 1, n. 32956/2022, pag. 5).
1.6. Rimane poi il tema delle conseguenze dei «possibili abusi del pubblico ministero, che resterebbe arbitro della individuazione del giudice competente sulla base della rappresentazione dell’ipotesi di reato formulata nella sua richiesta» che la sentenza COGNOME risolve ritenendo che «possano valere le stesse garanzie che l’ordinamento assicura nel giudizio ordinario», potendo il giudice della cautela, al pari di quello della cognizione, accedendo agli atti posti a fondamento della richiesta «valutare se i fatti riportati nell’imputazione siano stati correttamente descritti in base ad una prospettazione ragionevole degli stessi, prescindendo dalle valutazioni piø rigorose richieste in
punto di gravità indiziaria» (Sez. 6, n. 5644/2024, cit., pag. 9). Anche sul punto occorre dissentire, alla luce dell’evidente diversità delle situazioni collegate all’assenza di contraddittorio della fase cautelare che precede l’emissione della misura rispetto a quella del giudizio ordinario e dell’esigenza di presidi di maggiore garanzia anche tenuto conto del valore del bene (libertà personale) in gioco, non dimenticando che la sentenza Giacobbe , anche sul punto, offre – indirettamente – elementi di riflessione importanti, riconoscendo, in termini del tutto condivisibili, che « … in presenza di un dato normativo che si presta a piø interpretazioni, in sintonia con la logica sottesa all’art. 13 Cost. e con l’insegnamento del giudice delle leggi (cfr., Corte Cost. n. 292 del 1998), Ł indubbiamente da preferire quella che fornisce in prospettiva la possibilità di ridurre al minimo il sacrificio per la libertà personale, consentendo all’indagato il tempestivo contraddittorio sul titolo cautelare e la sua caducazione laddove illegittimamente adottato».
1.7. Va, infine, evidenziato che nemmeno può porsi una questione di ‘ perpetuatio iurisdictionis ‘, atteso che ne mancano i presupposti applicativi. Si osserva, in proposito, che detto istituto – in quanto finalizzato ad evitare che la competenza subisca modifiche nel corso del giudizio, una volta stabilizzata in quanto sottoposta al vaglio del giudice in relazione all’addebito definitivamente determinato – trova applicazione solo a seguito del passaggio alla fase del giudizio, quando cioŁ Ł necessario garantire quella “stabilità” di competenza, di cui, invece, nel corso delle indagini preliminari non vi Ł necessità, atteso che l’imputazione Ł ancora provvisoria e fluida, dunque, soggetta a modifiche.
Appare evidente come tale tema non possa essere declinato a sostegno della permanenza della competenza del giudice distrettuale in sede cautelare, attesa la ricorrenza di una mera imputazione provvisoria, in assenza di quella stabilità della imputazione che consegue al recepimento della stessa nel decreto di rinvio a giudizio, che determina l’effetto stabilizzante della competenza, insensibile alle successive vicende processuali. A livello sistematico occorre poi osservare come si sia espressamente riconosciuto che la perpetuatioiurisdictionis venga a rivestire un carattere recessivo nel caso di competenza funzionale (Sez. 1, n. 1569 del 09/11/2023, dep. 2024, G.i.p. Trib. Potenza, Rv. 285582-01). Pertanto, se dalla riqualificazione della condotta provvisoriamente ascritta, attraverso l’eliminazione dell’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen., deriva l’esclusione e il superamento per insussistenza dei relativi presupposti della competenza funzionale originariamente ritenuta nella imputazione provvisoria, l’effetto non potrà che essere quello della riemersione dell’attribuzione di competenza al giudice naturale precostituito per legge (Sez. 6, n. 12405 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269662-01).
Si tratta a questo punto di stabilire quale provvedimento compete alla Corte di legittimità nel caso in esame.
Al riguardo va data continuità a quell’orientamento, oramai consolidato, secondo il quale la Corte di cassazione, nei limiti del sindacato di legittimità che le Ł consentito, deve verificare la legittimità del provvedimento cautelare attraverso la ricognizione che Ł stata compiuta o Ł stata trascurata dal tribunale del riesame, a tal fine utilizzando i parametri normativi di riferimento, ivi compresi quelli in materia di competenza (Sez. U., n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391); piø precisamente, il Giudice della legittimità investito dell’impugnazione cautelare, in caso di declaratoria negativa sulla competenza, deve, al pari del Tribunale del riesame, preliminarmente verificare, la consistenza del quadro indiziario, la sussistenza delle esigenze cautelari nonchØ l’urgenza di provvedere da parte del giudice incompetente, con valutazione da condursi sulla scorta di quanto si desume dalla motivazione del provvedimento impugnato.
Nell’ipotesi in cui rilevi l’incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, dovrà annullare l’ordinanza del tribunale del riesame, con conseguente liberazione dell’indagato,
anche nel caso in cui ad un preliminare esame risulti la carenza o la manifesta illogicità della motivazione in ordine al presupposto dell’urgenza di provvedere previsto dall’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., in aggiunta ai presupposti di cui agli artt. 273 e 274 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 19214/2020, cit.).
Applicando tali principi al caso di specie, va evidenziato come il Collegio della cautela ha desunto il pericolo di reiterazione del reato dalle «concrete modalità di svolgimento del fatto», senza spendere specifiche argomentazioni in ordine all’urgenza di salvaguardare le esigenze di tutela della collettività in attesa dell’intervento del giudice competente.
Consegue, pertanto, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania del 08/11/2024, nonchØ l’immediata liberazione di NOME COGNOME se non detenuto per altra causa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella emessa nei confronti del ricorrente dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania in data 08/11/2024 e, per l’effetto, dispone l’immediata liberazione di COGNOME NOME se non detenuto per altra causa.
Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 13/03/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME