Competenza Esecuzione Pena: La Cassazione chiarisce dopo il patteggiamento in appello
La fase di esecuzione della pena rappresenta un momento cruciale nel procedimento penale, dove le sentenze definitive trovano concreta applicazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su due aspetti fondamentali: la competenza esecuzione pena a seguito di un ‘concordato in appello’ e l’impatto dei cosiddetti ‘reati ostativi’ sulla sospensione dell’ordine di carcerazione. La decisione offre un’analisi rigorosa, distinguendo tra le modifiche che attengono solo alla pena (quoad poenam) e quelle che incidono sulla struttura stessa del giudizio.
I Fatti del Caso
Una persona condannata si opponeva all’ordine di esecuzione emesso dalla Procura Generale presso la Corte d’appello. Il ricorso si basava su due motivi principali. In primo luogo, si sosteneva che l’organo competente a emettere l’ordine fosse la Procura presso il Tribunale di primo grado, poiché la sentenza d’appello era scaturita da un ‘patteggiamento’ che aveva modificato solo l’entità della pena. In secondo luogo, si lamentava la mancata sospensione dell’ordine di esecuzione, affermando che la condizione ostativa prevista dalla legge fosse venuta meno grazie al riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni della difesa. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati, che vengono qui ribaditi con chiarezza.
Analisi sulla competenza esecuzione pena
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha spiegato che la competenza esecuzione pena spetta al giudice di primo grado solo quando il patteggiamento in appello conduce a una riforma della sentenza limitata esclusivamente all’aspetto sanzionatorio (quoad poenam).
Tuttavia, la competenza si sposta al giudice d’appello quando l’accordo tra le parti porta a conseguenze più ampie, come:
* Il riconoscimento di nuove circostanze attenuanti.
* L’esclusione di circostanze aggravanti.
* Una modifica del giudizio di comparazione tra circostanze.
* L’applicazione della continuazione tra più reati.
Nel caso specifico, l’accordo aveva incluso la concessione delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti. Questa operazione non si limita a un mero calcolo della pena, ma incide sul bilanciamento delle circostanze, spostando così la competenza all’autorità giudiziaria di secondo grado.
La questione del reato ostativo e del bilanciamento delle circostanze
Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: una condanna per un delitto aggravato, che la legge qualifica come ‘reato ostativo’ alla sospensione dell’ordine di esecuzione, mantiene tale natura anche se in sentenza le attenuanti vengono giudicate prevalenti o equivalenti alle aggravanti. Il giudizio di comparazione tra circostanze, infatti, ha effetto solo quoad poenam, cioè sulla determinazione della pena finale, ma non modifica gli elementi fattuali e giuridici che ‘tipizzano’ la condotta e la qualificano come ostativa ai benefici penitenziari.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si basano su una netta distinzione tra il piano della commisurazione della pena e quello della qualificazione giuridica del fatto. La giurisprudenza citata nell’ordinanza (in particolare le sentenze n. 18874/2020 e n. 20796/2019) ha consolidato l’idea che il bilanciamento delle circostanze ex art. 69 c.p. è uno strumento per adeguare la sanzione al caso concreto, ma non per ‘cancellare’ la natura di un’aggravante che la legge considera particolarmente grave ai fini dell’esecuzione penale.
Di conseguenza, la competenza del giudice dell’esecuzione segue la ‘sostanza’ della modifica intervenuta in appello: se la modifica è strutturale (come nel caso di un nuovo bilanciamento di circostanze), la competenza appartiene al giudice che ha operato tale modifica. Allo stesso modo, la natura ostativa di un reato dipende dalla sua configurazione legale, e non dall’esito del bilanciamento delle circostanze effettuato ai soli fini sanzionatori.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma due principi procedurali di grande rilevanza pratica. Primo, la competenza esecuzione pena non è un dato meramente formale, ma dipende dalla natura effettiva della decisione presa in appello. Secondo, i benefici penitenziari legati alla sospensione dell’ordine di carcerazione per i reati ostativi non possono essere ottenuti attraverso il meccanismo del bilanciamento delle circostanze, la cui funzione resta confinata alla determinazione della pena.
A chi spetta la competenza per l’esecuzione della pena dopo un patteggiamento in appello?
La competenza spetta al giudice di primo grado solo se la modifica della sentenza riguarda esclusivamente l’entità della pena (quoad poenam). Se l’accordo modifica anche il bilanciamento delle circostanze, riconosce attenuanti o esclude aggravanti, la competenza passa al giudice d’appello.
Un reato aggravato impedisce la sospensione dell’esecuzione anche se in sentenza le attenuanti sono dichiarate prevalenti?
Sì. Secondo la Corte, il giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti e aggravanti rileva solo per determinare la pena finale (quoad poenam) ma non incide sulla natura del reato, che resta ostativo alla concessione del beneficio della sospensione dell’ordine di esecuzione.
Cosa si intende quando una modifica della sentenza è definita solo ‘quoad poenam’?
Significa che la modifica apportata dalla decisione riguarda unicamente la sanzione, ovvero la quantità o il tipo di pena da scontare, senza alterare la qualificazione giuridica del reato o il riconoscimento delle circostanze aggravanti o attenuanti che lo caratterizzano.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5255 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5255 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DATO NOME COGNOME nato a PATERNO’ il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale la Corte di appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza di sospensione dell’ordine di esecuzione emesso nei suoi riguardi dalla Procura Generale presso l’indicata Corte d’appello;
rilevato che il primo motivo – con il quale lamenta che l’ordine di esecuzione della pena avrebbe dovuto essere emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, essendo giudice dell’esecuzione competente il Giudice per le indagini preliminari, posto che il giudizio di appello era stato definito con un concordato ai sensi dell’art. 599-bis. cod. proc. pen. – è manifestamente infondato, poiché «In tema di esecuzione, nel caso di patteggíamento della pena in appello che abbia condotto ad una riforma della sentenza di primo grado esclusivamente quoad poenam, la competenza in executivis spetta al giudice di primo grado, mentre spetta al giudice d’appello quando, per effetto dell’accordo delle parti, siano state riconosciute circostanze attenuanti o escluse circostanze aggravanti ovvero sia stato modificato il giudizio di comparazione o sia stata applicata la continuazione tra più reati» (Sez. 1, n. 18874 del 15(06/2020, COGNOME NOME Salem, Rv. 279189) e che, nel caso che ci occupa, la pena concordata (come ammesso dallo stesso ricorrente a p. 2 del ricorso) ha avuto ad oggetto la concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti;
ritenuto che il secondo motivo – con il quale si deduce l’erroneità dell’omessa sospensione dell’ordine di esecuzione per il venir meno della condizione ostativa di cui all’art. 4-bis legge n. 354 del 26 luglio 1975 (Ord. pen.) in virtù del riconosciuto bilanciamento tra circostanze – si pone in contrasto con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, peraltro opportunamente citata nel provvedimento impugnato, per il quale «La condanna per delitto aggravato costituente reato ostativo alla sospensione dell’ordine di esecuzione, a norma dell’art. 4-bis ord. pen., impedisce la concessione di tale beneficio anche quando la sentenza di condanna abbia ritenuto l’equivalenza o la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti contestate, atteso che il giudizio dì comparazione rileva solo quoad poenam e non incide sugli elementi circostanziali tipizzanti la condotta» (Sez. 1, n. 20796 del 12/04/2019, Bozzaotre, Rv. 276312);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 18
del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023