Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12490 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 12490 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME nato a Vittoria il 19/09/1975
avverso l ‘ ordinanza del 27/11/2024 del Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata e il provvedimento genetico, nonché di disporre l’immediata liberazione del ricorrente se non detenuto per altra causa;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l ‘ accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catania, in funzione di Tribunale del riesame, ha parzialmente annullato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Catania in data 8 novembre 2024, che aveva disposto la custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 629 cod. pen., escludendo la sussistenza della gravità indiziaria in ordine alla circostanza di cui all’art. 416bis .1 cod. pen. e sostituendo la misura in atto con gli arresti domiciliari.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando un unico motivo di impugnazione, con cui lamenta la violazione di legge (in relazione agli artt. 51, comma 3bis , e 291, comma 2, cod. proc. pen.) conseguente alla mancata declaratoria di incompetenza del Giudice per le indagini preliminari distrettuale, all’esito della riconosciuta insussistenza dell’aggravante mafiosa (poiché i fatti si sarebbero verificati nel circondario di Ragusa, così venendo meno ogni competenza funzionale dell’Ufficio emittente ), nonché la mancanza di motivazione in merito all’urgenza delle esigenze cautelari , sub specie del pericolo di reiterazione, originariamente posto a fondamento della pur confermata misura.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell ‘ art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
3.1. La Procura generale, a sostegno della propria richiesta di annullamento, ha richiamato, in termini pienamente adesivi, il precedente già citato nel ricorso (Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall, Rv. 283564-01), a mente del quale, poiché l’estorsione contestata fu commessa in Comiso (RG), il venire meno del suddetto profilo circostanziale comporterebbe l’incompetenza dell’A utorità giudiziaria di Catania a provvedere sulla richiesta cautelare (ciò che, all’esito della diversa qualificazione giuridica del fatto, il giudicante avrebbe dovuto rilevare, valutando poi l’ eventuale urgenza di provvedere, comunque, alla delibazione dei presupposti della misura in punto di esigenze cautelari).
3.2. Il ricorrente, con le proprie conclusioni scritte, ha insistito nella richiesta di annullamento dell’ordinanza con i consequenziali effetti di legge, sottolineando, altresì, l’assoluta carenza motivazionale sul punto e la contraddizione logica della statuizione finale rispetto agli elementi posti a sostegno della derubricazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio, in presenza di un contrasto insorto tra le Sezioni semplici di questa Corte, ritiene preliminarmente che la trattazione del ricorso vada rimessa alle Sezioni Unite, ai sensi dell ‘ art. 618, comma 1, cod. proc. pen., per la soluzione del seguente quesito di diritto:
«se l’esclusione della gravità indiziaria da parte del Tribunale del riesame, limitatamente ai reati o alle circostanze aggravanti da cui discende la competenza del Giudice per le indagini preliminari distrettuale ex artt. 51, comma 3bis , e 328, comma 1bis , cod. proc. pen., legittimi una pronuncia declinatoria di competenza».
La questione, di recente, è già stata affrontata da questa Sezione (Sez. 2, ord. n. 11592 del 14/03/2025, COGNOME, avente, peraltro, ad oggetto la posizione di altro co-indagato, destinatario del medesimo provvedimento genetico da cui prende le mosse anche il presente incidente cautelare), con identica conclusione di rimessione al massimo consesso nomofilattico, sulla base di considerazioni che si condividono integralmente.
In particolare, i due contrastanti indirizzi sono stati compiutamente ricostruiti dalla suddetta ordinanza nei termini che seguono.
3.1. «Secondo un primo orientamento, che pare maggioritario, l’esclusione della gravità indiziaria in relazione ad un reato o ad una circostanza aggravante da cui discende la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex artt. 51, comma 3bis , e 328, comma 1bis , cod. proc. pen. non fa venir meno la competenza di tale giudice, in quanto, anche nel procedimento cautelare, la decisione sulla competenza va assunta in limine litis , sulla base della mera descrizione del fatto, prima di ogni valutazione di merito sulla fondatezza dell’accusa come pure sulla gravità degli indizi (Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286064-01). Tale pronuncia ha innanzi tutto premesso ‘ che le valutazioni sulla competenza effettuate in sede cautelare non incidono sugli sviluppi successivi del procedimento nella sede di merito, ben potendo il P.M. in sede di formulazione della richiesta di rinvio a giudizio confermare le sue scelte discrezionali nell’individuazione dei temi d’accusa e riproporre dunque, nei medesimi termini, la contestazione dei fatti enucleati in sede cautelare ‘ . Ha poi aggiunto che ‘ è noto che la competenza è una decisione che viene assunta sulla base della prospettazione formulata dal pubblico ministero nella richiesta di rinvio a giudizio, ed è perciò sulla base di essa che va verificata la competenza del giudice adito. La decisione sulla fondatezza della accusa in linea di principio è indipendente da quella preliminare sulla competenza, che non è esclusa solo perché l ‘ ipotesi di reato contestata dovesse risultare infondata o diversa da quella formulata nell ‘ imputazione, essendo rimesso al giudice il potere di valutare anche la corretta qualificazione giuridica del fatto, salvo il limite che deriva dalla necessità di rispettare la competenza di un giudice superiore (vedi art. 23, comma 2, cod. proc. pen.) ‘ . In questo senso quindi la verifica sulla competenza ‘ va eseguita sulla base
della descrizione del fatto contenuta nell ‘ imputazione che prescinde dall ‘ esito della valutazione sulla fondatezza o meno dell ‘ accusa al termine dell ‘ istruttoria e che ammette anche la eventualità che il giudice conservi la propria competenza anche quando dovesse risultare contradetta dagli sviluppi dell’istruttoria dibattimentale, in applicazione del principio della perpetuatio jurisdictionis ‘ . Riteneva quindi il collegio dare: ‘ continuità all ‘ orientamento che distingue il vaglio della competenza da quello dei presupposti della misura cautelare, trattandosi di decisioni che hanno diverso oggetto e che sono condizionate dall ‘ applicazione anche nella fase cautelare del principio dell ‘ iniziativa del pubblico ministero, essendo la richiesta cautelare soggetta alle determinazioni della pubblica accusa in punto di rappresentazione del fatto oggetto della richiesta di misura. Né può sostenersi che l ‘ applicazione della misura cautelare per un reato qualificato in modo diverso rispetto alla richiesta del pubblico ministero per effetto di una diversa qualificazione giuridica che incide sulla sua competenza comporti una violazione del principio del giudice naturale; detto principio vale anche per il procedimento cautelare, ma resta soggetto alle stesse regole fissate per la competenza nel giudizio di responsabilità che distinguono il profilo della prospettazione dell ‘ accusa, essenziale ai fini della decisione in punto di competenza, da quello relativo alla sua fondatezza che attiene, invece, alla decisione nel merito della sussistenza dei presupposti sostanziali della misura cautelare ‘ . La citata sentenza COGNOME, affermava conclusivamente che «l ‘ aver ritenuto carente la gravità indiziaria rispetto all’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen., da cui discende la competenza del G.i.p. presso il capoluogo del distretto in cui si trova il giudice territorialmente competente, non comporta l’incompetenza c.d. distrettuale del predetto giudice ‘ . Né sussisteva contrasto con i principi dettati dalle Sezioni Unite Giacobbe (Sez. U, n. 19214 del 23/04/2020, cit.) posto che su tale tema le citate Sezioni Unite non hanno fornito alcuna specifica indicazione, essendo stati solo affrontati i profili che attengono alla diversa questione degli effetti che la incompetenza dichiarata in sede cautelare produce sulla competenza rispetto all ‘ autonomo giudizio di responsabilità, sia pure con specifico riferimento alla verifica dell’interesse del pubblico ministero ad impugnare le valutazioni ‘ precarie ‘ , nel senso sopra detto, sulla carenza dei gravi indizi da parte del giudice di cui sia stata dichiarata l ‘ incompetenza in sede di riesame.
In precedenza nello stesso senso due contestuali pronunce della Seconda sezione, adottate in riferimento ad impugnazioni aventi ad oggetto misure personali e reali, avevano già affermato che nel procedimento de libertate , la diversa qualificazione giuridica operata dal tribunale del riesame, che, confermando il provvedimento impugnato, esclude la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., e quindi
nelle attribuzioni ex art. 328 cod. proc. pen. del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, non comporta una pronuncia di incompetenza e non incide sulla validità del provvedimento impugnato, perché il giudice dell ‘ impugnazione, nei limiti della competenza per materia del primo giudice, può dare al fatto una definizione giuridica diversa, e le valutazioni in sede cautelare sono formulate allo stato degli atti e non incidono sulla competenza per il processo principale (Sez. 2, n. 24492 del 26/04/2006, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 234682-01; Sez. 2, n. 23943 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234418-01). La prima di dette pronunce, a fronte di un motivo di ricorso con il quale si deduceva l ‘ incompetenza funzionale del G.i.p. del tribunale distrettuale a decidere sulla richiesta di misura cautelare, una volta escluso il criterio di radicamento rappresentato dal reato ex art. 416bis cod. pen. e dall ‘ aggravante speciale di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 (ora 416bis .1 cod. pen.), riteneva la doglianza infondata e ciò perché: ‘ È principio generale -valido sia per il processo penale che per quello civile -che la questione, pregiudiziale di rito, della competenza (in questo caso, per territorio) si decide sulla base della prospettazione: e cioè, della configurazione del fatto portato a conoscenza del giudice ad opera dell’organo requirente, o della parte privata, che richiede il provvedimento, qualunque ne sia la natura. È sulla base di essa che va quindi valutata, in via preliminare, l’esattezza del criterio identificativo del giudice competente ‘ .
In senso analogo è stato affermato (Sez. 2, n. 25163 del 06/02/2019, Pg, Rv. 276919-01) che nel procedimento de libertate , la diversa qualificazione giuridica operata dal tribunale del riesame, che, confermando il provvedimento impugnato, abbia escluso la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen. e, quindi, alle attribuzioni ex art. 328 cod. proc. pen. del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, non comporta una pronuncia di incompetenza, perché le valutazioni in sede cautelare sono formulate allo stato degli atti e non incidono sulla competenza relativa al processo principale; pertanto si riteneva manifestamente i nfondata l’eccezione di nullità del decreto di giudizio immediato che non aveva tenuto conto di detta esclusione operata dal giudice del riesame.
Ispirata ai medesimi principi appare quella decisione (Sez. 1, n. 43953 del 09/07/2019, Gip, Rv. 277499-01) secondo cui la competenza funzionale del giudice per le indagini preliminari distrettuale, radicatasi in conseguenza della diversa qualificazione di uno dei fatti oggetto di contestazione ad opera del giudice circondariale investito di una richiesta di misura cautelare, viene meno, per i reati non rientranti nell ‘ art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., qualora il pubblico
ministero distrettuale, al quale siano stati trasmessi gli atti, abbia disposto la separazione del reato esercitante la vis attractiva ed ottenuto per esso l ‘ archiviazione, atteso il sopravvenuto venir meno dell ‘ iscrizione di detto reato nel registro di cui all ‘ art. 335 cod. proc. pen., integrante l ‘ unico fattore legittimante, anche per i reati connessi, la deroga alle ordinarie regole di competenza ratione loci ; ed in motivazione, la Corte ha precisato che, al contrario, la competenza del giudice distrettuale persiste nel caso in cui il medesimo, chiamato a sua volta a decidere di una richiesta di misura cautelare, abbia ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza relativamente al reato qualificante, atteso che il procedimento seguita a pendere anche per il titolo di reato qualificante ai fini del suo accertamento.
Nell’ambito della medesima ratio si muovono ancora quelle decisioni secondo cui il giudice territorialmente competente a decidere su una richiesta di applicazione di misura cautelare si determina avendo riguardo a tutti i reati connessi per cui si procede, anche nel caso in cui solo alcuni formino oggetto dell’istanza o del provvedimento applicativo (Sez. 3, n. 37248 del 20/06/2024, Degni, Rv. 287052-01); detta pronuncia in motivazione chiarisce che ai fini della determinazione della competenza territoriale del giudice titolare del potere di decisione sulle richieste di misure cautelari è necessario prendere in considerazione tutti i reati per cui si procede, in applicazione della disciplina generale in materia di competenza per connessione, e, in particolare, degli artt. 12 e 16 cod. proc. pen., alla quale non è prevista alcuna deroga nemmeno con riferimento alle misure cautelari. A suo fondamento, inoltre, si osserva che, se si attribuisse rilievo al solo reato in relazione al quale è stata riconosciuta la gravità indiziaria ed emessa la misura cautelare, si finirebbe con il violare il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, introducendo un requisito non previsto dal legislatore, non ricavabile dal tessuto normativo e tale da creare incertezza sulla sua applicazione; pertanto si concludeva nel senso che posta la rilevanza della connessione tra i reati per cui si procede, reato più grave era quello di cui all’art. 640bis cod. pen. ed alcun rilievo assumeva l’avvenuta ri qualificazione ai sensi dell’art. 316 -ter cod. pen. operato dal Tribunale del riesame.
L’affermazione trova un suo precedente in quelle decisioni secondo le quali la competenza territoriale del giudice titolare del potere di decisione sulle richieste di misure cautelari si determina avendo riguardo a tutti i reati connessi per i quali si proceda, siano o meno gli stessi coinvolti dalla richiesta di misura (Sez. 2, n. 50758 del 21/11/2019, COGNOME, Rv. 278005-01; Sez. 6, n. 46213 del 15/10/2013, Valentino, Rv. 258043-01). In particolare la pronuncia COGNOME osserva come ‘ non vi sono addentellati normativi per enucleare la supposta competenza
cautelare -da apprezzarsi in funzione esclusiva dei reati oggetto dell’incidente de libertate -distinta da quella risultante alla stregua della applicazione delle disposizioni del codice di rito in relazione ai reati oggetto delle indagini preliminari. Tale interpretazione prospettata è, del resto, conforme al principio costituzionale di cui all’art. 25 Cost., del giudice naturale precostituito per legge: ‘ Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge ‘ ; ciò implica che il giudice competente a celebrare il processo deve essere preventivamente individuato secondo criteri generali ed astratti e non fissati in vista di singole controversie ‘ .
In sintesi tale orientamento si ispira al principio della perpetuatio iurisdictionis e competenza che prevede appunto l’irrilevanza, rispetto alla determinazione della competenza sulla base della formulazione dell’imputazione, delle eventuali modificazioni intervenute nella fasi di impugnazione tra le quali deve ricomprendersi anche quella cautelare» (Sez. 2, ord. n. 11592 del 4/03/2025, cit.).
3.2. «Altro orientamento ritiene che nel procedimento de libertate , il tribunale del riesame che operi una diversa qualificazione giuridica del reato, escludendo la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., deve dichiarare l ‘ incompetenza del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, conservando il potere, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, di annullare il provvedimento, ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell ‘ art. 27 cod. proc. pen., laddove ravvisi l ‘ urgenza anche di una sola delle esigenze cautelari riscontrate (Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall, Rv. 283564-01; nello stesso senso Sez. 1, n. 32957 del 14/07/2022, COGNOME non massimata e Sez. 1, n. 32958 del 14/07/2022, COGNOME non massimata).
Rilevava in particolare la prima di tali pronunce che: ‘ a seguito della nuova qualificazione di entrambe le imputazioni, l ‘ ordinanza genetica risulta emessa dal G.I.P. distrettuale per reati sottratti alla sua competenza funzionale perché non inclusi nel catalogo individuato dall’art. 51, comma 3bis cod. proc. pen. ‘ ed aggiungeva poi come ‘ il Tribunale, operata la riqualificazione, avrebbe dovuto adottare la conseguenziale pronuncia di incompetenza ‘ .
A sostegno di detta tesi le predette pronunce richiamavano i principi stabiliti da Sezioni Unite Giacobbe secondo cui il giudice dell ‘ impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l ‘ incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l ‘ onere di verificare, ai sensi dell ‘ art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l ‘ adozione del provvedimento limitativo della libertà personale. Qualora tale verifica abbia esito negativo, deve procedere all ‘ annullamento della misura, nel caso contrario, laddove ravvisi l ‘ urgenza di
anche solo una delle esigenze cautelari riscontrate, deve provvedere ai sensi dell ‘ art. 27 del codice di rito, dichiarando la sua incompetenza e trasmettendo gli atti al giudice competente che entro venti giorni dalla ordinanza deve provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321, pena la cessazione degli effetti della misura (cfr. Sez. U., n. del 23/04/2020, Giacobbe, Rv. 279092-01). Richiamato anche il principio dettato dalle due sentenze delle Sezioni Unite COGNOME (Sez. U, n. 14 del 20/07/1994, De COGNOME, Rv. 198217; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199393), individuato nell ‘ esigenza, costituzionalmente tutelata, di non sottrarre al soggetto cautelato la possibilità di contraddittorio in costanza della limitazione della sua libertà personale e di evitare la sostanziale insindacabilità nel merito del provvedimento genetico, si affermava che nella medesima situazione sostanziale ‘ si trova il tribunale del riesame che opera una diversa qualificazione giuridica dei fatti, escludendo la loro riconducibilità alle ipotesi criminose ricomprese nell ‘ art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen. e, quindi, alle attribuzioni ex art. 328 cod. proc. pen. del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente ‘ . Così che il tribunale del riesame ‘ non può, pertanto, limitarsi a confermare o, … sostituire la misura cautelare, di cui ritiene sussistenti i presupposti applicativi, senza occuparsi degli effetti sul provvedimento impugnato della rilevata incompetenza del giudice che l ‘ ha emessa nei termini imposti dalla disciplina prevista dagli artt. 291, comma 2, e 27 cod. proc. pen. ‘ perché ‘ così operando violerebbe il ‘ dovere ‘ gravante sul giudice dell ‘ impugnazione cautelare di rilevare l ‘ incompetenza anche successivamente all ‘ adozione della misura imposto dall ‘ interpretazione costituzionalmente orientata dell ‘ art. 291, comma 2, cod. proc. pen. ‘ . Pertanto si concludeva affermando che anche ‘ nell ‘ ipotesi di riqualificazione dei fatti contestati incidente sulla competenza del giudice che ha emesso il provvedimento genetico sussiste la necessità che la misura limitativa della libertà personale sia apprezzata entro tempi brevi dal suo giudice naturale. Il Tribunale del riesame, pertanto, deve necessariamente rilevarla adottando, qualora ritenga sussistenti tutte le ‘ condizioni ‘ che legittimano l ‘ intervento cautelare e cioè della sussistenza, oltre che dell ‘ urgenza, dei gravi indizi di colpevolezza e delle stesse esigenze cautelari, il provvedimento di cui all ‘ art. 27 cod. proc. pen. ‘ .
Va sottolineato, quindi, che quale corollario della soluzione secondo cui quando il tribunale del riesame operi una diversa qualificazione giuridica ovvero annulli una circostanza aggravante eliminando così una delle ipotesi di cui all’art. 51 comma 3bis cod. proc. pen. deve dichiarare la propria incompetenza ne discende l’applicazione della disciplina derivante dal combinato disposto degli artt. 27 e 291 comma 2 cod. proc. pen. per cui la misura può essere mantenuta, con il provvedimento che dichiara l’i n competenza, solo ove sussista l’urgenza di
soddisfare taluna delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen.
Detto orientamento risulta recentemente ribadito da tre pronunce di questa Sezione aventi ad oggetto posizioni connesse a quella in esame perché tutte originanti dalla medesima ordinanza genetica del G.I.P. distrettuale presso il Tribunale di Catania dell ‘8 -11-2024. In particolare con la pronuncia Sez. 2, n. 10861 del 13/3/2025, COGNOME si è affermato che nel procedimento de libertate , il tribunale del riesame che operi una diversa qualificazione giuridica del reato, escludendo la riconducibilità del fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell ‘ art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen. anche solo in forza dell ‘ esclusione di una circostanza aggravante, deve dichiarare l ‘ incompetenza del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, conservando il potere, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, di annullare il provvedimento, ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell ‘ art. 27 cod. proc. pen., laddove ravvisi l ‘ urgenza di salvaguardare anche una sola delle esigenze cautelari riscontrate.
La pronuncia suddetta aggiunge che il principio della perpetuatio iurisdictionis trova la sua origine nell ‘ esigenza di rendere stabile l’attribuzione di un determinato procedimento al giudice naturale evitando che vicende processuali, sostanziali od anche normative sopravvenute possano incidere sul rapporto processuale, di evitare che la competenza, una volta stabilizzata, perché sottoposta al vaglio del giudice in relazione all ‘ addebito definitivamente determinato (per come identificato al momento del rinvio a giudizio e non sulla base dei fatti come contestati nella richiesta del pubblico ministero) possa subire modifiche in corso di svolgimento del giudizio; tale principio non può essere declinato a sostegno della permanenza della competenza del giudice distrettuale in sede cautelare, attesa la ricorrenza di una mera imputazione provvisoria, in assenza di quella stabilità della imputazione che consegue al recepimento della stessa nel decreto di rinvio a giudizio. In motivazione la pronuncia osserva che: ‘ il giudice dell’impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l ‘ incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l ‘ onere di verificare, ai sensi dell ‘ art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l ‘ adozione del provvedimento limitativo della libertà personale, tra le quali rientra certamente la competenza funzionale, oggetto della doglianza articolata dalla difesa ‘ . Ed ancora si aggiunge come: ‘ nell’ipotesi di riqualificazione dei fatti contestati incidente sulla competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento genetico, sussiste la necessità che la misura cautelare, che limita la libertà personale, sia apprezzata entro tempi brevi dal suo giudice naturale. Il Tribunale del riesame, pertanto, deve rilevare la propria incompetenza, adottando -qualora ritenga sussistenti tutti i presupposti che legittimano l’intervento cautelare e, dunque, la sussistenza, oltre
che dell ‘ urgenza, dei gravi indizi di colpevolezza e delle stesse esigenze cautelari -il provvedimento di cui all ‘ art. 27 cod. proc. pen., con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente, che sostituisce l ‘ immediata invalidità del provvedimento genetico con la sua temporanea ‘ destabilizzazione ‘ nei limiti fissati dall’art. 27 cod. proc. pen. ‘ . A sostegno di tale soluzione la sentenza COGNOME richiama i principi delle Sezioni Unite Giacobbe posto che: ‘ la portata della sentenza Giacobbe non può ritenersi limitata agli effetti della dichiarazione di incompetenza, essendosi al contrario rilevato che il giudice dell’impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l’incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l’onere di verificare, ai sensi dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l’adozione del provvedimento limitativo della libertà personale ‘ .
Nello stesso senso, come anticipato, hanno provveduto anche le pronunce Sez. 2, n. 10862 del 13/3/2025, Campailla e Sez. 2, n. 10863 del 13/3/2025, Genovese; la prima di dette pronunce, in termini sostanzialmente analoghi alle altre emesse nella medesima data, afferma che: ‘ il giudice dell’impugnazione cautelare non può limitarsi, come nel caso che si sta scrutinando, a confermare ovvero ad attenuare la misura cautelare, di cui ritiene sussistenti i presupposti applicativi, senza, tuttavia, occuparsi degli effetti che produce la rilevata incompetenza del giudice che l ‘ ha emessa sul provvedimento impugnato nei termini imposti dalla disciplina prevista dagli artt. 291, comma 2 e 27 cod. proc. pen. Tanto è imposto dalla necessità che, una volta rilevata l’incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento genetico, il titolo restrittivo sia valutato in tempi brevi dal suo giudice naturale. Del resto, la trasmissione degli atti al giudice competente è l’unico provvedimento in grado di bilanciare la necessità dell ‘ intervento del giudice naturale nella fase cautelare con quella di salvaguardare le esigenze di tutela della collettività, che sarebbero pregiudicate nel caso di annullamento della misura ‘ .
Anche Sez. 2, n. 10863/2025 del 13/3/2025 Genovese, pone a base della decisione un’interpretazione del dettato della sentenza Giacobbe che: ‘ precisa che la deroga ai principi generali trova la sua giustificazione nella previsione di un requisito ulteriore rispetto all’ordinario esercizio del potere cautelare, il cui accertamento è ineludibile condizione di legittimità della provvisoria efficacia della misura prevista dall’art. 27…. In altri termini, lo stesso tenore letterale dell’art. 291, comma 2 evid enzia l’esistenza di un inscindibile collegamento tra le due disposizioni ed in particolare tra l’efficacia interinale della misura e la verifica del presupposto dell’urgenza, che la legittima. Negare, dunque, che tale disposizione trovi applicazione a nche qualora l’incompetenza venga rilevata da un giudice diverso da quello che ha applicato la misura si pone in contraddizione con la stessa
volontà legislativa, finendo per autorizzare quest’ultimo a prorogare la restrizione della libertà dell’indagato per il tempo indicato nell’art. 27 senza che venga accertato il presupposto che tale proroga giustifica ‘ . E si aggiunge che: ‘ non modifica queste conclusioni l’assunto secondo cui la diversa qualificazione giuridica operata dal tribunale del riesame, che, confermando il provvedimento impugnato, abbia escluso la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., non comporta una pronuncia di incompetenza ‘ . Ed afferma infine che: ‘ che nemmeno può porsi una questione di ‘ perpetuatio iurisdictionis ‘ , atteso che ne mancano i presupposti applicativi. Si osserva, in proposito, che detto istituto -in quanto finalizzato ad evitare che la competenza subisca modifiche nel corso del giudizio, una volta stabilizzata in quanto sottoposta al vaglio del giudice in relazione all’addebito definitivamente determinato trova applicazione solo a seguito del passaggio alla fase del giudizio, quando cioè è necessario garantire quella ‘ stabilità ‘ di competenza, di cui, invece, nel corso delle indagini preliminari non vi è necessità, atteso che l’imputazione è ancora provvisoria e fluida, dunque, soggetta a modifiche. Appare evidente come tale tema non possa essere declinato a sostegno della permanenza della competenza del giudice distrettuale in sede cautelare, attesa la ricorrenza di una mera imputazione provvisoria, in assenza di quella stabilità della imputazione che consegue al recepimento della stessa nel decreto di rinvio a giudizio, che determina l’effetto stabilizzante della competenza, insensibile alle successive vicende processuali ‘ .
Vanno poi precisate le conseguenze che le suddette pronunce hanno tratto dall’applicazione dei principi in esse affermati; le stesse giungono alla necessaria conclusione che ‘ l’incompetenza del giudice che ha applicato la misura, nel caso in cui il fatto venga riqualificato come nel caso di specie escludendo l’aggravante di cui all’art. 416 -bis .1 cod. pen., deve essere rilevata dal Tribunale del riesame nei limiti dei poteri cognitivi attribuitigli dalla legge processuale a seconda che si tratti del giudice del riesame o di quello di legittimità, ponendo in essere, appunto, la verifica prevista dall ‘ art. 291, comma 2, cod. proc. pen. sulla sussistenza delle condizioni per l ‘ adozione del provvedimento genetico, conservando il potere, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, di annullare lo stesso ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell ‘ art. 27 del codice di rito, laddove ravvisi l ‘ urgenza di anche solo una delle esigenze cautelari riscontrate. Il Giudice della legittimità investito dell ‘ impugnazione cautelare, in caso di declaratoria negativa sulla competenza, pur non potendo dichiarare l ‘ illegittimità del provvedimento cautelare, disponendo il suo annullamento, ma solo l ‘ ultrattività dell ‘ efficacia nel tempo nei termini di cui all’art. 27 codice di rito, deve comunque, al pari del Tribunale adito ai sensi degli artt. 309 e 310 cod. proc.
pen., preliminarmente verificare, in applicazione del principio della continuità del controllo di legalità sulle misure coercitive ed in coerenza con il dettato costituzionale dell ‘ art. 111 ed alla stregua della soluzione implicitamente imposta da una lettura sistematica dell ‘ art. 291 cod. proc. pen., la consistenza del quadro indiziario, la sussistenza delle esigenze cautelari nonché l ‘ urgenza di provvedere da parte del giudice incompetente ‘ (Sez.2, n. 10861/25 cit.). Ne conseguiva l’annullamento senza rinvio dell ‘ ordinanza del tribunale del riesame di Catania e di quella genetica del G.I.P. di Catania datata 8-11-2024, emessa nei confronti dei ricorrenti, con immediata liberazione degli stessi» (Sez. 2, ord. n. 11592 del 4/03/2025, cit.).
Appare, in conclusione, necessario rimettere la trattazione alle Sezioni Unite di questa Corte, per la risoluzione del rilevato ed attuale contrasto interpretativo in ordine alla questione, decisiva, già indicata al precedente paragrafo 1.
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.
Così deciso il 18 marzo 2025.